26.6.15

Sette anime bannate



Quando ho smesso di badare al blog stavo scrivendo una storia.
Cioè, scrivendo... avevo in testa una cosa su cui abbastanza casualmente prendevo appunti.
Ecco, io quando prendo appunti non è che sono proprio metodico. E nemmeno prolisso.
Anche se ho in mente mezza Divina Commedia già scritta, io mi annoto solo una frasetta sul notepad del telefono. A volte anche solo una parola chiave. Magari abbreviata.
È perché penso che poi me ne ricorderò, che basterà quel codice segreto per spalancare le porte dell'archivio in cui memorizzo gli sviluppi di tutte le mie idee.

Beh, non è così. Il mio telefono c'ha pagine e pagine di righe criptiche che qualcuno di nascosto inserisce, io non di sicuro dato che non so proprio a cosa si riferiscano.



Comunque, volevo scrivere 'sta cosa.
Anzi,  in realtà la prima idea era di creare un finto gruppo di facebook e lasciare che fossero i commenti a portare avanti la narrazione. Come se fosse un gruppo vero, magari privato ma in cui qualcuno era riuscito in qualche modo a entrare, un gruppo privato in cui non scriveva più nessuno ma che ora si poteva leggere.

Insomma, avrebbe dovuto essere il mio The Blair witch project riaggiornato al 2015 e senza tutta l'umidità a cui si espone un cineoperatore per girare nel bosco di notte.

La storia, per come ce l'avevo in testa parlava di troll, fan, lurker e hater. Animali mitologici di questo millennio digitalizzato.
O meglio, raccontava d'altro ma il vero scopo era quello di descrivere i diversi percorsi, le diverse esperienze che avevano portato un gruppo di persone a essere ciò che erano sui social. Magari cercando di dare una chiave interpretativa alle polemiche, gli odii da tastiera, le flame war, il cinismo, il sarcasmo mal riuscito. Perché essere i primi a commentare e scrivere inevitabimente qualcosa di fuori luogo? perché difendere a spada tratta sempre e comunque senza se e senza ma il proprio idolo? perché gli attacchi a prescindere, le falsità strumentali, le finte incomprensioni, l'ironia che non è ironia, l'offesa, il rancore?
Perché i silenzi?

Ecco, avrei voluto che alla fine un po' di risposte saltassero fuori. Spostando il fuoco della camera da presa al di là dello schermo, inquadrando la noia o la frustrazione, o le situazioni che sfuggono di mano, o la solitudine, o solamente l'essere una persona di merda. Avrei voluto questo, passare ai raggi x la foto del profilo per svelare il quadro cancellato che c'è sotto.



Il pretesto era Dylan Dog.
Perché? Perché quando avevo quattordici anni era il mio facebook. Tra quelle vignette venivano postati i link che correvo ad aprire in biblioteca. Qualche parola che non conoscevo tipo "panoplia", oppure un libro, un film, una leggenda, il nome di un posto, di un mostro, una canzone.

E poi perché basta farsi un giro sulla pagina del suddetto per trovarsi di fronte a un'istantanea di tutti quei caratteri che volevo appunto raccontare.
Si partiva parlando male di Dylan, magari il primo, quello che beveva birra e whisky, che ammazzava a sangue freddo, che aveva una barca nascosta lungo le sponde del Tamigi. Si iniziava così, con la più imponente battaglia di commenti che la rete avesse mai visto.
Bannato! Bannato! Bannato!
Bannato!

Si ritrovano in sei, con la voglia di continuare a scriversi, a dirsi, magari solo a perfezionare il loro metodo. È solo per un caso, un mi piace notato, un commento spalleggiato. Insomma, creano questo gruppo "Sette anime bannate".
E lì parlano. Di Dylan Dog soprattutto. Magari lasciando sfuggire qualcosa di sé tra le righe. Organizzando la prossima incursione, stendendo piani, riscrivendo sceneggiature come avrebbero dovuto davvero essere per l'albo perfetto. Anche litigando. Odiandosi o amandosi per quel che i loro caratteri li obbligano o gli concedono.

