28.2.13

Storia di un i piegato


A un certo punto dell'oggi mi ero messo in testa di scrivere un post che parlasse della i.
La vocale, tanto per capirci.

Non che ci fosse un motivo ben preciso, nemmeno mi accorgo di usarla di solito, cioè, sembra una di quelle cose come l'aria, che ti rendi conto che ci sono solo quando mancano. Eppure c'è, e si vede.
Più dell'aria tra l'altro.

Comunque, volevo fare 'sto post e vai a capirlo perché.

Non è una banale scusa per comporre un testo senza l'uso della lettera scelta, elaborato che tra l'altro non avrà un nome che potrà essere detto dentro a questa frase, pena la rottura della purezza del proporre un documento - nel caso che avete al vostro cospetto un passo - che non contenga la suddetta vocale.

Ecco, si chiama lipogramma. Ma non è quel che volevo fare.

La i, vocale anteriore chiusa non-arrotondata che pare derivare dalla lettera fenicia/ebraica Yodh, rappresentata da un braccio. I = braccio. Vabbé, non avete colto.
Comunque, passando dal greco ha contribuito a formare la iota (e se qualcuno qui è stato per caso un fortunato possessore del Grillo Parlante sa di cosa sto parlando).
[ok, non ce l'avevo nemmeno io quindi posso capire la perplessità degli sfortunati. Nel Grillo Parlante la lettera J veniva pronunciata come jota. A quel punto il gioco era scaricare la batteria a forza di fargli dire I-D-JOTA.]


In italiano è facile, wikipedia dice che 'ha quasi un ruolo particolare', quasi.

Allora, quando quando si trova fra due consonanti c'è poco da fare, è una vocale. Fa però la semivocale in coda ai dittonghi discendenti (che non c'entrano con il dugongo, ma quasi. Quasi).
Se invece si sente attorniata da altre vocali la i, che pare tanto calma ma di sicuro non è farina da far ostie ('na bronsa querta si direbbe da 'ste parti), diviene talmente piena di sé da sembrare semiconsonantica.
Gli antichi la trasformavano in J, e infatti io vivo a Mejaniga (ma questo è solo un messaggio subliminale per condurvi qui come il pifferaio di Hamelin).

Quando è muta la i è diacritica.
(il significato di diacritico ce lo spiega benissimo wikipedia con un esempio: nel turco è presente una i senza punto - "ı" - che differisce dalla "i" per l'assenza del punto (dal nostro punto di vista si può considerare un diacritico "alla rovescia"). "I" e "İ" sono considerate in turco due lettere diverse. Punto.) Quindi, ci, gi, sci, gli.
In cie, gie e scie invece non ha nemmeno un ruolo diacritico, ha l'unico scopo di generare errori che zelanti grammarnazi si premureranno di correggere caparbiamente e immantinente.

La domanda che credo tutti si stiano ponendo in questo momento è quindi: e?

E niente, a volte la guardo e penso che ad afferrarla per il punto e tirarla in giù, assaporando tra le dita la resistenza feroce che solo le vocali sanno osare, si rischia di formare un bel punto interrogativo.
Ecco, tutto lì.
Che pare niente, ma l'aggrapparsi a un'(i)dea fino sviscerarne ogni dubbio, ogni squassante interrogativo e avercela ancora lì, spiegazzata, ciancicata eppure viva nel suo percorso inverso da risposta a domanda, beh, a volte mi sembra rimanga l'unico motivo per non arrendersi.

i.

26.2.13

Blorch. ovvero Cronaca di una morte a nunchaku


A volerla fare proprio breve breve potreste anche leggervi questa qui, ché insomma, di quello in fondo si parla.
Libretto rosso tipo Adelphi, disegnetti neri di omini malfatti: gli Scarabocchi di Maicol&Mirco.

Ciò nonostante, pur rimanendo nella continuità del precedente Blam., questo Blorch. (si legge lorch che la B è muta) raccoglie il testimone del precursore solo per riutilizzarlo in modo scomposto, come quelle scimmie che usano un telescopio per aprire noci di cocco, o le melanzane che nascono dalle piante di pomodoro.


Se in Blam. il filo conduttore era la morte di morte violenta, meglio se di pistola, in Blorch. la canna della stessa pistola viene utilizzata come microscopio per scandagliare le profondità e le superficialità dell'animo umano, svelando ciò che al nudo occhio di un perdonante buonismo spesso sfugge.

