29.4.14

The chat is on the tablet


Ciao, mi chiamo Mauro e sono nato nel 28 a.F. (avanti Facebook).
Kurt Cobain era già morto quando ho comprato il primo modem, un 33 Kb che gracchiava come uno scacciapensieri.
Si usava di notte, quando la tariffa Sip era più bassa.
Andavi su Altavista, oppure su Arianna, o Diablo, o Virgilio, o qualsiasi altro motore di ricerca, tanto ne nascevano almeno un paio al giorno.
Ed era tutto nuovo. Il mondo all'improvviso si era allargato. E noi ce ne stavamo seduti sul bordo dell'universo e lo vedevamo espandersi. Sempre di più.
Fino a non riuscire più a scorgerne il confine. Sempre di più.
Più informazioni, più foto, più video, più legami, correlazioni, relazioni, musiche, siti.

Il giorno prima prendevi la bici per andare in biblioteca a scartabellare vecchie enciclopedie che odoravano di polvere e ciclostile, e il giorno dopo cliccavi col mouse su un link postato da 'blackEscalofrio78' che aveva proprio il titolo esatto di quel che dovevi scrivere.
Questa differenza i nati nel post-internet forse non la capiranno, dovremmo raccontargliela come i nostri nonni ci raccontano che dovevano prendere il treno per andare a spedire un telegramma.

Ah, e poi c'era la chat.
Di notte si chattava. Fino a mattina a volte. Com'è che diceva Oscar Wilde? Date a un uomo una maschera e vi dirà la verità? Ecco, date a un uomo una chat e la verità smetterete immediatamente di volerla conoscere.
La bella chat di una volta, quella coi nick e nient'altro, neanche i colori, figuriamoci la foto o il nome o le emoticon animate... la chat.

Che quel che trovavi erano più o meno robe così:



<Stef76>: Ciao
<100%Femmina>: Ciao...
<Stef76>: sei m o f?
<100%Femmina>: Ma se mi chiamo 100%Femmina!!!
<Stef76>: ah ok sei m, io anche...

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<ragasimpa>: da dv dgt?
<VeronaUberAlles>: da Rho...
<ragasimpa>: ah...
<VeronaUberAlles>: ah cosa?
<ragasimpa>: niente, pensavo fossi in Italia

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<boyxmatura>: ;)
<casalinga75>: ;)
<boyxmatura>: :DDD
<casalinga75>: ...
<boyxmatura>: :P
<casalinga75>: :P
<boyxmatura>: 8===D
<casalinga75>: O___O
<boyxmatura>: so che a voi signore piace...
<casalinga75>: macché signora? Non c’ho nemmeno trent’anni
<boyxmatura>: ah, non ne hai 75???
<casalinga75>: sono del ’75, cretino!
<boyxmatura>: ah, anch’io!
<casalinga75>: boy???
<boyxmatura>: sì, embè?
<casalinga75>: boyade... ^___^

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<facciapulita77>: Ciao...
<semplicissima81>: Ciao
<facciapulita77>: da dv dgt? età? m o f? sei fid? Come 6? misure?
   cosa ti piace? cosa fai?
* semplicissima81 has left chat


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<CazzoDaSvuotare>: Ciao
<giardiniera>: cosa cerchi?
<CazzoDaSvuotare>: niente curiosavo
<giardiniera>: ah, pareva
<CazzoDaSvuotare>: da cosa?
<giardiniera>: beh, dal nick
*CazzoDaSvuotare change is nickname in AmanteDeiFiori
<AmanteDeiFiori>: non capisco...



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<facciapulita77>: Ciao...
<NewGirl77>: Ciao...
<facciapulita77>: asl?
<NewGirl77>: eh?
<facciapulita77>: asl?
<NewGirl77>: il pronto soccorso?
<facciapulita77>: ma no, asl... age, sex, location...
<NewGirl77>: ah, mi pensavo che eri un medico O_o

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<facciapulita77>: Ciao...
<Debbyconlacca>: Ciao
<facciapulita77>: da dove dgt?
<Debbyconlacca>: come stai?
<facciapulita77>: da dove dgt?
<facciapulita77>: bene tu?
<Debbyconlacca>: Ciao
<facciapulita77>: anni?
<Debbyconlacca>: Bene
<facciapulita77>: sei un pinguino che russa sui tasti neri di un
   cammello
<Debbyconlacca>: Bene
<facciapulita77>: risponditori automatici di merda
<facciapulita77>: MERDA!!!!!!!!!!!!
...
...
<Debbyconlacca>: Bene

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<Ronaldo>: ciao
<inGola>: Ciao vuoi scoparmi?
<Ronaldo>: no
<inGola>: Come no?
<Ronaldo>: avevo letto in Gol, pensavo fosse una roba di calcio...

