ovvero l'imprescindibile necessità di scrivere qualcosa (nell'attesa di una buona idea)
e comunque questo blog si sarebbe dovuto chiamare "dalla Parte di Topper Harley"
27.4.12
Se Sparta piange...
Speravo.
Titolista dell'ANSA è sicuro
che il lavoro al giornale è un ripiego,
tu volevi dell'altro in futuro
e si vede, e adesso ti spiego.
Mi ricordo che già da fanciullo
ti esibivi in fronte al parentado,
anelavi la Sai l'ultima e Emilio,
Zelig o al limite anche Colorado.
Tu volevi far ridere il mondo,
con pungenti e sagaci freddure.
Hai pensato, magari, che in fondo
un bel giallo potesse sdrammatizzare.
La battuta era vecchia che cazzi,
ma i cinesi son gialli perfino,
se da Carlin ha copiato Luttazzi
tu puoi farlo dal Bagaglino!
Titolista dell'ANSA mi spiace,
che il tuo sogno neancora si avvera,
per domani c'è chi suggerisce:
Un Ghanese in cronaca Nera.
(F. Guccini)
26.4.12
Sa sa sa... prova... prova... Sa
Ma come potrà mai essere un post scritto col cellulare e pubblicato con l'applicazione blogger per Android?
Sarà forse più sagace? Magari più divertente? Forse più cupo? O più pungente?
In realtà scrivere col telefono è solo più una rottura di cazzo, ma toccava provare anche questa prima di riappoggiare le dita sulla consolante tastiera dell'Olivetti M24 con cui sono solito comporre le mie allegre facezie.
Ecco, questo è un post di prova.
Inutile, precario, in bilico tra la dimenticanza e l'agonia.
Come questo aprile. Sempre così troppo vicino a ciò che sono.
Dovrei scrivere una mail, un sms, un whatsup, dovrei farmi sentire da tu e tu e tu, che passate ogni tanto e ci penso e dovrei. Ma come fare se è ancora aprile?
Comunque questa è solo una prova. Come sempre.
Prova foto
24.4.12
lacrime d'aprile
Lo so, ben tre giorni senza scrivere.
Stanno già arrivando le prime mail inferocite dei fan. Addirittura un telegramma, stamattina.
E dove sei sparito? E pacman non lo fai più? Ma i fumetti? Io venivo qui solo per i fumetti? Ma ne hai ancora di quelle porcate con la gente che si scopa gli alberi? E i matrimoni gay? Avevi detto che ne scrivevi? E quei cento euro che non mi hai più ridato? Ma in quel nudo artistico che mi hai mandato perché ce l'hai nero? L'avrai mica photoshoppato?
Essendo padrone assoluto e becero tiranno di questo spazio, non me ne curo più di tanto... Tanto so che nel mio blog non attecchirà mai il malinconico fallimento della democrazia (dico così perché so che c'è a chi piace).
Vabbé, non sono una di quelle persone che ha sempre qualcosa da dire, anzi. Quindi non dico niente e a posto così.
Ciao
Che poi ero indeciso se parlare del doodle di oggi
o se commentare l'allusivissima foto che Repubblica.it c'ha cordialmente regalato ieri
Voilà
Ah, a proposito di bukkake.
No, niente dai...
21.4.12
H gare
Ogni tanto leggo i giornali
Che mi vien da pensare, ma a 'sto punto non è che fai più bella figura a dire sì vabbé eran quattro puttanoni, ma che volete, noi c'abbiam tutti settant'anni e se non si fa finta di scopare così come lo si fa? Che d'accordo che le donne son tutte un po' esibizioniste, ma non tanto esibizioniste da calarla a gratis a uno stuolo di vecchiacci incravattati che quando sentono qualcosa ingrossarsi lì sotto di solito è la prostata.
E comunque si sa che a noi Italiani piace la competizione, gare, tornei, campionati, coppe, gironi (cioè, c'è il girone all'italiana, vorrà pur dire qualcosa).
Gare di burlesque. Perché abbiamo il viziaccio di essere esterofili, che ci volete fare? L'italiano sarà anche una lingua meravigliosa, eppure gara di troie chissà come mai, stonava.
(ah, infinito rispetto per il burlesque che ovviamente nulla c'entra con certe stonature e che ahimé è stato citato stranamente a vanvera. Dita Von Teese santa subito)
[spazio per una foto di Dita Von Teese che non metterò perché è mia e solo mia!]
Però se l'ha detto lui che è un imprenditore del gioco, quello che ha portato il Milan dalla serie B all'Olimpo del calcio, allora forse c'è qualcosa che a noi ancora sfugge. E se le gare di burlesque fossero il futuro?