Poi c'è un lui che si scopre essere una lei, però lo veniamo a sapere solamente quando sparisce, cioè, lo svela uno degli altri, che è un hacker, un ragazzino hacker. A prima c'erano stati i commenti misteriosi di un profilo di Dylan che non era iscritto al gruppo, apparivano e poi venivano cancellati (ma c'è lo screenshot).
Ah, il fatto è che lei aveva raccontato una storia, pareva una cazzata a dire il vero, una di quelle cose che racconti intorno al fuoco con la lampada sotto al mento e poi urli all'improvviso. Ecco, parlava della prima copertina di DD, quella mai pubblicata, parlava del progetto, del team che l'ha portato avanti i primi anni, TIZI.ANOnimi si facevano chiamare così e nessuno sa chi fossero veramente. Ma Dylan l'hanno creato loro. Col whisky e tutto il resto.
Forse c'è una foto, una polaroid sbiadita, hanno i baffi finti di Groucho c'è anche una donna, e uno schizzo della copertina fatto a memoria, un vecchio computer che forse qualcuno è in grado di far funzionare, una registrazione rubata, e il sangue in casa, i vetri rotti, le vite che dal virtuale si sfracellano in caduta libera verso il reale, accorgendosi che non c'è più differenza. Poi che c'è quella vignetta che è la chiave di lettura di un codice da decifrare, la password per svelare lo scopo del progetto. Una cosa importante si direbbe, dato che c'è chi a distanza di trent'anni ancora non si fa scrupoli a uccidere.
Poi boh, ci sono loro dietro alle tastiere, chi coi piatti che strabordano dal lavandino, chi con la moquette perfetta e il parquet lucidissimo, chi sputa veleno sullo schermo col baby monitor che gracchia lì di fianco (gemelli...), e chi odia, odia di qua come di là.
Chi forse cambierà e chi è irrecuperabile, chi si scoprirà amico, innamorato, impaurito, buono, morto.

Appunti, e appunti, e appunti.
Per una storia che ho appena deciso di non scrivere. Me ne sto liberando. La rigurgito qui, sul fondo arrugginito dell'internet in modo da non portarmela più appresso. Mi occupava spazio, mi pesava e non mi servono pesi in questo momento. Taglio i fili di tutti quegli intrecci che avevo disegnato col pensiero, un ultimo sguardo commosso all'arredamento e chi s'è visto s'è visto.

Perché scriverlo direte voi?
Perché Sette anime bannate è un titolo figo che avrebbe dovuto essere il nome di questo blog.
Me lo sono tenuto lì pensando che prima o poi qualcuno l'avrebbe detto. E invece no, nessuno l'ha mai usato, e mi piaceva l'idea di dargli una data di nascita.
Oggi. Che è il mio compleanno.

E mi tolgo 'sto peso.

22.6.15

Pedico di famiglia



Io vengo da una famiglia. Quindi almeno stavolta parlo con un minimo di cognizione di causa.

Vengo da una famiglia, e ammetto che un po' di sforzo mi ci vuole per comprendere il come mai c'è gente che ne desidera una. Ma tant'è, non siamo tutti uguali: c'è chi si eccita facendo sesso coi cadaveri e c'è chi invece vuole sposarsi e avere dei figli.
Ovviamente massimo rispetto per tutti, anche se, come dire, quando fai sesso coi cadaveri non rischi di mettere al mondo il nuovo Hitler.

L'altro giorno a Roma c'è stato il Family Day, che è una manifestazione a favore della famiglia e contro l'ideologia del gender (qualsiasi cosa significhi), le adozioni gay (ma chi vuoi che se lo adotti un gay?), le altre famiglie che non sono famiglie (generalmente i culattoni, i negri anche se vengono coi barconi stavolta vanno bene perché fanno tanti figli naturali senza additivi gay).


A manifestare a favore della famiglia e del fare figli c'erano le suore.

Un grammo di buon esempio vale più di un quintale di parole [San Francesco di Sales]

E quelli che non sanno scrivere "Sì" con l'accento.




[ricordo che la disortografia è una malattia, anche se chi ne soffre non te lo scriverà mai...]

