La tavola è sempre un via vai di anime che stazionano leggere, inquiete per qualche minuto o qualche ora.
Le cose si posano, si spostano, si usano e niente ha il suo posto, in un comunismo imperfetto dove non solo la proprietà è di tutti ma anche la collocazione di ogni oggetto.
La città si perde in un reticolato di strade che la sfregiano geometricamente infettandola di smog e rumore. Le strade del mercato, quando i banchi cominciano la loro transumanza, sono un tappeto pustoloso e maleodorante di marciume scivoloso e putrido. La gente che vi passa attraverso ha solo sguardi tristi da regalare intorno a sé.
Finiamo la benzina: io avevo detto un paio di volte di fermarci a farla, ma qui l’arte del rimandare è solenne e inevitabile.
La bambinetta guardava mogia da dietro le sbarre che serravano la porta, le dita fragili e creole stringevano quella barriera ferrata che le ostruiva il cammino.
Quando entrò si strinse in una coperta di tristezza che l’avvolgeva completamente, rannicchiata in un angolo gridava un silenzio teso e sofferto, non una parola, solo fuggevoli sguardi che le cadevano dagli occhi come lacrime.
D’un tratto, dopo innumerevoli sforzi, sorrise: e quell’attimo si dilatò infinito ammantando ogni ora di quella giornata, ogni giorno passato in questo Stato, a ricordarmi che tutto questo ha un senso, lieve ed effimero ma pur sempre importante e unico.
Grazie per il tuo sorriso Elsy.
E' un bellissimo post. Il fatto che nessuno lo abbia commentato rimane per me un mistero.
RispondiEliminaChe sguardo ...
eh, erano altri tempi ^_^
RispondiEliminaquando ti lasciavano in pace eh ^__^
Eliminabei tempi andati!