- No, oggi non posso che c'ho un torneo di burlesque con i colleghi dell'ufficio e dobbiamo ancora decidere se mettere il perizoma o le culotte
- Ieri mia nonna ha battuto il record regionale over 70 di giri del fiocco copricapezzoli, l'ha tenuto in movimento per 14 ore di fila, poi si è pisciata addosso
- E così in semifinale ci siamo ritrovati quelle dell'anno scorso, sembrava quasi persa eh, ma con un uno-due di tette abbiamo conquistato la finale
- E niente, per colpa della Von Teese che ha perso in casa alla gara di bagno in coppa di champagne, ho fatto 12 alla burlesquina
- Non so se iscrivere il piccolo a calcio o a burlesque
- La coppa del torneo di burlesque di quest'anno è una coppa C
E via dicendo...
Comunque il trucco l'ho capito: per qualsiasi troiata basta dire che è una gara di [aggiungere parola straniera] e il gioco è fatto.
Gara di snorkeling |
Gara di pony |
Gara di tetris |
Gara di stretching |
Gara di decoupage |
Gara di Heimlich |
Gara di Extreme Snorkeling |
20.4.12
Monumento ai canuti
Io vengo da lì.
Da quel fondo di strada che la nebbia ha cancellato dalla memoria dell'estate.
Vedi laggiù? C'erano solo campi di barbabietole dietro a quel fosso. E ora?
Ora il progresso è arrivato anche qui. Campi di colza.
Vengo da un'illusione polverosa di segatura e sole, dall'ottimismo clericale di certe domeniche ronzanti d'insetti e novantesimominuto.
Nascono da lì le parole, dal rumoroso sottofondo di gasolii bruciati, dal vociare monotono dei bar, dall'irrisolto vagare tra le pagine di una biblioteca.
Partorito nell'eventualità del giusto, figlio disonorato di una noia irrequieta. Cresciuto sui pedali, morto sopravvivendo al baratro dell'uniformità.
Vengo da lì. Dall'inesatto sovrapporsi dei pomeriggi, credendo che fosse normale, da lì, dove sono stati generati e degenerati i miei ricordi. Le mie presenze. Loro.
Vecchi.
Non c'è altro. Non più.
E vengo da lì.
L'entaglement crudele dell'irrimediabilità.
19.4.12
Una botta di culo
Piove.
E' arrivata così, come se toccasse davvero a lei. Nessun fronzolo, solo lavoro.
Professionalità. Null'altro.
Un semplice tuono ad aprire le porte a quel vento basso che si riempie di terra umida, un cane che ti offre l'addome a mendicare carezze svogliate.
Come questa pioggia d'ordinaria amministrazione.
Mi hanno sbattuto la macchina.
Piove.
Arrivo in parcheggio, faccio il giro per caricare la borsa della palestra e lo vedo.
Il lampione lì di fianco sembra illuminare solo quello sfregio, la luce rimbalza tra le pieghe accartocciate della sua pelle liscia di metallo e le gocce scivolano su quella ferita come lacrime a celebrare il dolore urlante della carrozzeria. Persino una musica lieve rincorre quel fascio di luminoso, lo abbraccia pulsando e respirando allo stesso tempo, è Jeff Buckley che canta Hallelujah, arriva dal cielo anche questa melodia.
Un cazzo, ho lasciato la porta aperta: è l'autoradio... e piove e il lampione punta qui perché il vento lo sta per sradicare. Eppure sono ipnotizzato da quell'ammaccatura.
Non mi dà nemmeno fastidio, capita. E poi è una macchina, nuova per carità, ma pur sempre una macchina.
(potrei usare dei sinonimi lo so, automobile mezzo veicolo vettura. non mi va).
Chissà, magari un lampo ha accecato il guidatore, o forse ha sterzato di colpo per salvare un riccio.
E se fosse stata un'astronave?
Non siamo soli, si sa, e certi alieni sono dei cafoni tra l'altro... manco un bigliettino, per dire. Uno "scusa ma piove".
Comunque io sono incantato.
Mi avvicino.
Mi avvicino e capisco.
E' un'immagine che mi rimbalza nella mente, solleva la polvere dei ricordi in disuso.
La riconosco.
Ancora tu.
Ti avevo nascosto nel fondo di un cassetto, era finita tra me e tu, ricordi?
Cosa ti ho detto l'ultima volta? Non ti credo, non più, non siamo fatti per stare insieme.
Ed eccoti qui, a punirmi, attaccarmi, castigarmi.
Non ti era bastato illudermi, vero Jonathan?
Eri un cazzo di guru e io c'ero cascato. Nessun limite.
Il nostro mantra, l'utopia che si traveste da reale, ma lo fa in modo così approssimativo da divenire beffa, illusione.