Comunque, erano tutti lì per dirsi che i loro figli sono minacciati dal fatto che gli omosessuali vorrebbero sposarsi. Tra di loro dico, non con i figli dei suddetti (cioè, se il figlio è gay magari anche sì. Lo sapevate che la quasi totalità dei gay ha genitori eterosessuali? E quindi adesso di chi è la colpa di questa fantomatica minaccia?)
E io mi chiedo, perché? Cioè, cosa succede in un matrimonio omosessuale che mette così a rischio l'integrità di 'sti poveri bambini nati dall'amore di una mamma femmina e di un papà maschio? (sì, è così. L'altro giorno in piazza c'erano 400.00 persone convinte che i figli nascano dall'amore di mamma e papà. E che vuoi dirgli a gente così? Che quando piove sono gli angeli che fanno pipì?)
Ai matrimoni omosessuali so per certo che usano i bambini rapiti dagli zingari per attaccare le paillettes ai cappelli a cilindro, e quando sono stremati li sacrificano su un altare a forma di glande e ne bevono il sangue per venerare Satana. Ecco perché i matrimoni gay sono così pericolosi ed è giusto vietarli.



Ah, e poi c'è il gender.
Il gender è quella cosa che vogliono insegnare ai bambini minorenni per traviare le loro menti minorenni e inculcargli la credenza che anche le femmine possono guidare il trattore e giocare a Call of Duty, mentre magari i maschi fanno da mangiare e guardano Violetta. Gli esempi più lampanti di questa depravazione sono Samantha Cristoforetti astronauta che ha l'acca nel nome e i capelli corti come le lesbian e Carlo Cracco che cucina con la barba e farcisce le patatine in sacchetto come quando si giocava a mamma casetta.

Ora, non vorrei dire una cosa troppo seria, ma chi combatte contro i diritti di qualcuno forse non è molto confidente che i propri ideali siano così solidi.
Forse quelli che si ergono paladini della famiglia sono gli stessi che lasciano i vecchi nelle case di riposo senza mai andarli a trovare.

Comunque, io non è che sono proprio a  favore della famiglia. Né del matrimonio, etero o gay che sia.
Penso che un frutto che rimane attaccato al ramo marcisce senza generare nulla, e credo che tutto questo affermare le proprie posizioni sia da una parte che dall'altra contribuisca solamente a distogliere l'attenzione, a sprecare energie sicuramente indirizzabili in maniera più efficace, magari a favore dei diritti individuali, dato che mi risulta che l'unica entità davvero naturale sia l'individuo (a parte i gemelli siamesi), tutto il resto è solamente un costrutto sociale che ha sicuramente ottime ragioni d'essere, ma che rimane un fenomeno passeggero.

Però boh, mi resta che non riesco a capire fino in fondo cos'è che davvero spaventa queste persone.

Vabbé, io non so se 'ste cose gliele ha dette davvero dio.
Però mi piacerebbe che un giorno trovassero qualche frammento di vangelo che spieghi come siano andate davvero le cose.
Cioè, immaginatevi il dio del vecchio testamento, quello che si era specializzato a mettere incinte le novantenni e a far nascere figli dalle bisnonne.
Ecco, arriva un giorno dagli angeli e gli fa:
"Oh, Gabriele c'ho in mente un'idea per un altro miracolo"
"Bene, sentiamo, in che casa di riposo mi mandi 'sto giro a fare l'annunciazione? no, no, no non dirmelo: mettiamo incinta una con l'alzheimer..."
"Macché alzheimer, asessuato di merda, voglio rivoluzionare il concetto di miracolo! Basta ventri grinzosi e pelli di cartavelina. Oggi, dopo 5 miliardi di anni, finalmente si cambia..."
"Mi hai convinto: sputa il piano!"
"Bene, senti qui: pensavo di mettere miracolosamente incinta una vergine di tredici anni! TA-DAAA!!!"
"..."
"Che?"
"No, no, interessante..."
"Dai, lo so che quando fai quella faccia c'è qualcosa. Dai, dimmi..."
"Va bene... Una tredicenne incinta? Ma sei serio???"
"Una tredicenne VERGINE incinta..."
"Sì, vergine... e io uso il sospensorio... Le tredicenni ormai sono tutte vergini e incinte... Ma cazzo, non la guardi MTV?"
"Quello di come è fatto il cibo?"
"Nooo, cazzo... le ragazzine pregnant...che miracolo vuoi che sia una puttanella che ha tenuto troppo a lungo la baguette in forno?"
"Quindi che consigli?"
"Uomini!"
"Che?"
"Uomini! Facciamo partorire due maschi. Una coppia omosessuale che avrà un figlio... figo no?"
"Uomini? Ma scusa, senza utero come fa uno a rimanere incinto? E poi da dove dovrebbe uscire il bambino?"
"Oh, sei tu quello dei miracoli! Se non è un evento straordinario questo... Cristo, sarai ricordato nei secoli dei secoli cazzo. Vedo già i titoli: Giuseppe e Mario, papà al quadrato!"
"Minchia mi piace! Hai ragione, facciamolo! Il primo maschio che partorisce... Sono un genio!!! Ma come mi vengono... un genio! No, questo dev'essere il miracolo più grande di tutti, altro che Giuseppe... altro che figlio dell'uomo. A Gabrié, 'sto figlio lo faccio io, il figlio di Dio: senti come suona bene! Il figlio di Dio. Mario me lo inculo io! (metaforicamente eh...) Vai, annuncia!"
"Volo..."
"Zeus, suka!!!"








