19.11.12

Un polpo alla gola ovvero zero ricalcare


Chi ha la mia età se lo ricorda.
Vorrei dire che sembra ieri, ma non lo è. E non lo sembra, no.
Però ritorna ai pensieri con quel brivido che solo il ricordo di una sensazione sa destare.

Primi anni novanta, ne parlavano tutti.
Ne parlavano i giornali, le tv, i ragazzini incancreniti sui videogiochi al bar, le mamme, ne parlavano le mamme, e noi.

Noi ne parlavamo con quella luce negli occhi che solo la fiamma della passione ha la capacità accendere.

Io ero uno di quelli che non ne aveva mai preso uno. Inverno 1991.
Inverno/inferno, si è iniziato a scherzare così da quel giorno.

Insomma, a un certo punto della tua vita capita che arriva qualcuno che parla con te con un linguaggio che nessuno aveva mai utilizzato.
Ti dice le tue cose, quello che sei, quello che vorresti e non sai, che potresti e non sei.
Tu sei lì, perso nel mondo come tutti, in cerca di un significato per troppe cose, lo stesso significato per tutte le cose, ecco, sei lì e arriva uno che fa fumetti e ti affascina.

Ti affascina perché lo senti che in mezzo a tutto quell'aggrovigliarsi di chine nere sta parlando di sé. E non è finzione, no, perché lo percepisci quando le cose sono vere. Parla di sé, di quel che non va, di quel che sente che non va, e pare che ti stia dicendo che lo sa, lo sa che anche tu che sei lì con quelle pagine sporche tra le mani senti quelle cose e ti ci ritrovi. Capisci qual è il messaggio velato tra le vignette e ti coccoli in quel tuo farne parte, e partecipi anche tu a quel gioco di autopsicanalizzazione, consumi le tue angosce leggendo così come chi ha scritto ha consumato le sue.

O forse erano loro, le angosce, a consumare entrambi. Non lo so.

So che c'era quella poesia che mi accompagnava, il gusto accogliente delle citazioni, dei rimandi.
Il riferimento al conosciuto per palesare gli aspetti più indecifrabili dell'inconscio, della realtà, dell'irrealtà addirittura.

Sembrava tutto facile quando ho deciso di scrivere questo pezzo, e invece mi ritrovo qui impantanato su una strada percorsa troppi anni fa.

È che quegli elementi, insomma, quegli elementi io (e ne parlo con gli occhi di uno che stavolta non ce l'ha quella fiamma) in Zerocalcare li ho ritrovati.

Perché se mi guardo intorno, anzi se mi guardo indietro, l'impressione è proprio che fino a oggi da quel Dylan Dog, da quell'illuminato Tiziano Sclavi, da quei racconti accoglienti e plebiscitari, non ci sia stato nulla di simile se non questo Zerocalcare.

Contesto differente, fumetto differente, poetica differente, eppure risultato simile.

(ho anche cercato in giro per l'internet se qualcuno avesse già fatto questo parallellismo, ma pare che no. Forse sono stupido.)

E la cosa che fa più specie, non so se da un certo punto di vista faccia tristezza ma fa specie,  è che probabilmente il target è rimasto lo stesso.
E il merito di Michele Reich (si chiama così) è stato quello di aver travolto con l'onda del suo Un polpo alla gola anche quei ragazzini del '91 (ora più che trentenni) rimasti immuni all'esplosione dylandoghiana ma soccombuti al fumetto grazie all'opera del fumettista romano.

In questi casi si dice fenomeno. E lo è.

Potrei parlarne del libro, sì.
Ma perché?

Serve davvero la recensione del libro di un autore che in questo istante è posizionato qui?
Da notare che al quarto c'è anche l'armadillo!

Un polpo alla gola non ha bisogno di altre parole, è un'opera con cui Zerocalcare ha dimostrato di saper raccontare, di essere ben di più del giochino ammiccante dei personaggi amarcord e della storiella isolata.