Scemata l'estatica euforia che contraddistingueva i drastici omicidi/suicidi, Maicol&Mirco si cimenta(no) nella crudele arte del giudizio.
Più Mirco, forse.
Perché guardare non gli basta più, non è più sufficiente la spietata fotografia di un momento, la nonchalance dell'osservatore casuale di fronte all'incidente sull'altra corsia.
No, l'evoluzione è nell'espressione di una valutazione. Non più folla gaudente ma giudice austero e incorruttibile di fronte alla più severa delle leggi: la verità di ciò che siamo, sotto le maschere dell'apparire, giù in fondo, dietro all'anima, ai pensieri repressi, a quelli che addirittura non pensiamo, aborti.

E il gioco stavolta è proprio nell'esprimere un giudizio (pietoso forse) su quell'interiorità, quel mescolarsi di sensazioni che nascondiamo in barattoli di psiche, anima, cuore, anche a noi stessi, ma che a volerlo tirar fuori spesso altro non è che un ammasso di vomito.

Ecco, in questo libro si dà il voto a quel vomito.
Come a Miss Italia ma con più risate.

Che poi, a Bologna sotto una tormenta di neve che sembrava di essere Jack London (e non a caso, dato che "La peste scarlatta" è proprio il soprannome con cui scherzosamente chiamo gli Scarabocchi di Maicol&Mirco quando ci penso tra me e me), dicevo, sotto la tormenta ho comprato il libricino.
Lo giro. Leggo. (lo giro in quarta di copertina dico, non sottosopra che pare che legga i messaggi satanici al contrario).
E in quarta di copertina c'è








Naturalmente ho subito sentito il mio avvocato, ma pare che non ci si possa fare niente, ha detto 'na roba tipo libertà di stampa, carta dei diritti, insomma cose che credevo esistessero solo nei telefilm americani.

Vabbé, la prossima volta ne scriverò male. Colpa mia.

Comunque, se proprio ne avessero bisogno, ci metto un'altra frasetta a gratis da usare nel prossimo libro.

"Maccianghero e libetrico all'unisono. Ma senza mai sbaiaffare."

25.2.13

Ma davvero c'è chi si infila la matita copiativa nel culo prima di uscire dalla cabina?


Qualche tempo fa mi sono salvato tra i segnalibri del browser (credo si legga broiser) questo link qui.
Che di solito, a meno che non sia roba tipo Hotredheadwithfreckles, poi è roba che rimane lì fino al giorno in cui mi dico ma che cazzo mi sono salvato a fare 'sta merda chissà cosa avevo in mente.

[Generalmente ci sono due momenti contrapposti nelle mie epifanie: quello in cui mi rendo conto che da giovane ero più intelligente di adesso e a riprendere in mano una cosa fatta al tempo mi dico cazzo, adesso non mi sarebbe venuto di farla così sono degenerato; quello in cui mi rendo conto di quanto più stupido fossi da giovane, che ho fatto delle cose così male ma così male che nel me attuale non sarebbe nemmeno contemplata come ultima possibilità il farlo in modo talmente stupido.]

Comunque, della Teoria della Stupidità mi affascinò al tempo la quarta regola:
"Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore."

Traduco per gli ingenui: le persone non stupide sono stupide.

Che è un po' come per quelle dimostrazioni coi numeri immaginari dove 1 è uguale a -1 e pensa a un numero moltiplicalo per quattro etc etc etc... Elefante!

Detto ciò, a me i complotti fanno sempre ridere.
Cioè, ridere come una persona non stupida che non si rende conto di essere stupida per il solo fatto di ridere di una cosa che invece non dovrebbe far ridere.

(non c'entra nulla, ma se c'è una cosa che mi fastidia è quando per far ridere si storpia la lingua scritta adattandola all'immaginaria lingua parlata. Gomblotto, blogghe, ggente.
Che una volta ho scritto ammerigani per fare il simpatico e me ne vergogno ancor'oggi, che dovrei stanarlo quel post e cancellarlo con la gomma abrasiva, quella rotonda anzi esagonale.
Ah, poi un'altra categoria che proprio anche no è formata da quelli che dicono diversamente qualcosa.
Diversamente etero, diversamente alto, diversamente magro, diversamente mocch' a bucchin' e mammt!
E il wasabi.)

