1.7.11

Diegozillab (post che avrei dovuto scrivere il 10.01.2011)


Diego Cajelli è uno sceneggiatore. E' una personcina simpatica che sa scrivere e che sa come funzionano i fumetti. Lo sa davvero.
E proprio perché di fumetti ne sa, ha deciso di insegnarli.

Solo che Diego, oltre a essere uno sceneggiatore, una personcina simpatica e uno che insegna fumetti, è ufficialmente candidato al premio "Incoscenza Award 2011".
Perché, secondo me, lui mica se l'aspettava di ritrovarsi con 151 allievi vocianti che gli intasano i commenti del blog e lo tirano per i capelli (!) per accaparrarsi  uno spiccolo di attenzione, una correzione, un bravocontinuacosì, gli scrivono, lo vogliono e quando c'è la prossima lezione?

Comunque io nel Diegozillab ci sono! Sono entrato con un subdolo stratagemma di cui è meglio non parlare. Tessera 145, che detta così sembra che siamo l'ennesima società segreta, carbonara e massonica, in combutta per evertire, sovvertire e convertire l'italica penisola.
Il documento riservato è questo:




e quello è il mio avatar: un adolescenziale Steve Jobs.

Fatto sta che per gli esami di fine quadrimestre il compito era questo:
Un racconto autoconclusivo, del genere che pare a te.
Lunghezza massima: 2000 battute spazi compresi.
Il protagonista è il tuo Avatar. Quello della foto della tua tessera. Quello che ti ho detto di scoprire e imparare a conoscere. E’ il protagonista della storia che devi scrivere. Se è un attore o un' attrice, puoi anche usare uno dei personaggi che ha interpretato nella sua carriera.
Mi raccomando. Non oltre le 2000 battute.


Io il racconto l'ho scritto, ma a rileggerlo mica mi soddisfa. Comunque Diego mi ha detto di non farmi dominare dagli aggettivi. Direi che la palese verità è che il suo inequivocabile e raggiante giudizio sia l'iperbolica evidenza della mia atavica propensione a non imparare le lezioni. Sacrosante lezioni.

Il racconto lo metto qui sotto. Per i miei compagni di corso ho fatto un blog che si trova qui.



"

“Steve...Steve svegliati!...Apri gli occhi Stewie!”.
Apro gli occhi. La mia stanza non c’è più: la mia cazzo di stanza non c’è più, maledetto acido! Farfuglio sottovoce, non so neanch’io cosa, forse “Woz? In che fottuto merdoso garage mi hai portato stavolta?”, ma non mi capisco.
Un attimo fa ero al ballo della scuola, poi quel piccoletto di Seattle mi allunga due pillole - “Dos” – mi dice sornioneggiando dietro agli occhiali di tartaruga, ed eccomi qui, disperso in uno stralunato sogno psichedelico a cento miliardi di chilometri dalla mia razionalità, come una brufolosa Alice nel paese delle droghe sintetiche.
Sorrido. Seduto su una poltrona da barbiere sorrido a ogni muggito della pelle verdastra su cui mi strofino e la cerco, cerco quella voce suadente che mi chiamava.
Abbandono la testa all’indietro e la vedo: è Biancaneve! Mi sorride dal soffitto di cristallo della stanza, meravigliosamente pallida, e i pomelli scarlatti delle sue gote mi illuminano come le lucine di un albero di natale, ma è giugno e si muore di caldo qui dentro.
Mi guarda lasciva mentre morde una succosa mela dalla lucida scorza vermiglia, le sue labbra sono talmente perfette da sembrare la parte mancante di quel morso, tende uno specchio verso di me e non sono il più bello del reame. “Pensa differente Steve!”, ancora quella voce e non è lei. La mia immagine riflessa si fa più nitida a ogni suo passo verso di me, sinuosa nella svolazzante gonna gialla. Le dita di lei sfiorano la superficie liscia dello specchio, il pollice e l’indice si toccano un istante prima che le punte si allontanino per andare a formare una L (quante volte l’ho visto quel simbolo da perdenti), il mio volto incorniciato si allarga sempre di più seguendo il movimento dei suoi polpastrelli, finché non vengo fagocitato da quella figura e mi ritrovo seduto su un ramo rugoso. Le foglie leggere si appiccicano alla mia pelle sudata. Intorno a me un giardino rigoglioso che si estende da ogni lato fino a confondersi con l’orizzonte. C’è anche Biancaneve ma non è Biancaneve. I suoi capelli corvini lambiscono il terreno e lei vi si avvolge per coprire una nudità candida e delicata, come una bambola di porcellana dalle lunghe ciglia setose. “Eva...” penso tra me e me osservando eccitato quell’incanto mordicchiare con denti bianchissimi il frutto del peccato che stringeva tra le due mani a coppa.
Ci metto un po’ ad accorgermi del serpente lattiginoso che sta risalendo quel corpo d’avorio, il tempo di pensarlo ed ecco che un enorme mano ne afferra la testa e la trascina verso lo spazio vuoto dove dovrebbe esserci almeno il braccio. Sento il mio corpo strattonato da una forza invisibile, intuisco subito la correlazione con i movimenti del cranio dell’infido rettile. Proprio mentre mi ritrovo sospeso su di un tratto di nebbioso nulla, vedo di sfuggita il rapido sollevarsi dell’indice di quella manona e nell’attimo esatto in cui schiaccia l’occhio giallognolo del serpente io mi sento precipitare verso un umido risveglio.
“Steve, svegliati Steve!”. Apro gli occhi e il faccione barbuto di Woz mi si presenta di fronte, ecco di chi era quella voce. Mi sollevo istantaneamente e affondo gli occhi nei suoi. “Woz! Woz! Ho avuto un’illuminazione...” urlo esagitato mentre lo strattono per le spalle. “Abbiamo sbagliato tutto! Si chiamerà ‘Apple’ come la mela”. Woz mi squadra catartico e sussurra “In effetti JoWo era un nome di merda!” poi mi guarda e dice “Ma allora hai sognato anche tu Newton e Guglielmo Tell?”. Scuoto la testa vacuo. “Maledetto acido!” pronunciamo all’unisono.
Poi l’agitazione mi risale “Woz! Woz! Quel trip mi ha dato delle idee favolose. Devo assolutamente scendere subito in garage. Cristo, è tutto disegnato in questa cazzo di testa. E’ tutto fottutamente elementare!”.
Bacio la sua fronte sudata. “Sarà il più elaborato e perfetto robot da cucina mai realizzato!”."


 

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