26.1.12

Costruir su macerie o mantenermi vivo


Avrei dovuto forse?
Cioè dico, avrei dovuto davvero inseguirla quella felicità?
Quella dei sogni? Quella del vorrei assolutamente? Quella dell'adesso strizzo forte le palpebre e mi concentro e si avvera?

Non lo so da dove sia entrato questo discorso, magari al tavolino di un bar dicendo di sfuggita che io sogni non ne ho mai avuti?
Un vanto? Una condanna? Una debolezza?

Eppure, percorrendo controcorrente i fiumi della memoria non trovo mica niente.
Niente che non mi sia capitato così, per il gusto delle cose quando capitano.

Ma cercato, no dico, ardentemente desiderato, sognato febbrilmente, voluto.
No, di quello nulla.
Oppure sì, forse sono quelle immagini che si arrampicavano al contrario risalendo la punta della penna, forse quegli istanti gocciolanti di ricordi che ti attendono in agguato nel dormiveglia.

Così adesso.

Mi ricordo di aver letto questo un giorno:
"Forse, ogni tanto, bisognerebbe proprio che qualcuno dei bambini che conosciamo - stufi di sentirsi chiedere in continuazione: "Che cosa vuoi fare da grande? Dimmi che cosa vuoi fare da grande” - ci prendesse in disparte, e senza tanti giri di parole, guardandoci dritto negli occhi ci chiedesse:
"Ma tu, piuttosto, tu, si può sapere che cosa hai fatto tu, da grande? 
Che cosa ne è stato di quel senso di infinito che ti prendeva ogni anno, alla fine della scuola, davanti alla distesa sterminata di un'intera estate? 
Che cosa ne hai fatto tu dei tuoi sogni, ma quelli veri, quelli che contano: gli specchi da attraversare, i mondi alla rovescia, i paesi delle meraviglie, i rifugi segreti, gli amici immaginari, le carte magiche, i voli, tutte quelle cose che ti stanno dentro, e ti nutrono l'anima, e ti fanno sentire voluto bene da te...Che cosa ne hai fatto, tu, del tuo tempo?". (Lella Costa - Una meraviglia di paese)

E me lo sono chiesto che ne ho fatto del mio tempo.
Perché non l'ho mai cercato di sapere davvero cosa avrei voluto fare da grande. 
Mai un'aspettativa, io.
Alle elementari facevo i conti e pensavo che nel 2000 mi sarei laureato. A 24 anni.

Non è successo, così come sicuramente è successo tutto ciò che nel tempo mi son detto non sarebbe accaduto mai.

E il mio tempo spesso l'ho odiato, probabilmente come l'unica cosa al mondo che avrei saputo odiare. Ma mai l'ho tradito. Io, così infedele a me stesso, quel tempo l'ho sempre rispettato. L'ho alimentato di inutilità deliziose, sfacciati diversivi, improponibili elucubrazioni.
L'ho dato più che preso, collezionando attimi fino a non sentirli più nemmeno miei, mutando l'appartenenza, l'assenza, l'incostanza.

E mi sono fermato. Spesso.
Non come quelli che dicono 'io non mi fermo mai'.

E a tornare indietro rifarei tutto, e anche tutto il resto.
A poter tornare indietro mi sbizzarrirei con me, così come ho fatto già.
A tornare indietro tornerei indietro di nuovo, e di nuovo, e ancora. 
A sapere come sarebbe andata.
Mi manca sempre il sapere come sarebbe andata.

3 commenti:

  1. Oh, un altro che ha la nostalgia delle vite non vissute... fratello! :-)

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  2. beh, io ho nostalgia anche di quelle vissute ^_^ (non dico sorella per non dover trattenermi da qualche pensiero incestuoso ;) )

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  3. Mettiamola così...il tuo sarebbe semplicemente amore fraterno, no? ^_^

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