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<25cm>: --‘-,-@
<aperta24H>: che è?
<25cm>: una rosa per la più bella!
<aperta24H>: ah, mi pareva una merda sul marciapiede... XD

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<25cm>: --‘-,-@
<arabella>: ?
<25cm>: una rosa per la più bella!
<arabella>: che carino... :-*
* 25cm send a file ‘sullattenti.bmp’
<arabella>: cos’è?
<arabella>: ah...
<arabella>: °_°
<25cm>: volevo mostrarti il meglio di me ;)
<arabella>: bah, posso solo consigliarti di cambiare nick...


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<25cm>: --‘-,-@
<Stefy76>: ???
<25cm>: una rosa per la più bella!
<Stefy76>: sono m
<25cm>: ma se ti chiami Stefy!!!
* Stefy76 send a file ‘pilone_part1.jpg’
<25cm>: ooooook... se vuoi ti lascio il nick

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<solitaria>: Ciao
<giusyLesb>: Ciao
<solitaria>: sei lesb?
<giusyLesb>: sì tu?
<solitaria>: sì... hai foto?
<giusyLesb>: sì, manda...
* solitaria send a file ‘io.jpg’
* giusyLesb send a file ‘me1.jpg’
<solitaria>: ma mi hai rimandato la mia foto?
<giusyLesb>: no, sono io!
<solitaria>: ma se sono io!
<giusyLesb>: siamo gemelle?
<solitaria>: come ti chiami?
<giusyLesb>: Giuseppe!
<solitaria>: piacere Riccardo...



Io non lo so cosa sia successo. Ci siamo svegliati un giorno e tutti si stavano facendo i cazzi di tutti e postavano video con scritto che questo in tv non ve lo faranno mai vedere, che poi guardi ed è tipo un servizio del tg4.

Non lo so.

Ma credo che ne riparlerò.

28.4.14

Santo dubito


Come si cambia.
Un anno fa, fosse stato oggi, avrei scritto quanti post? Tre? Quattro? Sei?

Cioè, il Papa che celebra in greco con sull'altare un ampolla di sangue e un brano di pelle di altri due Papi (che è una roba che già di per sé pare l'inizio di Jurassic Park), mentre il suo predecessore dimissionario lo osserva, magari pensando alla croce dedicata a uno di loro che il giorno prima è crollata schiacciando un ragazzo in sedia a rotelle.

Ecco, fosse stato l'anno scorso.
E invece oggi non me ne frega niente. Quindi non parlerò di santi, di cristi e madonne, miracoli, pallottole, segreti, morti, dittatori (messa così pare la giornata che ho trascorso il 25 aprile...)

Dunque niente mostri di Franceschestein Frankestein ricreati da sangue e cellule epiteliali, niente miracoli al contrario (che è una cosa che mi ha sempre affascinato. Oh, con un unico tsunami il Signore Gesù Cristo è riuscito a uccidere trecentomila persone che altrimenti non sarebbero mai morte, rendiamo grazia a Dio. Oppure, grazie all'intercessione della vergine Maria quel bambino è stato colpito da una malattia rarissima, così rara che è praticamente impossibile prenderla e lui ce l'ha: miracolo! O cose così...), niente ironia, blasmefia, Bulgaria.
Niente illazioni sulla transustanziazione, remore per i vegetariani sul fatto di ricevere una cosa che si trasforma in corpo umano, perplessità dei celiaci che rischiano di morire per una roba che dovrebbe essere di carne, curiosità dei gastroenterologi che si chiedono che fine faccia il corpo di Cristo una volta assimilato.
Insomma, fosse stato un anno fa sì, oggi no.

Forse anche solo perché ieri ci ha lasciato l'immenso Vujadin Boskov, che probabilmente era l'unico flebile legame che mi teneva agganciato al quel mondo incomprensibile del calcio, e che se si potesse io eleggerei seduta stante Dio. Altro che votazioni del cazzo in internet per scovare disoccupati incensurati, elezioni comunitarie, referendum indipendentisti coi voti che arrivano dal Cile.
No, l'unica consultazione popolare possibile è solo questa: volete che Vujadin Boskov diventi Dio?
Sì, lo voglio.

Perché magari pare un'ovvietà, una tautologia, ma "rigore è quando arbitro fischia" è dal punto di vista escatologico una delle verità più splendide che siano mai state rivelate.
Dire che le cose sono soltanto nel momento in cui sono davvero, che la vita cambia non in funzione delle regole ma dell'applicazione delle stesse, che non sono le tue decisioni o le tue illusioni o le tue convinzioni, quelle che valgono in ultima istanza ma solo l'interpretazione di esse da parte di quell'essere fluido e incredibile che è il Vivere. Chiamalo Dio, natura, Demiurgo, caso, Satana, Coccolino o destino, il succo è che non è il sarebbe, il fosse stato per me, il voglio. Il succo è l'è.
Poi ognuno può declinarlo come vuole: giusto, ingiusto, doveroso, falso, scandaloso, sacrosanto, rubato, sbagliato, corretto. Ma il punto è che al limite possiamo farne una valutazione a posteriori. Anzi, più di una, possiamo fare tutte le valutazioni, fossero anche una in antitesi con l'altra, possiamo decidere che il nostro vivere sia basato sulla nostra interpretazione del vivere.

