6.3.13

Alza il volume di questo silenzio (post che avrei voluto scrivere un giorno di marzo del 1993)


La verità è che sei piccola.
Piccola quando ti rannicchi in te stessa a spiare il mondo da sotto quella felpa larga. Raggomitolata nell'indecisione di essere; in bilico costante tra apparire e nascondere.
Nel mistero indelicato del dirsi, scoprirsi, svelarsi. Sei lì.
E sei più di ciò che sei. E sei piccola.

E' una verità da niente, lo so. Ma lo sei.

Così piccola che mi spaventa il sovrastarti, l'avvicinarmi troppo.
Temo un inganno da falsopiano, che all'ultimo passo tu ti possa rivelare talmente minuta da starmi in una mano. E io ho mani incerte, emozionate, idiote.
Ho mani che (incerte) in certe penombre vorrebbero accarezzarti, lo vorrebbero loro, ribellandosi a una ragione spaesata, a un sentimento illuso, non irreale ma dalla realtà distante, come se volasse su un altro piano d'esistenza. Come quei pianetucoli che intersecano il piano dell'eclittica ogni diecimila anni.

Le mani no, le mani loro lo sanno. Per questo ti cercano, e scrivono, e piegano bigliettini che loro stesse nascondono per farti trovare, e frugano nelle tasche di un cuore disordinato, di una mente inadeguata, forse stupida. No, di sicuro stupida.

E' che le mani percepiscono ciò che sei senza guardarti.
Che se ti vedessero, allora anche loro si smarrirebbero, ammutolite in quel silenzio che solo le cose belle si meritano.
Sarà che uno a quindici anni s'illude d'averlo capito che cos'è il bello, cos'è per lui.
Insomma, non sarà poi tanta ma la vita l'ho vista. Poi arrivi tu e sparigli ogni certezza.
E frana qualunque pensiero fatto fino all'attimo prima del tuo sorriso, rovinosamente crollano canoni, parametri, convinzioni.
Inaspettatamente mi sono reso conto dell'esistenza di un oltre, la percezione di una bellezza che travalica il senso stesso della mia sopportazione. Continuo a usare la parola bello, nessuno sforzo di evolvere in un sinonimo, non avrebbe senso, non in questo contesto, ché sei bellezza primordiale, basica, atavica addirittura.

Ho compreso finalmente Dante, Petrarca, Cavalcanti. Non servivano i libri. Li ho compresi e li ho odiati.
Perché è così, non è nemmeno concipibile il tentare, nemmeno la speranza. Ci si convince subito di questo, è l'istinto forse. Un imbroglio è, solo questo (ma 'sta cosa la capirò solo dopo, molti anni dopo).

E mi rimane il silenzio.

5 commenti:

  1. Te secondo me hai capito cosa piace sentirsi dire... Te secondo me hai capito che a (certe) donne fa piacere sto' tremore imbarazzato in un corpo dal quale non te l'aspetti!
    E devo dire che non mi interessa se lo scrivi solo perché sai che la cosa "arriva" (dopotutto saranno affari tuoi) mi piace chi scrive bene, a prescindere da cosa questi ha capito o meno.

    (è un complimento, ma i miei complimenti sono come le battute loffie, non li capisce mai nessuno... perciò...)

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    1. ma guarda, se avessi mai capito davvero qualcosa, non sarei qui dopo vent'anni a ripensare fuori tempo massimo a parole che non solo non ho detto, ma che non sono nemmeno stato in grado di mettere in ordine corretto pur avendole dentro.

      Detto ciò, non sono davvero in grado di calcolare niente, quindi è tutto casuale. Che poi, è che non sono capace di raccontare le storie, ché il modo in cui sono arrivato a scriverlo lo sarebbe anche, di quele belle dico.

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  2. Bè... allora tanto di cappello, ripeto, a prescindere davvero dai fatti della tua esistenza, qui, ora, sei stato capace quantomeno di far arrivare un concetto, in modo compiuto, piuttosto preciso.
    Il resto lo sai tu e non devi certo spiegare a me, che sono una tizia di poco conto su un blog, se hai o meno "capito davvero" :)

    Quello che scrivi a me arriva chiaro, compiuto, come un fatto dell'animo, taciuto o dichiarato, ma comunque vivo.

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  3. l'indirizzo per mandarti i 50 euro è sempre lo stesso?

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È l'ultima cosa che potrete dire in questo posto. Pensateci bene prima di scrivere le solite cazzate...