Mi sveglio.
Non so ogni quanto, non c'è un orologio in camera. Mi sveglio e la stanza è immersa nel buio.
Un buio rovente. Assoluto e inquietante.
Vorrei alzarmi a volte ma l'idea di non riuscire a trovare la porta mi frena.
Perché in quell'oscurità continuo a immaginarmi che tutto sia svanito. Che le pareti lisce della stanza mi circondino completamente.
Nessuna via d'uscita. E allora sto lì.
Respiro i rumori della notte. Il silenzio assordante della campagna.
Grilli, cani, galli sbadati, un pavone in lontananza. Sirene. Stasera anche sirene.
Sono i pompieri. Lo so. Riconosco l'altalenante rincorrersi di quella cadenza ritmata, me la ripeto nella testa finché non svanisce. Sfumando in un vociare tintinnante di posate.
Rimango lì. Con le gocce di sudore che imperlano la schiena e le lenzuola ruvide che si appiccicano al sonno.
Poi c'è un momento, alla mattina. Un momento che attendo con gli occhi socchiusi.
Dai fori delle tapparelle dei timidi raggi di luce tracciano la strada a un soffio d'aria fresca.
Una scossa minima alla persiana lo preannuncia. E' solo un istante.
Ma è l'istante che aspetto. E mi godo quella carezza di vento sulla pelle umida e accaldata.
Mi volto per goderne a pieno, per sollevare quel panno rorido di notte che mi pesa sul petto.
Mi alzo. C'è mio padre che è già tornato dal bar.
"Le hai sentite le sirene ieri notte?"
E poi mi parla dell'incidente, della 127 accartocciata al palo della luce, di chi è stato sbalzato fuori, di chi non ce l'ha fatta.
Io ripenso a quelle sirene. Mi immagino che avrei potuto uscire con la mente dal corpo, essere lì per vedere, per capire com'è. E ripenso al salto che ha fatto la macchina, lo rivedo davanti agli occhi e a un certo punto non mi accorgo neanche più che è solo immaginato.
Era verde. Non lo so perché ma per me era verde quell'auto maledetta.
Esco da dietro e corro in strada.
Qualcuno piange.
E io questa cosa del piangere non la capisco. Ho 11 anni e non piango se una persona muore. Perché dovrei?
E poi io di persone morte non ne ho mica mai viste.
Solo alcune lucertole quando le buttavamo nei fossi. E un gatto una volta. Con una mosca nell'orbita vuota dell'occhio.
Però mi siedo sullo spartitraffico, il sole brucia tra i capelli ma rimango lì. Penso a ieri sera.
C'ero anch'io nel codazzo di ragazzini che l'ha accompagnata fino all'incrocio.
Sorrideva.
Io avevo una cassettina bianca che mi ha dato mio nonno, l'ha trovata nel Dixan.
E' di Baglioni.
Io non l'ho neanche ascoltata ma a lei piace. Ha detto mia mamma di dargliela.
Per quello l'avevo seguita.
"Domani..." mi ha risposto e sorrideva ancora quando me l'ha rimessa in mano.
Aveva 15 anni penso. Ma è solo per il puro gusto di rievocare un numero.
Neanche mi rendo conto di cosa significa.
C'è ancora qualcuno che piange.
Mi incammino.
Sono solo 500 metri in fondo.
E' morta lì. A 500 metri da casa.
Vorrei vederla quella 127.
Nessun commento:
Posta un commento
È l'ultima cosa che potrete dire in questo posto. Pensateci bene prima di scrivere le solite cazzate...