Insomma, pur parlando di rigore finisce che su queste cose il rigore non c'è, e l'unica certezza che abbiamo è quella dell'esistenza di Boskov.

24.4.14

di buona (fa)lena






La scorsa settimana ha destato un inaspettato interesse il post della rubrica AMEN, che descriveva l'assurda fine dell'opossum tumulatore del Borneo. Mi hanno scritto stupiti diversi animalologi etologi, che per la prima volta venivano a conoscenza di questa incredibile storia. Mi ha contattato anche un operatore cimiteriale, un becchino, appassionato del genere mi ha detto.

(ovviamente nessuna mi ha mandato foto di tette, ma mi pare che questa sia diventata la regola ormai).

Comunque, dato il risalto che ha avuto la notizia, vorrei anticipare la seconda puntata di questa rubrica che tante gioie mi ha già regalato. Quindi: AMEN (Animali Meravigliosi Estinti Nefastamente).

In questa puntata voglio parlarvi della zvuglia imperiale. La zvuglia  è  era un lepidottero appartenente alla superfamiglia dei macroeteroceri, autoctona della penisola italica, in particolare delle zone paludose adiacenti alle foci del Po.



La data della sua estinzione è abbastanza recente, e anzi, possiamo addirittura saperne il giorno e l'anno: il 17 ottobre del 1973 infatti si è compiuta quella che nelle zone del basso polesine viene ancora ricordata come "ea note dei barbastreji".

Ma partiamo dall'inizio. La zvuglia è un esemplare di falena, una farfalla notturna dalle dimensioni medie, ali color muschio, piccole antenne ricoperte da una peluria rosata. In realtà dal punto di vista zoologico non è un animale di grande rilevanza, è un fenotipo abbastanza comune e di falene quella zona è piena. Nella sola area che va dal delta del Po a quello dell'Adige se ne contano almeno 300 specie differenti.

Quel che rende unica la zvuglia è però il nome. Etimologicamente deriva dal latino, significa a seconda delle interpretazioni "che non vola" oppure "senza voglia". Entrambe le locuzioni descrivono il comportamento tipico di questo lepidottero, che raramente utilizza le ali e che generalmente se ne sta adagiato su qualche sasso, confondendosi col muschio e nutrendosi di tutto quel che passa nel raggio d'azione della sua lingua prensile.
Il suo nome così inconsueto ha però anche un'altra particolarità: è l'ultima parola del vocabolario. Viene persino dopo il famigerato zuzzurellone.



Ora, siamo nel 1973, in piena austerity: le rotative sono pronte per stampare i dizionari che verranno utilizzati nel 1974, e di cosa ci si accorge? Che a causa di quell'ultima parola a tutti i vocabolari andrebbe aggiunta una pagina. Una pagina, per milioni di vocabolari, in piena austerity, a causa di una sola parola: i costi si rivelarono subito non sostenibili e si decise che bisognava fare qualcosa.

I più grandi produttori di dizionari si riunirono in segreto e, appoggiati dall'allora governo Rumor passarono all'azione, (in realtà gli unici che allora si opposero furono Devoto-Oli, ma le minacce di fallimento li fecero subito rientrare nei ranghi).

La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1973, 12 convogli ferroviari carichi di pipistrelli furono trasportati e aperti all'unisono sulle rive sassose del Po.
I testimoni raccontano di un'ondata nera come la pece che copri il cielo nel raggio di diversi chilometri, impedendo addirittura alla luce della luna di filtrare. Nel buio più totale i pipistrelli (barbastreji in veneto) iniziarono a utilizzare i loro sonar per individuare le zvuglie ma, essendo queste animali statici e non concependo il pericolo, le falene se ne stavano tranquille sui loro sassi senza compiere nessun movimento e per questo risultavano invisibili ai loro predatori alati.

Tutta la notte trascorse nel borbottio incessante degli stormi di pipistrelli che si ritirarono soltanto alle prime luci dell'alba.
Lo spettacolo che accolse gli astanti in quella mattina del 18 ottobre fu tremendo:
tutta la pianura, da Porto Tolle fino a Busa Dritta, era ricoperta da uno spesso strato di guano di pipistrello. Nei punti di maggior concentrazione se ne misurarono 12 cm.
Inutile dire che le zvuglie, per loro pigrizia e inattitudine al volo, vi rimanerono completamente sommerse fino a morire soffocate nella merda.