Solo quando si ama troppo si riesce a rinnegare così ardentemente, e io e te non abbiamo più niente da dirci, capisci?
Ore, giorni, sogni, da stringere tra le dita nell'ammaliante lucentezza delle pagine patinate.
E la libertà.
E tu che ti ostinavi a dirmi che la libertà è non avere limiti, essere diversi, ostinarsi in quell'idea sbagliata ma tua... e la intuivo la dissonanza, ma quel vento in picchiata da 2000 metri mi confondeva, lo ammetto.
Qualche anno fa scrissi "Il giorno che ho ucciso Jonathan Livingston".
Non è un racconto e nemmeno una poesia. No, non è un romanzo. E' un titolo. Ho scritto un titolo, perché bastava quello, non c'era nient'altro da dire di quel giorno.
Solo che ci voleva, è forse da lì che sono ripartito.
Illusioni.
Ecco ribellati, invadi questa mia quotidianità, affrontami.
Non si sta così bene da reietti, eh? Tieniti pure la soddisfazione di avermi distrutto la macchina (autoveicolo), ma renditi conto stavolta che quei limiti ci sono, devono esserci.
La libertà è averli quei limiti. E l'estasi è inciamparvi con meraviglia, non infrangerli con ostinazione.
Volare. Ti sei sempre perso in quelle evoluzioni, perdendoti e perdendo.
Ma va bene così, per te. Per me no, ma già lo sai. Jonathan.
Io non volo più con te...
Fanculo, Jonathan Livingston.
E della macchina (automezzo), non me ne frega un cazzo!
18.4.12
Divisi
Davvero era questo?
Sono serio... davvero siamo stati uno sbaglio?
Quanta vita ho versato nel vaso già colmo del nostro bastarci, quanto eccedersi.
Ogni rivolo il fuggevole limite di un morbido inganno. Ogni bacio un abbaglio, abbiam detto.
E c'ho creduto. A noi più che in noi, il narrare più che l'essere. Inventarsi.
Stranieri del non oltre, questuanti al cospetto di un'infelicità consolante, promesse mantenute le emozioni.
Onesto questo ignorarci,
sincera l'impavida noncuranza del presenziare.
Evitando di evitare.
Perché siamo fatti per apprenderci, magari irretirci. Io irritarti.
Perché di un artificioso tutto rimane la densa carezza di un fedele niente.
E ci osserviamo in questa asimmetria di visi.
16.4.12
Vengo dopo il pc
Eravamo forti con le cassettine, con le fotocopie dei maghi eravamo, ma a copiare i file... non fa proprio per noi.
Noi che se ci dici 'chiudi tutte le finestre ed esci', ci alziamo, tiriamo giù le tapparelle e ci dirigiamo verso la porta.
Noi che per i virus facciamo gli impacchi col brodo di pollo, che me lo diceva sempre mia nonna.
Noi che se Fiorello si toglie da Twitter è un segno dell'apocalisse. E ci facciamo due contatti per followerare Fabio Volo.
Noi che come cazzo si fa il cuoricino su facebook.
Noi che Millennium Bug è una borsa di Prada.
Noi che chiocciola.
Noi che se clicchiamo il link a quell'articolo finiamo qui
Giuro, l'ho provato due volte.
Beh, almeno stavolta non hanno scritto una cazzata! E' proprio vero, con l'informatica proprio non siamo capaci.
14.4.12
Arriva Cristina
Era una notte buia e tempestosa, ieri sera dico.
L'inverno bussava alle nostre porte con la sua coltre grigia e gelida.
In questi frangenti c'è un solo modo per riscaldare la serata.
Sia ben chiaro, a me i concerti 'nsomma non è che mi stiano sempre molto simpatici, a un certo punto mi distraggo e non li seguo più.
Ma ieri mi sono messo i calzoncini corti, pettinato con la riga in parte e sono saltato a cavallo della mia saltafoss per andare ad ascoltare Cristina.
A dire il vero eravamo in otto, tutti sulle nostre biciclettine con i tappi e la carta da gioco tra i raggi a rombare...
Lo spettacolo era fatto apposta per noi.
Lei, il sogno erotico di ogni ragazzino cresciuto negli anni '80, che canta le nostre canzoni (le nostre, non quella roba che ascoltano i bambini di adesso che a noi non ci piace), i GemBoy che fanno i GemBoy ma neanche più di tanto (e questo è un bene! e non perché Carletto & co. non siano bravi, è che questa era un'altra cosa. Ma Just my imagination l'avrei ascoltata volentieri), e un ammasso di trentenni freudianamente regrediti a consolarsi non tanto nei ricordi, ma più che altro nei postumi di quella Cura Ludovico che è stata la nostra infanzia (e sia ben chiaro, lo sto dicendo come se fosse una cosa positiva. E lo è).