Dicevo, i complotti mi fanno sempre ridere (sorridere?). 
Chi, in buona fede o meno, concede loro una cassa di risonanza no.
Perché davvero basta un cazzo per derimere certi dubbi, il problema è che i dubbi nemmeno ce li si pone, che tanto poi nessuno dice mai la verità ed è un complotto anche quello e diventa un complotto nel complotto, matrioske in cui man mano va sfumando l'ultimo bagliore di raziocinio.

Che adesso dovrebbe essere il momento del post in cui si tirano le fila, si spara la battutona finale su chupacabras, scie chimiche, signoraggio, matite copiative, macchine ad aria compressa, alberi di spaghetti e washball.

In realtà questo post finisce stupidamente qui.
Quand'ero giovane l'avrei fatto meglio, lo so.

E peggio.

(Sì, sono stato a Bologna. Appena mi si scongelano i ricordi dico due cose)

22.2.13

Auto di fesa


C'è troppo mondo, troppo per isolare un'ipotesi di normalità.

Ed è sempre troppo poco domani.
Non si è mai abbastanza in là, s'insegue un oltre che si appiccica alla punta delle scarpe e si lascia guardare, come la più narcisa delle utopie.
Anneghiamo di presente, ingurgitando forzatamente sorsi di vita che graffiano la gola; come onde che cercano di afferrare  il relitto che esse stesse spostano in avanti.

Mai troppo però, mai con un'illusione di irrealizzabilità.
Arpionati dalla sospensione d'incredulità di Coleridge, siamo i tacchini induttivisti di Russel il giorno di Natale.
Troppo presente.

E l'attesa è difesa, l'enunciazione del contro, enucleazione del no.

L'attinenza un difetto di uguaglianza, l'aberrante ripiegarsi della storia su sé non stessa.

Svelandoci a vicenda di essere orfani di un'ucronia del futuro.

[che uno si sveglia la mattina e dice, adesso faccio un post di quelli da ridere. E no, non serve capire. E sì, il plurale è proforma.]

20.2.13

Passatemi il titolare


L'appropinquarsi del cinquecentesimo post impone un necessario rinnovamento del modo di gestire questo spazio. Lo vuole l'Europa, lo chiedono i mercati, lo impone l'attuale congiuntura socio-economica.

Probabilmente è un'esigenza che in più occasioni ho manifestato anch'io, magari con velati riferimenti, sottili e mascherate autodenunce.
(se state pensando che adesso inizierò a dirvi chi votare e perché vi sbagliate, ne avreste bisogno lo so, ma no. Che poi, il mio progetto politico si basa proprio sul fatto che non si sappia cosa votare, se per farvi capire chi votare io venissi a dirvelo, allora inficerei il progetto stesso che si basa appunto sul non dirlo perché nessuno sappia cosa fare. Chiaro, no?)

L'ideale sarebbe, per dire, iniziare a gestirlo, insomma, darsi un ordine, un percorso.
Attualmente l'unico vincolo che mi sono sentito di introdurre è stato quello di non far iniziare i titoli dei post per Y.
Davvero, controllate. Ci sono tutte tranne la Y.

C'è troppa ambiguità in quella lettera, è una i ma non è una vocale, e poi è greca, cioè? Se una lettera è greca è forse differente dalle altre, e quando si dice mettiamo i puntini sulle i le i greche sono comprese? e ce ne vogliono uno o due? e come si distinguono i due puntini delle i greche dalla dieresi?
Insomma, utilizzarla in un titolo spalancava la porta ai soliti criticoni che non hanno di meglio da fare che trolleggiare per i blog altrui. Quindi, per buona pace di tutti ho evitato.

Detto questo, boh.
Potrei dire che si accettano suggerimenti, in realtà poi non li seguo mai.

Comunque, ho dei titoli per dei post che non scriverò.
Cioè, hai i titoli ma non hai i post? Ma non dovrebbe essere il contrario?
Sì.
Ah, ecco.

Ora lì scrivo qui sotto, così me ne libero e faccio pace con me stesso.


Arrivederci al celibato:  una ficcante invettiva sul matrimonio e sulla sua durata sempre più breve nella società 3.0. Nel discorso anche le solite trite polemiche sul matrimonio omosessuale come specchietto per le allodole per privare noi poveri cristi dei diritti individuali e le dieci regole per organizzare un addio al nubil/celibato perfetto.