E tragicamente anche questa storia finisce. Vuoi per l'avidità dell'uomo, vuoi perché non c'era ancora internet coi suoi comodi dizionari online, vuoi perché quando si è nella merda non è il caso di starsene lì fermi, ma fatto sta che la zvuglia imperiale non c'è più.
Ognuno tragga la sua morale.

AMEN.
La sua estinzione è abbastanza recenteMacroeteroceri

23.4.14

In caso di emergenza rompere il veto


Ci sono tre cose di cui ho sempre preferito non parlare in questo blog:
- la mia vita privata
- la politica, intesa come partiti, voti e quelle robe lì
- la mortadella coi pistacchi

Che non è nemmeno una questione di non volersi esporre, o di omettere particolari di sé per non risultare più vulnerabili, no. È solo che deve esistere un margine dietro cui contenere l'essenza di ciò che siamo, i parametri vitali con cui misuriamo il nostro essere. Non è che c'abbia proprio un nome quel perimetro all'interno del quale ci ritroviamo, è. E per ognuno è un qualcosa di differente poi, un cerchio dal raggio spropositato piuttosto che una lineetta sul terreno, un contorto arzigogolo o una finestra da cui spiare.

Ognuno tiene per sé ciò che più si sente. Io mi son tenuto queste tre cose. Non ne ho mai parlato qui e di mio non ne parlerei. Non ne ho mai sentito l'esigenza o la necessità.
Fino a oggi.

Oggi mi ritrovo costretto a rompere quel veto che mi ero imposto, non vorrei ma la situazione precipita in quella direzione.

Che poi è strano, lo ammetto.
È strano perché in fondo qui si è sempre parlato di tutto, dai commenti più scellerati sui paralipomeni della batracomiomachia alle crittografie mnemoniche sul double anal, dalle ricette di cucina colombiana al bizzarro accoppiamento dell'ipercericottero casto del Botswana.
Senza tabù, senza censurare mai nulla, dicendo figa quando c'era da dire figa e spandius quando c'era da dire nepomuceno (che comunque c'è sempre stato un limite a tutto).
Ah, una volta ho provato anche a parlare del legame tra felafel e fellatio, ma penso che tutti vi ricorderete com'è andata a finire.

È strano quindi essere qui e parlare per la prima volta di mortadella coi pistacchi.
Lo so, nessuno avrebbe voluto arrivare a questo punto, ma ci sono momenti nella vita di un uomo in cui il silenzio è un fardello troppo pesante da sopportare.

Quindi lasciatemelo dire: la mortadella coi pistacchi è inutile. Se la tagli a fette finisce sempre che la strisciolina di pistacchio si stacca e scivola via come uno sticker in acqua calda, e poi tendenzialmente i pistacchi a forza di rimanere lì si perdono il sapore pistacchioso che dovrebbero avere e non danno nessun valore aggiunto.
E poi il verde acido col rosa sta malissimo.

Io ieri l'ho comprata. Ero a Milano, da solo, fuori faceva anche freschetto, tempo incerto, imbrunire cupo smarrito nell'assenza delle prime stelle. Insomma, è stato un momento di debolezza come è ovvio che accada in situazioni del genere.
Non dico di esserne pentito, ci mancherebbe, però ho trovato giusto dirlo. Non ne avevo mai parlato qui, e ora è arrivato quel momento.

Spero che questa mia esperienza possa essere d'aiuto a qualcun altro...

17.4.14

Estinto di sopravvivenza

Non mi ricordo a che puntata siamo arrivati della rubrica "AMEN: Animali Meraviglioso Estinti Nefastamente", quindi diciamo che questa è la numero uno, che tanto chi se ne frega.
L'estinzione è da sempre uno dei risvolti più affascinanti dell'esistenza, di sicuro più dell'astensione ma forse qualcosa meno dell'instizione. Diciamo che si pone in quella giusta via di mezzo tra l'ostensione e la pizza.

Ogni giorno sulla Terra si estinguono 74 specie. Settantaquattro. E nessuna di queste è sullo stemma del WWF. Perché abitare in via d'estinzione è qualcosa di più che spaparanzarsi beati a rosicchiare bambù mentre uno stuolo di studiosi ci procurano da scopare e ci guardano prendendo appunti, no, estinguersi è una cosa seria, talmente seria che quei paciocconi dei panda mica ci sono ancora riusciti.

Uno dei fortunati che hanno raggiunto il traguardo è invece l'opossum tumulatore del Borneo.






L'opossum tumulatore  è era, come dice il nome, un cosiddetto animale necroforo. La sua caratteristica principale era infatti quella di dare sepoltura agli eventuali cadaveri della propria specie che avesse potuto incontrare all'interno del territorio in cui si muoveva.

Il rito di sepoltura era accompagnato da una cerimonia abbastanza complessa di tutta la comunità, una serie di suoni gutturali e di movimenti convulsi che ricordano un po' le danze di accoppiamento degli uccelli del paradiso. Durante questo rituale l'opossum scavava con le zampe posteriori una buca non molto profonda all'interno della quale inseriva la testa del compagno morto e di fatto la incastrava ricoprendola di terra, lasciando quindi il corpo innalzarsi verso l'alto aiutato dal rigor mortis.