Già, La profezia dell'armadillo l'avevo tenuta lì, nel purgatorio delle decisioni, rimandando il giudizio, procrastinando come solo noi trentenni sappiamo fare, deresponsabilizzandoci perfino da noi stessi. Non ero convinto del tutto, avrebbe potuto adagiarsi su quel modus operandi, sarebbe potuto ritornare sulla scena del delitto, magari gli sarebbe venuto bene copiare da sé stesso.

Invece no, mi ha sorpreso.

Ecco, niente. Compratelo.




14 commenti:

  1. ordinato in libreria settimana scorsa. di andare a fumettolandia a udine non avevo voglia. dovrebbe arrivarmi in 'sti giorni poi vedrò. però l'armadillo non l'ho letto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. beh, l'armadillo per certi versi si avvicina di più alle strisce del lunedì. Questo è un romanzo vero e proprio, e di quelli belli.

      Tra l'altro, non l'ho detto nel post ma Zerocalcare è una persona squisita. Gentile e disponibile, e se continua così a forza di star chinato ad autografare libri le cervicali gli diventeranno come plumcake raffermi.

      (ah, hai visto che maicol e mirco hanno messo l'ecommerce nel blog?)

      Elimina
    2. uh grazie! l'altro giorno, cercando, non avevo notato

      Elimina
  2. ah, sì, ma... soccombuti?? ti do il beneficio del dubbio e vado ad informarmi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. beh, per quanto soccombere sia indicato come verbo difettivo, mi pare di ricordare che alcuni vocabolari lo riportano.

      (sorvolo sul doppio punto interrogativo e la d eufonica usata a caso ;) )

      Elimina
    2. sì, sgarfando un po' ho trovato siti che ti danno l'ok e altri che dicono non esista.

      (il doppio interrogativo è perplessità e "a informarmi" scusa ma proprio non mi esce. cioè sì, m'è uscito adesso ma con gran fatica)

      Elimina
    3. eh, per apparire bisogna soffrire ^_^

      Elimina
  3. Sto tentando (invano) di capire il parallelismo con Dylan Dog a cui (fino a circa vent'anni) ero addicted.
    Zerocalcare l'ho scoperto solo da qualche mese e lo seguo nel blog, però avevo già fatto un pensierino sui suoi libri.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh, i parallellismi sono due (ma sono solo nella mia testa ovviamente).

      E non è tanto con Dylan in sé ma con il modo che aveva Sclavi di scrivere Dylan. Quella sorta di psicanalizzazione a mezzo fumetto, una scrittura a suo modo catartica, ricolma di sé stessi, quasi a volersi esorcizzare. E poi quel linguaggio a suo modo nuovo, magicamente sulla stessa lunghezza d'onda di chi legge, con il riutilizzo di figure conosciute ed estrapolate da altri media per creare un ambiente più familiare, prendere per mano il lettore illudendolo di essere in territori conosciuti.

      Ecco, io in Zerocalcare (a suo modo, col suo linguaggio, col suo proprio stile di fare fumetto) percepisco questi elementi.

      Il seconfo parallellismo è sul fenomeno, sull'esplosione, sul tutti lo vogliono. Insomma, quanto manca per vederlo in gigantografia dietro al palco del primo maggio come fu con Dylan al tempo?

      Elimina
    2. ho scritto seconfo, ma volevo scrivere sedonfo

      Elimina
    3. Sì in effetti, ripensandoci con tutti i neuroni, non hai proprio torto.
      Visto che è così disponibile potresti chiederlo direttamente a Zerocalcare no?

      Elimina
    4. Mi stai dando ragione? Devo aver sbagliato qualcosa ^_^

      e che c'è da chiedere? Mica ho detto che si ispira alla poetica sclaviana, solo che per tempi, modi ed effetti me la ricorda

      Elimina
    5. No volevo solo che non ti sentissi stupido ^_^

      Se la ricorda anche a lui...

      Elimina
  4. Secondo me Zerocalcare è proprio genio allo stato puro. Adoro le strisce del lunedì e appena mi sono capitati sottomano, ho comprato in un colpo solo la Profezia e il Polpo. Però a me è piaciuta di più la Profezia devo dire...

    RispondiElimina

È l'ultima cosa che potrete dire in questo posto. Pensateci bene prima di scrivere le solite cazzate...