Giamma cani: del perché quando è stato inventato il cane io ho votato contro e me ne sono andato negli Stati Uniti a fare la bomba atomica. Cose brutte sui cani visti solo come servili appendici del proprio padrone e dei padroni che vedono il cane come compensazione delle proprie appendici. Le dieci illustrazioni più belle che si possono ricavare unendo i punti dei dalmata.


Le vite degli atri: dialoghi rubati negli atri dei vecchi palazzi. Nei cartelli appesi sulle bacheche condominiali una nuova interpretazione della società moderna. Le dieci più divertenti aggiunte a penna alle comunicazioni dell'amministratore.



Cara pace: un'accorata preghiera. La pace è una tartaruga? Davvero è solo lenta e sta arrivando? Che poi quando arriva c'ha il carapace e diventa inscalfibile e dura un botto? (no, non botto inteso come esplosione...) Le dieci tartarughe più famose della storia.


No mignolo: da Ammassa la glassa ad Ada al perché non ho un mignolo sano. Compendio di sopravvivenza urbana e dattilografia. I dieci refusi più tragici che possono capitare su una macchina per scrivere meccanica non avendo forza nei mignoli.



Mi manca l'aia: ma quanto bella era Von Krest il castiga galline raccontata da Gaber? E cosa pensa un pollo degli uccelli che volano? Davvero il nome tacchino deriva dalla parola collage? Gandhi era vegano ed è morto assassinato, c'è un nesso? I dieci modi di imitare il paupulare del pavone senza l'utilizzo di strumenti.




19.2.13

La bava e la fava


Un giorno, ero in terza superiore, il mio professore di biologia entrò stringendo tra le dita una lumachina.
La appoggiò dolcemente sulla cattedra e ci disse: "Oggi vi racconterò una favola!".
E in effetti ci narrò un'antica storia degli aborigeni australiani, una storia di prima che esistesse l'uomo sulla terra, la storia di come le lumache divennero ermafrodite.

[Le lumache sono ermafrodite, lo sapevate?
Maschi e femmine allo stesso tempo.
Fanno il lago uscendo dalla doccia e poi s'incazzano con sé stesse, alzano e abbassano la tavoletta tante di quelle volte che la corrente che si forma spazza via le farfalle che sbattono le ali in Giappone.
Pensate che ci sono alcune specie di lumache che si scopano da sole, alcune addirittura si regalano dei fiori prima.
La roba buffa è che spesso litigano per decidere chi fa il maschio e chi fa la femmina. A volte organizzano tornei di sassocartaforbice per decidere. È che non avendo le mani vanno avanti per dei giorni.


Il Chromodoris ha un pene usa e getta che spesso si stacca durante il rapporto, ti distrai un attimo, una torsione azzardata e zac, vai a dirglielo te che lo rivuoi indietro. (in 24 ore ricresce, non preoccupatevi, un po' lungo come periodo refrattario ma sopportabile. Il tempo di fumare una stecca di sigarette).



La banana slug ha un pene enorme, lungo quasi quanto tutto il corpo (che arriva anche a 25 cm, per dire). È che è talmente grosso che capita che durante il rapporto s'incastri e l'unico modo per liberarsi è quello di staccarlo a morsi. E poi dicono che sia semplice essere lumache.


Una coppia di lumaca leopardo si avvinghia a testa in giù fino a che dalla testa di ognuna esce un enorme pene blu ed entrambe si fecondano a vicenda. E qua ancora rompono il cazzo se due uomini si baciano.

]


Ah, la storia.

"Un giorno, prima della comparsa dell'uomo, prima che ogni cosa fosse creata, esisteva l'Altierjinga, ovvero il “Mondo del Sogno”: un luogo misterioso che esiste fisicamente su questa terra ma che nessuno è in grado di vedere. Il Serpente Arcobaleno vegliava sul mondo e attraverso i Pitjantjarjiara e gli Yankuntjtjara sognava tutto il territorio australiano. Un giorno il Serpente disse a tutti gli animali: "Riempite il vostro marsupio di sogni e cibo, perché ora inizia per voi il viaggio della materializzazione, diverrete reali!".
La povera lumaca si guardò intorno stupefatta e vide che tutti gli animali australiani avevano il marsupio.
"Psss, psss, canguro, ehi canguro ma dove l'hai trovato?" 