Questa macabra distesa di opossum stecchiti, piantati come bastoncini di ghiacciolo, ha affascinato gli studiosi olandesi che per primi raggiunsero quei territori impervi nella seconda metà dell'ottocento.

A quei tempi, comunque, gli opossum vivevano in serenità e senza nessun predatore naturale ed è proprio per questo che mai ci si era accorti di un'altra caratteristica tipica di quella particolare razza di animali: la tanatosi.

La tanatosi  è "un comportamento messo in atto da alcuni animali, che comporta irrigidimento totale del corpo in seguito ad una situazione di pericolo o come semplice reazione da contatto, al fine di simulare uno stato di morte". Gli opossum lo fanno, e lo faceva anche l'opossum tumulatore del Borneo.

Foto presa da wikipedia che mostra la tanatosi di un insetto tenebrioide


In questa foto invece vediamo un insetto realmente morto

Successe quindi che quando videro i naturalisti olandesi, gli opossum si spaventarono di quel tanto che un po' alla volta iniziarono istintivamente a fingersi morti. Sempre per istinto però, appena scorgevano un compagno che simulava la dipartita, si prodigavano subito col rito di sepoltura, con l'effetto che dopo qualche ora la valle brulicava di opossum fintamente morti con la testa infilata nel suolo.
E se non sei un lombrico diciamo che mettere la testa sottoterra non è cosa molto salutare (che poi il lombrico nemmeno ce l'ha la testa, ma questa è un'altra storia). Comunque, tutti gli opossum finti morti iniziavano a morire davvero, e chi riusciva a svegliarsi vedeva quel casino, sotterrava qualcuno, poi si rispaventava e ricominciava il ciclo.

L'effetto domino fu devastante e nel giro di 36 ore tutti gli opossum del Borneo si furono fatalmente estinti.

Gli studiosi, increduli, non poterono fare altro che annotare con rammarico l'avvenuta estinzione.

Ecco, se una morale ci dev'essere in questa storia, forse è che se decidete di sotterrare qualcuno forse è meglio controllare prima che sia morto (o che sia un lombrico).

AMEN.


13.4.14

pre-senza


Mi guarda come se non dovesse farlo, come a nascondere in quel gesto il graffio ruvido di un divieto.
Poi mi parla, senza fissarmi negli occhi stavolta, quasi a negarmi l'incanto autunnale del suo sguardo, mi punisce e lo sa. Però parla: "lo sai vero che il graffio ruvido di un divieto non significa un cazzo?"

Lo sapevo.
"Ma... ma... io non l'ho detta quella frase. Mi leggi i pensieri adesso?"
"In realtà li anticipo... li so prima che tu li dica. Ti so prima di te..."
E sorride.
"Sai cosa sto per dire?"
"Sì..."
"Cosa?"
"Vorrei baciarti..."
Indugio su uno sbattito di palpebre, quell'abbastanza per credere che me lo stia dicendo davvero, che non sia solo l'oziosa ripetizione del mio illudermi.
"E cosa ne pensi?"
"Che non significa nulla, come la frase di prima."
"... il graffio?"
"No, l'oziosa ripetizione del mio illudermi..."

"Te l'ho detto che è aprile..."
"Già..."
"Sai che ora me ne andrò, vero? Lo sai da prima di me..."
"So che la tua presenza è soltanto l'anticipo del tuo mancarmi, che il con te è solo ciò che precede il senza te. Presenza, prima del senza. I dizionari non lo dicono ma io lo so."
"Li anticipi..."
"Già."

"Ma non mi hai risposto. Lo sai che me ne andrò?"
Mi guarda, con la stessa confidenza con cui si guardano quegli stereogrammi variopinti, speranzosi o illusi che nascondano qualcosa, che esista una chiave d'accesso che ce ne spalanchi l'uscio.
"Vorrei baciarti..."

Ma non seppi mai di chi dei due fosse il pensiero di quell'attimo.

9.4.14

Lotto per minne


Era da un po' che non facevo una cosa del genere e ora, finalmente, inizio a ricordarmi cos'è che rende il mio lavoro così odioso, o almeno cosa del modo in cui io faccio il mio lavoro lo rende così odioso: che non ho la testa per nient'altro!

