Qui, mentre scrivo è la fine di maggio. L'ambientazione, anzi il genere, è il divano, rumore di gatti che sgranocchiano qualche crocchetta, telefono che ogni tanto vibra. Compulsivamente alzo la testa a guardare il lampadario: ondeggia ancora. L'ultima scossa è stata qualche minuto fa, poca roba.
Sarò stato a pagina 20 quando ha tremato sul serio, una splash abbastanza arzigogolata, me la stavo studiando mentre è iniziato il tremolio, poi il rullare dei bicchieri, le mani strette sul bordo annerito delle pagine, come se fosse bastato quello a sorreggersi, qualcosa che cade di là.
Jitso.
Beh, niente in confronto a ciò che è successo a He-man la scorsa settimana.
Non parlo a caso, l'ambientazione, la mia ambientazione è importante. E' importante perché da un pezzo il Golden Boy ha abbattuto rabbiosamente le pareti della quarta, forse della quinta dimensione. Degenerando. Fluttuando tra i generi con alterne fortune, cercandoci, minacciandoci, sfidandoci.
Noi lettori.
E se devi trovarmi, John, non voglio sorprese. Voglio attenderti con le gambe allungate sullo schienale, il cuscino ripiegato a sorreggere la testa, le briciole di qualche avanzo a stuzzicare le dita. Come sempre, come ogni volta che ti ho guardato come se fossi un animale da zoo, irrequieto nell'irreale prigione di ogni pagina, ingannato in un solipsismo al contrario. Dove l'illusione di essere Dio era il riflesso di un ateismo irrisolto, dove il non credere più in te stesso pensavi fosse eresia e poi hai scoperto che il trucco era nella forma e non nella sostanza: Dio eravamo, siamo Noi!
E quei tre che cercano di difenderci. Credono. Oppure no? Oppure quel passo indietro, quel labirinto in cui hanno intrappolato John è solo un trucco per riuscire a prendere più rincorsa?
Com'è questo 'Flettendo i muscoli'?
Credo che Mauro Uzzeo e Roberto Recchioni si siano divertiti a scriverlo.
E' un fine omaggio di fine maggio.
Un percorso denso di citazioni, sottotesti, metafore, cineserie.
Parla di testimoni, di passaggi, di stelle che nascono danzanti, incespicano, brillano fino ad abbandonare la luce al proprio destino.
Parla di strati.
Di chi c'era prima e chi verrà dopo, di quanto vale un'eredità, un esordio, una lezione.
E' addirittura dolce, malinconico. E sì, parla di supereroi in calzamaglia.
Watchmen, Batman, gli Invincibili, qualche Marvel, quelle robe lì insomma.
E poi Rat-Man.
Due vignette, di profilo, una silhouette. Eppure sembrano una ventina di pagine. Sembra che ci sia stato davvero, che abbia insegnato davvero come si fa, come essere fumetto. L'altro fumetto.
E John ha imparato.
Ha allargato la breccia, tracciato un sentiero.
E cerca continuità. Conferme. Verità forse. E tra le mani un testimone.
[Poi è addirittura ovvio che non c'ho capito un cazzo. Ma quel Valter Buio lì qualcosa mi avrà pure significato.]
E' che John Doe sta finendo, e come finisce lui non finisce nessuno.
Che poi, se dovessimo parlare della storia dovremmo parlare dei disegni della storia.
Perché è un albo fatto di immagini. Ma non come sono fatti di solito. E' un albo fatto di immagini che non rappresentano soltanto un'idea di realtà, no, la realtà la inventano, la rendono malleabile, duttile, altro.
Il tratto di Federico Rossi Edrighi sicuramente divide. C'è chi lo ama e chi non lo tollera.
A me divide. Separa le percezioni, è sinestetico (se mai esiste come termine), davvero. E' come quell'attimo che precede una scossa di terremoto, quando capisci che c'è qualcosa che non va e quel senso di vertigine ti mette il dubbio di essere tu finché ti accorgi che invece è il pavimento che ha iniziato a tremare. Ecco, lui disegna lì, tra i picchi di un sismografo. In un grottesco che è iperrealtà. Superrealtà, forse. Supereroi.
La nota grigia sono i grigi. La pessima, pessima stampa li ha decisamente rovinati, trascinandosi con sé un'impressione di sciatta fotocopia da autoproduzione. Ed è un peccato. Un peccato perché le tavole sono splendide, e sono splendide con i retini intendo (fatevi un giro nel sito di Federico e capirete), la resa è davvero tutt'altra.
Che altro dire? Niente, finiamo.
John, io sono pronto. Non ti permetterò di farmi finire insieme a te!
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