"Ehi, ehi koala, minchia che ruvido che sei parevi morbido in Georgie, ma non è che ti avanza un marsupio?" 


"Opossum dai, abbiamo quasi la stessa taglia, per favore, ce l'avete tutti tranne me. Oh, cazzo è? Fai finta di essere morto? Se avessi le zampe te la farei vedere io... Tiè, ti sbavo...".



Nonostante il suo darsi da fare la piccola lumaca rimaneva ancora senza marsupio. Al che si rivolse direttamente al Serpente Arcobaleno: " A Serpe', com'è cazzo è possibile che qua tutti gli animali c'abbiano il marsupio e io no?" e il serpente "Ma chi l'ha cagato 'sto stronzo? Avevamo detto tutti col marsupio, che andiamo meglio a impilarli, e poi così non si perdono le chiavi!" "Voglio il marsupio" insisteva la lumachina. "Datemi un coltello!" disse il Cane Marsupiale, "glielo incido io un bel marsupio, a secco, così smette di rompere i maroni e cominciamo a sognare, che stasera c'ho krav maga".


Ma la lumaca, che voleva tanto sognare ma mica era scema disse "ma scusate, mi faccio un marsupio esterno che fa tendenza e tra migliaia di anni tutti ne avranno uno!" e così prese una conchiglia e se la attaccò alla schiena. E da allora quella diventò la sua casa."

A quel punto ricordo che tutti ci guardammo e uno alzando la mano chiese "ma quindi, perché le lumache sono ermafrodite?".
Il professore allora prese la lumachina che strisciava lungo la cattedra e la schiacciò violentemente con una pesante bibbia e urlò: "Le lumache sono ermafrodite perché sono un abominio!"

E vissero tutti felici e contenti.

17.2.13

Il lato oscuro della luna - ovvero Sartre nel buio


[AVVERTENZA: Avevo scritto questo post stamattina, non era neanche male. Poi blogger me l'ha cancellato. Giuro. Stavo facendo colazione e l'ha cancellato. Lo riscrivo ma non sarà mai più niente come prima.]

L'ideale sarebbe non parlare di questa storia.
Probabilmente sarebbe l'unico modo di rispettare l'intimità solenne in cui è stata tratteggiata.
Perché, e soprattutto, è una storia che si adatta fin troppo alle ipotesi più disparate, ognuna abbarbicata nell'incavo della sensibilità personale, e suggerisce più che raccontare, indica.

Lo dico subito, non è la storia  che stavo cercando.
Non mi capita spesso di cercare storie,  mi abbandono a quel che c'è e mi va bene.
È che stavolta ero già un po' perso di mio nel magazzino dove tengo in maniera confusa le sensazioni.

Sarà stata quella frase dal silenzio dello spazio, una minaccia senza volto... 

E io ero già in quella stanza immersa in una penombra buia, sempre. Fredda di marmo e tappeti. Sei, forse sette anni. Fantascienza cartonata edizioni SAIE, pagine ingiallite, umidità di carta porosa.


Lo presentavano così:
Lloyd ha coronato il sogno della sua infanzia: è un astronauta ed è in viaggio verso la Luna… Ma, all’improvviso, l’avventura diviene incubo. Com’è possibile che i suoi compagni siano spariti senza lasciare traccia? Perché la sua mente è assediata da dolorosi ricordi? Forse le risposte sono nascoste su quel freddo satellite, attendono nell’ombra eterna del suo… lato oscuro.

No, non è fantascienza.
Ma no come quelli che fanno i fighi e dicono che Star Wars non è fantascienza è un western.
Questa è un'altra cosa.

E infatti non vorrei parlarne. Forse dico qualcosa, forse dopo.
Prima però vorrei soffermarmi su un aspetto, che pare niente eppure dovrebbe essere di un'importanza clamorosa.
Mentre leggevo, questa storia che non mi aspettavo e che non aspettavo, mi è capitato più di una volta di fermarmi, ritornare alla pagina di copertina, guardare il prezzo anche, e rendermi conto di ciò che avevo in mano, del fatto che l'avevo preso in edicola tra Unità Speciale e le Winx.
Che a essere distratti ci si sarebbe probabilmente attesi, per qualità artistica, narrativa, umana, altra fattura, altri loghi, altri luoghi.