Ma proprio che non filtra un pensiero che non sia specifico dell'argomento che sto trattando. Da quando mi sveglio a quando mi addormento, tutto si focalizza lì. Tutto. Tra l'altro le prime settimane sono sempre così intense che non c'è nulla che riesca a distogliermi, nemmeno sciogliermi la cravatta o  lanciare bucce di mandarino con la pilot. (sì, sono in giacca e cravatta. È una divisa, come quella dei carabinieri o del macellaio. La tolgo e non sto più lavorando, come quelli che vanno a raccogliere le scorie nelle centrali nucleari. Che tra l'altro qui c'hanno tutti le camicie con le le iniziali ricamate, e io che c'ho scritto sopra solo XL, che è la taglia, probabilmente crederanno che io sia straniero! Xavier Leconte, come lo champagne. Tra l'altro ieri c'era uno con ricamato SG, Super Giovane, l'ho guardato per un po' cercando le miccette, nulla.) (mi sono ricordato di chiudere questa parentesi, credo sia un mio record personale...

Comunque, dicevo che non ho la testa per pensare a nulla, solo bisogni primari. E infatti i post ne risentono. Manco vado più nell'internet. Niente gattini, niente condivisioni sceme su facebook, niente tette. Cioè, è fisicamente impossibile mantenere un blog senza questi tre pilastri della rete.

Quindi, dato che ci tengo a mentenere vivo questo posto, da stasera m'impegno. Da stasera tette!
D'altronde cosa c'è di meglio delle tette? A parte la pizza dico. E guidare di notte senza una meta con un cd in loop. Ah, e scrivere senza pensare con le parole che traspirano direttamente dai polpastrelli.
Vabbé insomma, ci sono un po' di cose che sono meglio delle tette ma non sono tantissime, quindi le tette sono comunque nella zona delle cose belle. Tanto per evitare fraintendimenti.

E dunque si ripartrà da lì. L'ho scritto tante volte così mi vanno su gli accessi, che per l'ego è una cosa che fa benissimo a noi blogger moderni.
Ovviamente se qualcuna ha delle tette e vuole metterle a disposizione questo è un blog libero, cioè, fa solo che piacere. Ma per una cosa di comunità. È addirittura antropologico, oserei dire...

Ok, stasera passo in edicola, che dovrebbero esserci dei fumetti, e faccio qualche recensione.

6.4.14

Tanko gentile e onesta pare...



Rieccomi.
Respiro, che sono stati giorni intensi e i prossimi rischiano di essere, se possibile, ancora più frenetici.
Martedì mi hanno chiamato d'urgenza per andare su a Milano. Cioè, io non è che faccio il chirurgo o il pompiere eh, faccio roba di computer, software e riunioni fiume dove va sempre a finire che qualcuno litiga. Fatto sta che mi hanno chiamato d'urgenza.
Ci resterò fino a fine mese intanto, poi si vedrà.
Comunque da mercoledì sono lì, e tutti corrono. Ma tipo che facciamo dieci minuti di pausa pranzo, venti quando ci si vuole proprio ingozzare. Lavoro, lavoro, lavoro e non ho tempo per molto altro.
Non tanto per il blog eh, quello poco c'entra, ma più che altro per stare al mondo, per capire cosa succede, la realtà reale, quelle robe lì.

E difatti solo oggi mi sono imbattuto in una cosa successa questa settimana, in Veneto, provincia di Padova:

Insomma, ne hanno parlato un po' tutti i siti di informazione, le trasmissioni, i giornali. Ognuno col proprio inviato sul posto, sperso nella solitudine della campagna incolta, smarrito tra i capannoni grigi e polverosi, compiaciuto nell'esporre robusti imprenditori dalle mani callose, sorridenti affondare sulle sedie di plastica di un bar, abbandonando l'italiano dopo poche parole per rifugiarsi in un confortante dialetto, quasi a tracciare in poche inquadrature il loro percorso di vita, il loro aver preferito alla terza media la sensazione ruvida del legno grezzo sotto ai polpastrelli, la segatura che ti si appiccica ai polmoni lasciandoti il sapore della resina in gola. Freak ignoranti, trogloditi da età del legno, idioti operosi cresciuti nel lusso di una ricchezza fraudolenta e quasi giustamente perduta, estremisti ubriachi d'analfabetismo, grammaticale, civile, legale. Tanto da illudersi di militarizzarsi con carri armati ricavati da vecchi trattori, patchwork di stupidità e lastre di ferro rivettate.

Pareva solo quello a leggere e guardare. Casale di Scodosia, il paese del "tanko".
Ecco, a me interessava dire una cosa. Mi interessava perché in qualche modo so com'è, cosa pensa la gente, qual è il flusso dei pensieri, il background che ti riconduce a certe convinzioni.
Io Casale la conosco. Ma non perché è in Veneto e l'ho sempre vista nella cartina sotto Padova, o perché ci sia passato qualche volta in macchina per andare chissadove. No, io a Casale di Scodosia ci sono proprio cresciuto.
Cioè, se devo pensare a una casa, a un posto da cui provengo, a dove sia la meta quando penso di dover ritornare, è proprio lì. 