E mentre eravamo lì in trepidante attesa, venivamo travolti dalla riffa del vorrei.
Rivolti verso il palco come a un altare, ognuno bruciava la sua candelina di speranza è si ingraziava gli dei della Fonit Cetra perché la divina eseguisse la sua canzone preferita.
Mila e Shiro, fatta.
Saylor Moon, fatta.
Lupin, no Lupin non è di Cristina. Ma sì, ce n'è una di Casadei e una di Cristina. Non sai un cazzo, di' una canzone vera. Pollon, fatta.
E' quasi magia Johnny, fatta.
Kiss me Licia, fatta.
Memole, fatta.
Mila e Shiro, nooo già prenotata. Allora i Puffi, fatta.
E fanno sette.
Poi c'era un bambino, un po' in disparte, con quell'aria da uno che si è già rotto il cazzo della vita e proprio per questo deve per forza diresempre la cosa meno seria che gli passa per la testa.
(Naturalmente non sono io, noooo...)
E tu? Che canzone vuoi?
Ken Shiro.
Ecco, come si fa a non volerle bene...
(Cri, per quella vecchia storia del film porno, beh, quando vuoi io sono qui... sono 1,86 castano, maschile, fisico da rugbysta, no perditempo, ampio parcheggio)
13.4.12
Struca el boton
Un bottone in mezzo a una piazza deserta.
Basta premerlo per scatenare il dramma!
Ringrazierò per sempre La7 che, mentre mandava in diretta la tragedia napoletana di Bergamo dell'altro giorno, titolava 'Inside Titanic'... no, per dire.
12.4.12
Facecook: l'angolo cottura del mercoledì 16
La verità è che ho sempre meno tempo.
La novità è che ne avrò sempre meno.
La crudeltà è che è davvero così.
La specialità sono le polpette di tacchino che mi appresto a fare. A presto.
Ché quando non c'è tempo, non si sa cosa scrivere e le idee vacillano, cucinare è l'inevitabile refugium peccatorum.
E la citazione latina l'abbiamo fatta e con questo siamo a posto. Anzi, visto che c'è mi gioco subito anche il solito ATtacchino e così anche la parentesi comica la segnamo come fatta.
Io non ce volevo venì, m'hanno 'ngannato... M'hanno detto che era per il ringraziamento. Povero me, metà chino, me tapino... Vabbè basta! |
Veniamo al sodo (no, niente uova)... veniamo al nocciolo (no, niente olive)... insomma, veniamo al dunque (ah! ah!).
Il titolo è: Polpettine di tacchino alle spezie con salsa a piacere.
Prendiamo un tacchino. E delle spezie. (mamma che voglia di fare un cazzo oggi. Prendiamo un tacchino da polpette e spolpettiamolo...)
Seri!
Prendiamo del macinato di tacchino e ripassiamolo in punta di coltello. Mettiamolo in padella con un filo d'olio, dell'aglio, sale e pepe a garganella.
Nel mentre facciamo rosolare mezza cipolla con curry, paprika dolce, erba cipollina, un po' di menta e un cucchiaino di miso.
Nello stesso mentre (ci sono 11 universi paralleli e un paio di perpendicolari, non rompete il cazzo!) ammollate con del brodo quel pane raffermo (magari azzimo) che avete avanzato dalla Pasqua.
Ora, fate collassare l'universo del pane raffermo in quello della cipolla. 'na roba alla Fringe tanto per capirci.
Ora dite: ochetipocheti...uochetitu..higitus figitus... (no, è che mi mancava il riferimento al soprannaturale. E' obbligatorio per i post di cucina.)
Ora, il tacchino è quasi cotto. E' il momento della carrambata.
Non si vedevano da quando erano bambini, e adesso il pane e il tacchino sooono quiiii!
Facciamoli abbracciare a fiamma dolce dolce, non devono seccarsi...
Pane e tacchino in una rara foto d'epoca |
Bon. Ora inumidiamoci le mani e formiamo delle polpettine che andremo a ricoprire integralmente con abbondantissimi semi di sesamo.
Il tutto va poi in forno per una ventina di minuti a 180°C. A me piacciono abbastanza secche all'interno, quindi le tengo anche di più (ma evidentemente sono cazzi miei...)
Naturalmente non vi farò aspettare 20 minuti.
Come Alessandro Borghese, anch'io ho già il piatto pronto preparato da qualcun altro
Grazie zio Andy... |
Un rapido giro degli ospiti di questa sera
Apriti sesam...ehm,no... Ite missa est (qveste cazzo di formule magiche!) |
Meehehe! |
Ma figurati, in un quarto d'ora ho fatto tutto! |
MI SPALM!