E forse, tra tutti i numeri già usciti, questo è quello più sorprendente.

No, non è fantascienza, è scienza.
A ogni azione corrisponde un'azione uguale e contraria.
L'ascesa del protagonista verso la luna si contrappone alla sua discesa, uno sprofondare doloroso nei meandri di sé stesso.
Crudele, allucinante, ineffabile.

Ecco, filosofia più che scienza a dire il vero.
Esistenzialismo, nichilismo, più Nietzsche che Asimov, più 2001 Odissea nello Spazio che Star Trek.
Il lato oscuro della luna è quello dei Pink Floyd, quello dove Astolfo cerca il senno di Orlando, quello dove il protagonista si ritrova. Oppure si perde.

Follia, senno, smarrimento.

E un percorso, da intuire più che da seguire.
Per questo non ne parlerei, per non violare l'intimità propria di chi legge, per non ricalpestare impronte che meritano di rimanere assolute. Come sulla luna.

Ecco. 3,50 euro. In edicola. Alessandro Bilotta e Matteo Mosca.
Bravi.

Nient'altro.



14.2.13

Samba lentino (l'amor propano)


E anche oggi tutto è amore.
Che per chi non lo sapesse, per chi non avesse capito che i ragazzi che si amano si baciano in piedi contro le porte della notte, per chi fosse allergico al nichel, al polline, alle terme sovraffollate, oggi è S.Valentino. (si legge sanvalentino non svalèntino voce del verbo svalentare).

Dice wikipedia che:
un giorno il vescovo, passeggiando, vide due giovani che stavano litigando ed andò loro incontro porgendo una rosa e invitandoli a tenerla unita nelle loro mani: i giovani si allontanarono riconciliati.
(più che riconciliati, parrebbe che il vescovo strinse così forte la rosa tra le loro mani che le spine si conficcarono nelle carni talmente a fondo da lesionare i tendini e inibire per sempre l'uso delle dita)

Un'altra versione di questa storia narra che il santo sia riuscito ad ispirare amore ai due giovani facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci gesti d'affetto; da questo episodio si crede possa derivare anche la diffusione dell'espressione piccioncini.
 (allora, che minchia di gesti d'affetto possono scambiarsi due piccioni in volo? Si cagano addosso? Si scambiano le pulci? Scatting e crushfetish. Viva l'amore!)

Secondo un altro racconto, Valentino, già vescovo di Terni, unì in matrimonio la giovane cristiana Serapia e il centurione romano Sabino: l'unione era ostacolata dai genitori di lei ma, vinta la resistenza di questi, si scoprì che la giovane era gravemente malata. Il centurione chiamò Valentino al capezzale della giovane morente e gli chiese di non essere mai più separato dall'amata: il santo vescovo lo battezzò e quindi lo unì in matrimonio a Serapia, dopo di che morirono entrambi.
(Quindi? è riuscito a far morire una persona sana? Sarebbe questo il miracolo?  Chuck Norris Papa!)

L'amore quindi, è una danza sinuosa che incendia lo steccato della razionalità, benzina polivalente da usare come carburante nel motore della vita, da bruciare, da bere.
Ti fa andare avanti, ti avvolge e fa schifo. Lentamente.

[ne parlo seriamente un giorno, giuro, se mi va. Che di tutte le dipendenze che son riuscito a evitare in vita, questa, ecco, questa è sempre stata più furba lei.]

Comunque, a guarda il doodle di Google l'amore è questo:

Due pesanti palle che girano.
Secondo Google eh, mica secondo me.

L'avete fatto il giochino, vero? Schiacciato il cuore? Il gioco delle coppie improbabili.

L'ho fatto anch'io.








13.2.13

Facecook l'angolo cottura del mercoledì 27



In diverse mail mi hanno fatto notare che nei miei post non mi rivolgo mai alle istruttrici di balli latini americani abruzzesi (Abruzzesi le istruttrici, non i balli latino americani). E in effetti, andando a riscorrere la cronologia del blog ho potuto notare anch'io questa curiosa mancanza.

Sia ben chiaro, si tratta soltanto di una banale coincidenza, vi posso assicurare che non c'è mai stata in questa omissione una qualsivoglia premeditazione o intenzionalità, né tantomeno sussiste un mio personale livore nei confronti dei balli latini e men che meno verso le istruttrici abruzzesi di tale specialità.
Istruttrici abruzzesi di Casalbordino, di nome Giulia.