Lo è perché l'ho scritto migliaia di volte in testa ai quaderni, virgola la data. E ogni volta ho pensato ma che cazzo, ma un paese col nome più corto no? Quanto fortunati sono quelli di Urbana o Masi?
E lo è perché è l'unico posto al mondo di cui mi ricordo il nome delle vie.
Perché la maggior parte delle cicatrici che mi porto addosso hanno un loro corrispettivo lì, perché lì sono stato felice, felice davvero come solo gli adolescenti sanno esserlo.
Lì ho guidato per la prima volta, mi sono innamorato per la prima volta, ho visto la mia prima tetta e ho pensato che non fosse nulla rispetto a quel suo sorriso ultraterreno. Ho giocato nei capannoni, tra le file di mobili accatastati, sono stato fuori dopo mezzanotte da solo, silenzioso in feste di capodanno ricolme di quindicenni ubriachi, sono saltato anche giù da un camion in corsa una volta.
Lì ho i miei amici, e non è una parola che di solito uso a vanvera.

Insomma, è per dire che mi sento certificato a parlare di quel posto. Anzi, a dire il vero l'attestato che mi autorizza ce l'ho veramente


Mi ricordo ancora bene quel che scrissi, dove era volata la testa. È stato davvero il primo incontro con un qualcosa che si è impossessato della mia esistenza, ed è partito da lì, dai libri che prendevo nella biblioteca traballante di fianco al municipio, dalle corse in bici cercando di sostituirsi al caso per incrociare la malcapitata di turno, le prime poesie, le prime parole difficili sottolineate sul dizionario, la prima mail, il primo sito.

Abitavo a qualche centinaia di metri dal capannone del carro armato. Sono sempre stato orgoglioso di quella canna da pesca che mi sono costruito da solo con un bambù recuperato proprio lì dietro, sulla riva di quel fossato trascurato che ne percorre ancora il lato.

Erano gli anni ottanta, e i novanta poi. E lì era lavoro, lavoro, lavoro. Ma non come quello di Milano, no. Perché fossero state anche dodici, quindici ore di quel muoversi sporco tra il lamentarsi assordante dei torni, a mezzogiorno si spegneva tutto. Si andava a casa, a prendere i bambini a scuola, ci si lavava le mani e insieme si pranzava. E fino alle due non si riprendeva.
Poi non importava, potevi rimanere lì fino a mezzanotte ma quel momento di pausa, quel riconciliarsi con ciò che si era, con il motivo per cui si sudava dentro a quelle scatole dal coperchio d'eternit, ecco, quel momento di pausa era la finestra attraverso cui si vedeva dove si stava andando, la meta, l'obbiettivo puntato dai propri nonni, avvicinato dai propri padri e ora finalmente raggiunto.

Non rubato, razziato, estorto, ma conquistato. Chiodo su chiodo, mobile su mobile, container su container.

Poi è arrivato il mondo. Davvero, nessuno si era preparato a quell'arrivo. Cioè, un mondo c'era già, era quello dei nostri padri, c'avevano insegnato che quello era, lo vedevamo ogni giorno in quelle due ore di pausa per il pranzo. E invece improvvisamente è cambiato. Si è fatto spietato, concorrenziale, globale. Un mondo di nuove parole, di crisi, di circoli viziosi che ti costringono a crescere per coprire le defiance del mercato, come giocare al raddoppio alla roulette. È cambiato, e noi no. Magari qualcuno anche sì, ma la maggior parte non ne aveva motivo, davvero, perché quella dimensione era tutto ciò che bastava, erano quelli i confini in cui sentirsi sicuri. Come pesci rossi in una boccia potrebbe pensare qualcuno, prigionieri dei propri limiti. Ma sono forse i pesci rossi mai in pericolo? Nuotano tranquilli in acque che conoscono, trovano il cibo, sono al riparo. Cos'altro gli serve?
Nuotano nella loro merda, potrebbe dire qualcun altro... Ma quello è come tutti, e non vedo perché uno non possa scegliersi la merda dentro cui sguazzare.

Ecco, costruire un carro armato con un trattore è una cosa stupida. Fa ridere sapere che uno si sia messo lì addirittura a pensarlo. Immagino che sotto qualche aspetto possa sembrare o addirittura essere preoccupante come cosa, eppure l'istinto di etichettarla come la goliardata di uno spirito un po' esuberante è abbastanza predominante.

Poi, il disagio no, quello è serio, quello è preoccupante.
Il referendum, la secessione, la lira... Cioè, c'è qualcuno che pensa davvero che il senso di quella domanda fosse stato davvero  rifacciamo la Repubblica di Venezia? Magari era anche scritto così, ma vi assicuro che la gente ha letto: ti ricordi quel periodo in cui si stava bene, quando i silos erano pieni e i camion partivano tutti i giorni? Ti ricordi quando non ci preoccupavamo della banca, di equitalia, di quei cazzo di mobili componibili dell'Ikea? E te le ricordi quelle due ore di pausa pranzo, quando il rumore dei macchinari si smorzava e si respirava solo il chiacchiericcio delle tv sincronizzate sullo stesso tg, e si pranzava insieme, il dorso delle mani magari ancora rigato di nero, la polvere bianca delle lucidature tra i capelli, le bustine delle figurine sul tavolino in sala? Ecco, vorresti ritornare a quel momento, a quel tempo perfetto, a quando eravamo veramente noi? Se lo vuoi vota sì!