18.6.15

Disconosci te stesso - "Il suicidio spiegato a mio figlio" di Maicol&Mirco


Di primo acchito, se almeno una volta nella vostra vita vi siete già suicidati, forse questo libro potrà sembrarvi addirittura ovvio.
Beh, se mi permettete di darvi un consiglio cercate di non fidarvi della prima impressione, non è quel tipo di libro no. E non per suo merito, non del tutto almeno. Cioè, è un libro che dal vostro punto di vista paga la disomogeneità di voler essere omogeneo.
Voi conoscete gli altri lavori di Maicol&Mirco e avete sempre percepito un filo conduttore anche in quei libri in cui le pagine sembravano completamente slegate l'una dall'altra, vignette singole che pur nella loro autoconsistenza non davano la percezione di una soluzione di continuità, ma anzi sembravano proprio le tessere sparse di un unico terrificante puzzle.

Poi capita che nella vostra curiosità necrotica di suicidi leggiate questo Il suicidio spiegato a mio figlio, e in questo caso invece cogliete a pieno il concept che abbraccia tutta la storia, eppure succede che non sia la stessa sensazione degli altri libri, come se le tessere fossero le stesse ma qualcuno le avesse incastrate a forza nella posizione sbagliata.
Sapete perché succede? Perché l'autore ha voluto farvi credere che ci sia una contrapposizione laddove in realtà non c'è.
Avete creduto ci fossero delle pagine che parlano di vivi e della pagine che parlano di morti, quando invece sono solo morti. Vi siete illusi che ci fosse una parte del libro vera e una falsa, mentre tutto è falso. Fogli rossi e fogli neri, e sono inevitabilmente bianchi.
È quel che succede quando si è morti, ci si avvolge in una coperta di manicheismo solo per convincersi dell'esistenza di un'alternativa. Facile fregarvi a voi defunti!

Per tutti gli altri invece, quelli che finora non ci hanno mai pensato, quelli che sono troppo giovani o troppo vecchi, quelli che ci hanno provato ma niente, quelli che sempre, quelli che da adolescente, quelli che sono stati salvati e hanno pensato che la salvezza fosse non essere salvati, quelli che non sono stati salvati e infatti sono ancora vivi, quelli che ogni mattina la prima cosa quando mi sveglio, quelli che è un reato, un delitto, un peccato, un'oscenità, uno scempio. Tutti quelli insomma che non si sono suicidati davvero, che quindi parlano solamente per ipotesi, per sentito dire.
Ecco, questo libro è per voi. Non tanto per indurvi o convincervi, né tantomeno per spiegarvi come si dovrebbe fare. Non è didattica o manualistica, non vi dice il perché o il come o il quando: vi indica il quanto!

La storia, che è dentro una storia, che è dentro una storia, è il bugiardino in cui verificare il dosaggio di suicidio che dovremmo assumere nella nostra esistenza per vivere (morire?) meglio.
Incroci gli assi della tabellina, età, peso, altezza, libri letti, amori, sorrisi, delusioni, e ottieni la tua posologia personalizzata, il percentile aureo da assumere ogni giorno per prendere quotidianamente coscienza di ciò che siamo, dell'effimera consistenza del nostro arco vitale.

Vi spiega quanto dovreste suicidarvi questo libro. Ad alcuni forse dirà di farlo completamente e subito, ad altri magari spiegherà che non sono pronti, che non sono proprio fatti per suicidarsi nemmeno un pochettino, ad altri ancora darà la proporzione esatta, la misura di quanto spegnersi per sgravarsi dai rimpianti del fine vita, per inclinare il buffer delle angosce che si accumulano come corrente elettrostatica generata dallo sfregarci la vita addosso.
Dicono che in punto di morte i più grossi rammarichi siano legati al non aver vissuto come si voleva, all'aver concesso troppo al lavoro, al non aver espresso i propri sentimenti, al non essere stato felice.