Troia.

Ecco perché, viste anche le numerose mail, mi sembra doveroso dedicare a tutte loro questo mercoledì.
Quasi tutte, insomma.

So per certo (perché me lo hanno detto) che spesso, se balli il merengue in special modo, ti capita di avere dei filetti di platessa che girano per il freezer che li avevi comprati una volta che erano in offerta ma poi chi cazzo c'ha mai voglia di filetti di platessa?

Io!
 (È vero, i pappagalli ne sono ghiottissimi. Capitan Findus invece, come si vede dalla foto, c'ha una paresi e può solo bere con la cannuccia. Vodka.)

Tritate finemente delle foglie di basilico, del rosmarino e della menta. Del e della sono misure indicative che più o meno significano giusto un po', insomma dovete cucinare del pesce mica fare il presepio.
Però tritatene abbastanza che danno sapore. Ma non troppe.
E lavatele prima.

Al trito di erbette aggiungete delle foglioline di prezzemolo strappate. Non tritatele, mi raccomando.
Ora vi chiederete, perché in ogni ricetta tutti ci tengono a puntualizzare che il prezzemolo va strappato e non tritato?
In realtà l'internet non dà una risposta certa. A me è stato detto che se lo triti ti si forma una patina sulle dita che ti si cancellano le impronte digitali e quindi non sei più riconoscibile, e la usavano i serial killer e i terroristi che non  volevano usare i guanti perché scomodi. E c'è una legge che lo vieta ma nessuno cita quale, e comunque se ti beccano ti danno tipo 3 anni di carcere mentre se rubi e t'inculi il paese ti fanno politico ma questa è l'Italia e quando c'era Mussolini avrà pure fatto anche cose di merda tipo l'EUR e i Patti Lateranensi ma a quel tempo il prezzemolo ognuno se lo gestiva a modo suo.

Comunque, fate sciogliere una noce di burro in una padella e appena inizia a sfigolare, che non frigga mi raccomando, adagiate i filetti di platessa au naturel (se ci mettete la farina sono alla mugnaia e mi pare che si sia già detto abbastanza riguardo a tale questione) e ricopriteli con le erbette.
Cinque minuti per lato.

(Quanti lati ha una platessa?

)

Allo scoccare del decimo minuto abbassate la fiamma e lasciate caramellare i vostri filetti aggiungendo un bel cucchiaio di miele millefiori.
(Vogliamo svelare finalmente la truffa del miele millefiori? Come fanno a dire che sono mille? Che li contano? Che dicono alle api oggi tutte al fiore 1, domani si fa il 754? Non è possibile che siano esattamete mille! È pubblicità ingannevole. Lo fanno con le scie chimiche, è assodato. Me l'ha messo in facebook uno del M5S).

Spegnete il fuoco (no, non quello divampato in cucina, intendevo il fornello). Si è spento?
Bene, aggiustate di sale e pepe a piacere.

In realtà lo spettacolo di questa sera prevedeva in cartellone anche Peperoni e Melanzane ripieni di Spinaci e Patate (e forse ricotta), focaccia Locatelli quella che non servono le mani. Ma io non ho abbastanza voglia di scriverne e voi di leggerne e viceversa.

Quindi, a malincuore, lascio la parola ai nostri ospiti, e la lascio con mestizia e una profonda tristezza nel cuore, sapete bene infatti che il nostro capo giuria Joseph Ratzinger Papa in arte Benedetto XVI si è dimesso da tutte le sue cariche e quindi non presenzierà più ai nostri convivi.

Ciao Ratzinger Z!



Ma asciughiamoci.
Anche le lacrime.

Sono il nuovo supercapo della Giuria. Mi spiace per mio pretecessore! (Ah ah ah, prete-cessore! Non sono riuscito a portare la salvezza, porterò la simpatia!)





Meehehe!




Vabbé, le leggi razziali non le ho scritte così, è stato il T9. E comunque, di fronte all'eleganza e al buon gusto qualcosina potreste anche perdonarmela.


Io!

12.2.13

Baci accademici







Neve(rmind)


Eccomi qui!
Sono arrivato... fatto un po' tardi, lo so.
È che sono uscito stamattina per fare una cosa, poi tipo ha un po' nevicato.
Un po'. Tipo che ancora.