Ecco cos'ha votato la gente.

Un po' come certi malati di cancro che si aggrappano al rimedio di chiunque venga a proporgli il miracolo, e si rovinano di bicarbonato in vena o di un'overdose di pinzimoni.

Che poi si fa presto a tacciare un paese di chissà che collusione, reazioni scomposte, minimizzazione.
Ora vi dico una cosa. Nelle scorse settimane in quella stessa zona artigianale si sono verificati non so quanti furti. Addirittura più volte nello stesso edificio. Automezzi e quant'altro. Ovviamente in questi casi le indagini sono più che altro pro forma. Magari i carabinieri manco vengono a dare un'occhiata, altro che Ris e prova del dna. Ecco, immaginatevi quelle persone violate nelle loro proprietà, nei loro beni, nella loro fonte di reddito che si sentono abbandonate dalle autorità, da quello Stato così lontano e si vedono arrivare quelle stesse forze dell'ordine così assenti nel proteggerli, in pompa magna e a sirene spiegate, per arrestare un coglione che si è costruito in casa un carro da carnevale...

In questi giorni ho sentito davvero molte cose immeritate, troppe generalizzazioni ingiuste, approssimazioni, cazzate.
Un po' mi hanno dato fastidio, lo ammetto. Non perché non ci siano enormi difetti e contraddizioni in quelle lande che tanto amo e che di riflesso ho sempre odiato.
Anzi, spesso ci si è abbarbicati su scelte sbagliate, anacronismi, stupidità politiche.
È che pur essendo una dimensione da cui mi sto da sempre più allontando è per una sorta di contrappasso una realtà a cui tendo, come un nastro di Mobius che prima o poi ti riporta sui tuoi passi.

E niente, ci tenevo a dirlo.



1.4.14

A Taco di cuore


Vabbé, nessuno si arrischiava. Quindi l'ho fatto io per voi.






L'avevo addocchiato già un paio di giorni fa, ma ho preferito attendere che cambiasse l'ora.
Non so, mi sentivo più al sicuro, più estivo.
E poi, dovendolo prendere di sera preferivo ci fosse più luce possibile.

Sono entrato nel bar con fare circospetto, non so, mi pareva di stare per commettere un qualche reato, una sorta di violazione dei confini temporali. Un tuffo non autorizzato nel mare del ricordo.

Che poi, a voler proprio fare i conti, il winner taco l'hanno fatto sparire dai frighi di tutto il mondo nel 2000. Cioè, non c'è nemmeno da tirare in ballo i ricordi d'infanzia che già potevo quasi votare per il senato. (e guarda caso adesso vogliono toglierci il senato, penserete mica che sia una coincidenza...)

Insomma, tutto questo per dire che nel 2000 avevo già mani grandi e me lo ricordo bene quanto mi occupava un winner taco.

Ce l'ho più piccolo adesso di 15 anni fa




Sì, è più piccolo.
E la cialda è più croccante.
E il cioccolato è così amaro da sembrare addirittura fondente.
E il caramello in pratica non c'è.
E il gelato è talmente addensato che nemmeno si scioglie.
E costa 1,90 euro.

È stato giusto così.
Potevamo impegnarci per risolvere il conflitto siriano, dedicarci a contrastare l'ingerenza della Russia in Ucraina, dare una svolta alla congiuntura economica mondiale, fermare la strage delle balene.
E invece abbiamo deciso di raccogliere le firme per far tornare un cazzo di gelato che già al tempo compravamo solo noi è che è stato in breve surclassato dal magnum. Il magnum.

Che ci serva da lezione!

Vorrei descrivervi in maniera più dettagliata com'è questo nuovo winner taco, ma perché dovrei deludervi io quando potete benissimo deludervi da soli?
(che poi, non è nemmeno così pessimo eh... ma vuoi mettere? dovevano dire che era un'altra cosa, chiamarlo che so, fagottino, oppure winner piadina, o sofficino gelatato...)
Comunque questo rimane un passo per l'umanità.
Siamo già pronti per:
- una petizione per il ritorno del soldino
- un sit-in per la fiesta alle mandorle (e magari anche perché ci rimettano un po' di curacao nella fiesta normale, che tanto ormai i ragazzini si sparano la vodka negli occhi come il collirio)
- un flash-mob per riavere il Billy
- un'interrogazione parlamentare per la pipa gelato
- una raccolta fondi per le Highlander al pepe nero
- varie ed eventuali