Ecco, parcellizzare le dosi di suicidio ci consente di serializzare i punti di morte, ci dà consapevolezza, ci lascia il tempo di riflettere sulle nostre mancanze, fino all'estrema conseguenza di decidere finalmente di noi e per noi, senza ingannarsi nel placebo del vivere, senza remore, ineluttabilità, impotenza.

E, come si diceva, quest'opera non ci spiega tanto il perché o il come, ma proprio il quanto. Un punto di vista nuovo, finalmente onesto, su un fenomeno che nei secoli è stato quantomeno bistrattato, messo ingiustamente sul banco degli imputati da un'etica ipocrita incapace di mediare le effettive necessità umane, una filosofia ebbra di "conosci te stesso" in grado solamente di puntare il dito contro il disconoscere sé stesso, un atto di condanna a precedere qualsiasi processo.

Se siete ancora vivi dovreste leggerlo.


12.6.15

Ecomostri (legioni a statuto speciale)


Ha ragione Umberto Eco, internet ha dato in mano un megafono a legioni di imbecilli!

Cioè, finché erano chiacchiere da bar passi anche, ma oggi, nel 2015, con l'interconnessione globale, scrivo in Islanda e mi leggono in tempo reale in Nuova Zelanda, con tutta la conoscenza globale disponibile a chiunque abbia la pazienza di mettere due righe di ricerca nella barra di Google.
È davvero incredibile, anzi, improponibile che nonostante tutte le possibilità e i mezzi che ci sono per informarsi, 'sta gente passi il tempo sui social a sentenziare cazzate.

Figuratevi che l'altro giorno c'era uno su Facebook che insisteva su questa cosa delle scie chimiche. Oh, convinto di avere ragione! Continuava a dire che non esistono, che sono tutte cazzate, che sono le scie di condensa degli aerei. Capite con che elementi ho a che fare io ogni giorno?
Questo è quello che ha prodotto internet: pecore belanti senza nessuno spirito critico, che ripetono la lezioncina che gli è stata inculcata da chi ha fatto loro il lavaggio del cervello.

Al che io inizio a dargli dei dati scientifici sull'impossibilità di formazione della condensa ad altezze sotto gli 8000 metri con un'umidità inferiore al 70%, gli chiedo se nelle enciclopedie di cinquant'anni fa per caso parlavano di scie di condensazione, gli linko anche articoli interessanti sul tema, e questo come mi risponde?
Solo per farvi capire il livello di questi imbecilli (l'ha detto Eco!), mi fa: ma allora perché non le fanno invisibili?
E che vuoi rispondergli? Gli fai una carezza sulla testa e gli dici di ritornare al calduccio della sua coperta di Linus di disinformazione.

E quell'altro? Quello che continuava a rompermi le palle perché diceva che quei cazzo di extracomunitari dei Rom sono solo lo 0.2% della popolazione. Che più della metà ha la cittadinanza italiana, quindi anche se gli dici torna a casa tua questo già c'è.
Ma 'sta gente lo mette il naso fuori di casa? Questi sono dappertutto! Li portano coi barconi per depredarci.
Ché 'sti imbecilli (lo ha detto Eco!) appena gli dici "e allora portateli a casa te!", partono con la solita retorica populista dei fondi dell'Unione Europea, e i rifugiati, la fame, le guerre, l'Africa... Ma cazzo, la facciamo apposta la guerra lì in modo di non farla qui!
Che, non so se l'avete notato, i clandestini stanno diventando così pericolosi che fra un po' ruberanno più degli zingari (cosa già difficile visto che i nomadi con i loro trucchi hanno praticamente annullato la minaccia degli albanesi, che tra l'altro avevano annichilito completamente il pericolo della razza terrona che da sempre incombeva sulle nostre case nordiche [e poi hanno il coraggio di dire che siamo noi che ci facciamo propinare sempre un obbiettivo differente, un qualcuno a cui dare la colpa della nostra sfortuna o incapacità. Imbecilli!).