C'è uno fuori che sta facendo per la decima volta il giro della rotonda in controsterzo.
E il motore è spento.
E nevica.


Per storto. Che per fare un pupazzo di neve abbiamo dovuto infilarlo su un palo come un kebab.
E ci siamo tirati i falafel di neve.
Solo che essendo neve farinosa l'abbiamo avvolta attorno a dei sassi, che se no non si riusciva a lanciare.
Colpa del buco dell'ozono!
E della lattuga radioattiva.

La neve ti fa tornare bambini, sì.
Infatti ho ricominciato con le medicine.
Adesso, tra tutti, prendo un farmaco che è un inibitore della pompa protonica.
Inibitore della pompa. A me?

Che poi, la pompa protonica altro non è che l'evoluzione del pompino rotante.
Che come parentela più o meno il rapporto è quello che c'è tra Mazinga Z e Il Grande Mazinga.

Cioè, chi è che inibirebbe il Grande Mazinga?

Comunque eccomi qui (è il quarto periodo consecutivo che inizio con la C.
Le iniziali dei periodi subito sotto la foto formano la parola PESCE.).

Dicevo, eccomi finalmente rientrato: è per caso successo qualcosa di interessante oggi?

(No, non farò nessuna ironia sul fatto che il Papa abbia deciso di abdicare.)
[Che poi, dicono dimesso. E in 'sto periodo non è che uno si dimette così, senza avere nient'altro in mano.
Ma tipo che aveva un tempo indeterminato e l'ha mollato perché sentiva troppo il peso delle responsabilità e non si sentiva in grado, e ormai era troppo immerso nella cosa da non riuscire ad uscirne mentalmente?
Ecco, Joseph, l'ho fatto anch'io un paio d'anni fa, credimi è 'na cazzata.
Piuttosto resta e inizia a non fare un cazzo. Imboscati. Vai al minimo e togliti qualche sfizio.
Battezza i ragazzini con la trielina, disegna gli addominali ai crocifissi come gli spartani di 300, dì che inizi a pagare l'IMU.
Che te frega? Tanto, andar via per andar via meglio togliersi qualche soddisfazione, e inculargli qualche soldo che per andare a pari con quelli che gli abbiamo fatto guadagnare ce ne vuole.
E comunque, quando proprio saranno esasperati loro dalla situazione, loro, ci mettiamo di mezzo i sindacati e campiamo per un altro paio d'anni di controversie e cazzi vari.
Altro che dimissioni.

Volevo pubbicarvi due mail che mi ha mandato il Papa a metà gennaio.
Una subito dopo l'atto dimostrativo di Femen durante la messa. Mi chiedeva se davvero le donne fossero tutte così piatte come chierichetti.
Un uomo solo, isolato. Col filtro bambini su Google. (vabbé, l'espressione filtro bambini è un po' ambigua. No, non è una nuova opzione di Google. [Ma dopo gli accordi con la Cina, perché no?]).

La seconda volta mi ha scritto quando hanno messo Padre George in copertina su Vanity Fair.
A lui davano a fatica le copertine di Famiglia Cristiana, e più per obbligo morale che non per volontà effettiva.

Per correttezza non pubblicherò qui né le sue mail e nemmeno le mie risposte.
Vi dico solo, però, che domenica mattina, dopo essersi affacciato al balcone in Piazza S. Pietro, mi ha mandato un messaggio su facebook: Ho fatto finta di salutare e invece ho sputato giù. Avevi ragione. JR.

JR. Lui andava pazzo per Larry Hagman.
È quello che l'ha convinto a smettere. Da quando è morto non aveva più una ragione.

Ecco. Nevica.
Cosa posso dirvi? Lo vedremo ancora partecipare ai momenti conviviali di facecook? Sì, assolutamente sì, se vorrà, se se la sentirà è sempre l'ospite più gradito.

Leggeremo ancora i suoi commenti sul blog? Beh, credo che ormai fosse chiaro che Giuseppe altro non era che Joseph. Cosa posso dirvi? Io spero di sì, ma non è dato sapersi.

Cosa passa per la testa di un uomo in questi momenti?
Posso dirvi solo quel che passa per la mia: pompa protonica.

E nevica.