30.1.12

Il tempo di pensare


[DICO UN'ALTRA COSA QUASI SERIA E POI TORNO A FARE IL CIALTRONE, GIURO!]

Siamo arrivati al punto in cui tutti possiamo dire qualunque cosa al mondo. A tutto il mondo.

Le idee, i pensieri, le informazioni viaggiano veloci. Più di noi.
O molto spesso più della nostra capacità di razionalizzarle, interiorizzarle, rielaborarle di quel poco da renderle parte del nostro pensiero. Non c'è tempo.

Non ce lo lasciamo il tempo.
Ci stiamo insegnando la frenesia della contemporaneità, della condivisione virale, dell'anticipo addirittura.
Nell'illusione della libertà ci avvinghiamo in catene di tempestività, lacci di partecipazione forzata, patologica, forsennata.

Ed essere liberi davvero rischia di misurarsi nel non esserci.

Perché il sovraccarico cognitivo ti schiaccia se non hai spalle intellettive abbastanza larghe, ti travolge come un fiume di cioccolato nella fabbrica di Willy Wonka. Dolcemente spazzato via da ciò che golosamente ti affabula.

Basta un niente per convincersi, cavalcare un'onda, una corrente, un'idea che a ben pensarci non è nemmeno la tua. E' che non ci stiamo più dando il tempo di pensarci su.

Condividi, retweetta, di' la tua, manda, partecipa, tagga. Di più, più in fretta, primo!, hashtagga cazzo che lo mandiamo su, facciamo saltare i server con tutti 'sti tweet, presto, terremoto. Terremoto.

Terremoto.

Confirmation bias. Faceva figo scriverlo. L'ho fatto infatti.
Non so neanche cosa significa davvero, ma lo scrivo, lo riscrivo.

Si inizia così, e poi ci si ritrova a dire tutto, a ridire tutto con la convinzione di aver capito anche se ci si è fermati alla prima riga. Non c'era tempo per le altre. No, erano troppe e non c'era tempo.
E allora seguiamo. Following. Folle.

Individui, gente e infine folle. Dovrebbe essere il nostro progresso.

E ci siamo rubati il tempo di pensare. Ce lo siamo rubato a vicenda.
Non lo rivoglio tutto, no.

Quindici anni avevo, sentivo una cosa in tv, prendevo la bici e pedalavo per quattro chilometri per arrivare in biblioteca. 'Ciao Giorgio...' e iniziavo a sfogliare. C'avevo pensato per tutti e quattro i chilometri e ora cercavo tra le pagine, un libro, un altro, poi chiedevo. E lì si formava un'idea. Decantava, riposava come la pasta del pane.

E poi altri quattro chilometri. Il tempo per pensare. Analizzare, elaborare, distillare.

Ecco, non lo rivoglio tutto, no.

Ma giusto un attimo in più, solo un istante per capire veramente cosa c'è nella bottiglia che sto affidando alla corrente. Neanche so dove andrà a finire.
Meglio pensarci.

Perché le cose da capire sono tante, troppe forse.

Che poi, meglio il troppo del nulla.
Anche se nel nulla la percentuale di informazioni sbagliate, false, tendenziose, bugiarde, ingannevoli, ambigue, manipolate, inutili, deviate, fedifraghe, diffamatorie... beh, la percentuale lì è zero.

E nel troppo?

Nel troppo è probabilmente troppo.
Ma non contano le dimensioni di un errore, l'importante è come lo usi.

Ah, ero partito da qui.

3 commenti:

  1. Io ho una simpatia istintiva e irrefrenabile per il Capa, che reputo uno di famiglia... o' mai che mi sia capitato d'avere un amico coi i suoi tratti somatici e la sua ironia... ho quasi il dubbio di stare sul cazzo a quel genere di gente :\
    (isso)

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  2. beh, in effetti a me stai sul cazzo ;)
    ah ah ah

    (si scherza eh... io mica c'ho i capelli così)

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  3. Beh, Isso, può darsi semplicemente che un amico con siffatte caratteristiche tu non l'abbia ancora incontrato (e giustamente ti possono anche girare le palle per questo)...per incontrarsi davvero -e non urtarsi e basta- ci vuole del dannato tempo, e sì, anche di "questo" tempo ce ne lasciano sempre meno. Comunque mi rifiuto di credere che tu possa stare sul cazzo ai Caparezziani, i quali apprezzerebbero di sicuro la persona che sei ;)

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È l'ultima cosa che potrete dire in questo posto. Pensateci bene prima di scrivere le solite cazzate...