Io davvero non capisco, ci sono persone intelligenti che ancora hanno un minimo di raziocinio (ne conosco molte tra i miei amici) che ogni giorno si affannano a condividere il pericolo che incombe, leggono i titoli, studiano, scrivono post su post per aiutare la gente ad aprire gli occhi, e tutto quel che ottengono sono lo scherno e la derisione da parte di questi leoni da tastiera.
Gli abbracci dei Gianni Morandi, le puntualizzazioni non richieste dei soliti detentori della verità, e l'elettolisi, e la termodinamica, e le leggi della chimica, e la costituzione, e i gay non fanno schifo (che boh, voi mi potrete dire, e sono d'accordo, che un gattino malato mica fa schifo anzi, però a mio avviso sono malattie diverse), che in natura non esiste la natura, che per la ruspa serve il patentino MMT e la patente C a seconda delle dimensioni (della ruspa, perché se era a seconda delle dimensioni del pene del nostro Capitano Matteo S., ci voleva la patente C++).

Io pensavo che internet fosse un'opportunita, il mezzo definitivo per la circolazione delle idee e della verità, il grimaldello con cui avremmo finalmente scardinato questo sistema che il NWO ci sta imponendo. Ci credevo davvero. E invece, guardale lì, legioni di imbecilli a scrivere che non è vero, a dare soldi di click-baiting ai siti di debunking, a bersi qualunque cazzata pur di non accettare che la verità a volte è ben più semplice di quel che è, che non basta dire in qualche post che i rettiliani non si stanno impadronendo della nostra civiltà perché magicamente i rettiliani scompaiano.
Davvero, tanta ingenuità a volte mi sorprende, da troppo tempo tutti a guardare la luna e si sono ineluttabilmente persi di vista il dito.

Ma poi penso che forse ha proprio ragione Umberto Eco, che internet ha dato voce a legioni di imbecilli. E allora niente, almeno ho la fortuna di non essere uno di loro.

Spero nemmeno voi.




3.6.15

Dì vani e dì vani (da piccolo saltavo i se fossi per lungo)



A cosa pensa un assassino quanto torna sul luogo del delitto?
Forse solo che è un luogo comune.

Ecco, questo invece è un luogo non comune, scomunicato. Non tanto nell'assenza imperterrita di sacralità, ma piuttosto nell'evidente mancanza di comunicazione.
Cioè, magari qualcuno se n'è anche accorto che qui non sta scrivendo più nessuno.

Infatti sono qui solo per dire che, se tutto è andato per il verso giusto, la barra lì sopra dovrebbe avvisarvi di quella roba dei cookie di cui parlano tutti su internet, chiedervi gentilmente l'autorizzazione e mandarvi a un link dove viene spiegato tutto per bene dal signor Google.

Fosse per me potreste anche evitare di passare di qui, ché la verità è che non mi interessa avere testimoni, non ho lasciti da condividere né necessità d'essere ammirato, o compiaciuto, e nemmeno detestato.

Comunque, sappiate che il vostro browser non è così candido come vorrebbe darvi a sembrare. Non è vostro amico. È una puttana che invece di vendere sé stessa mercifica la vostra identità. Do ut des, sinallagma. Non c'è niente di male, ma dovreste saperlo, cioé avreste dovuto saperlo già da prima che ve lo dicessi io poche righe fa, è l'essenza di questo nuovo secolo.

Volete un consiglio? Regalatevi delle consapevolezze. cercate di capire come funzionano le cose, perché funzionano. Vale per tutto: dal bicchiere d'acqua sulla vostra tavola alle ruspe che inseguono i romanì.

Fatto sta che adesso non posso scrivere più.
È che questo blog l'ho sempre scritto da un angolo del divano che avevo a Padova, come se fossi rannicchiato all'interno di un punto di fuga di una prospettiva spalancata a 360°, come se fossi protetto da quella tela ruvida, convinto che coprendo gli occhi nessuno mi vedesse, come se fossi assolto per il solo fatto di scrivere.

Ecco, forse è solo arrivato il momento di saltare i se fossi.

Quindi niente. Per ora leggo libri e fotografo cose che trovo abbandonate per strada, poi magari un giorno scriverò un post in cui ringrazierò tutti per questa esperienza incredibile, addio e grazie al cazzo ché qui ho fatto tutto da solo, e farò la lista dei nomi, e a quella dirò che sei una persona magnifica continua così, e a quella che se mi fossi accorto prima di quel diastema magari ci provavo, e spiattellerò giù la lista dei titoli di tutti i post che non ho pubblicato e anche tutte le parole in dialetto che mi piacciono, tipo sbacio o dopodisnà.

Oppure l'inverso.

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