28.2.14

Addio mostri sorgenti...


Da ieri è in edicola il Dylan Dog numero 330, Una magnifica creatura.
Ci sono dei bei disegni di Giammarco Nizzoli, di quella linea chiara che sta così bene su Dylan e che ci riporta indietro ai tempi di ESP (ah, che giovane e piacente che ero...)

I moralisti non si preoccupino, in stampa è stato censurato così

E c'è una storietta che fila via liscia liscia, con Dylan che moralizza, le temibili lobby farmaceutiche che vogliono fare gli esperimenti, tutti che fanno la figura dei coglioni e lei, Neve, bella come un gioiello e di fatto trattata come tale, con tutti che se la rubano e se la cercano. È una brutta storia? No, come ho detto è piacevole.
È che boh, a me piacciono quelle storie in cui ci sono i mostri. Quelli che fino alla fine non sai se sono mostri loro, se lo sono gli altri che li han resi mostri, se sembrano mostri e dopo invece scopri che sono buoni ma in realtà no sono mostri, se sei mostro tu che leggi e via dicendo. Mi piace l'incertezza etica, il rimuginare sul giusto, su chi è davvero chi, su pietà, odio, pena, ribrezzo. Il momento in cui sono rimasto davvero folgorato da questa testata è quando ti ha infilato uno in seguito all'altro Il ritorno del mostro e Alfa e Omega, 8 e 9. Cioè, per me Dylan Dog è un fumetto di mostri. Poi puoi metterci dentro tutto quel che vuoi, dall'homuncolus ai fantasmi di cavalli zombi (ciao Blacky!), però senza quel concetto impreciso di mostro, vago e incerto, non mi dà la stessa soddisfazione. Magari forse mi piace eh, sia ben chiaro, mica facciamo i talebani qui... però i mostri...

Nathan Never, per dire, dovrebbe essere un fumetto di fantascienza eppure ogni tre per due c'è una crudele ditta farmaceutica/multinazionale/settoredellesercitosfuggitoalcontrollo dove vengono fatti esperimenti per creare mutati/cloni/creature.
Potete quindi capire come ci sono rimasto a rivedermi lo stesso schema anche qui...

(sì lo so, Nathan non c'entra niente è che mi piace fare confusione...)

Insomma, mi stanno sfuggendo di mano i generi.

Comunque, la copertina di quest'ultimo Dylan è deliziosa. in edicola sovrastava qualunque altra cover di qualsiasi altra rivista (a parte Stantuffami, ma le copertine di Stantuffami si sa sono storia a parte!).
Solo che a me vedermi 'sta pagina in bianco e nero con un unico particolare colorato mi viene in mente subito La settimana enigmistica. Oh, è colpa mia lo ammetto!

Il corvo parlante


Le sette differenze

Il primo che trova le differenze vince ovviamente un premio.

(soluzioni a pag. 46)

25.2.14

Hexakosioihexekontahexafobia


Ieri non l'ho detto per evitare di generare il panico, ma il post pubblicato era il numero seicentosessantasei.
Anche se è passato un giorno fa paura lo stesso, vero? Già, e infatti scrivo questo post non tanto perché io abbia davvero qualcosa da dire, ma più che altro per lasciarmi alle spalle quel brutto momento in cui ho cliccato sul tasto 'pubblica' e immediatamente è apparso quel numerino ad ammaliarmi con le sue inequivocabili proprietà esoteriche.

Perché pare che non ci sia, ma in realtà il 666 è dappertutto eh. O almeno così dicono.







Che a parte quest'ultimo che ce l'ho messo io gli altri sono veri...

Comunque, anche rimanendo nell'ambito puramente matematico il seicentosessantasei è un numero che di sorprese ce ne sa dare.
Per dire: è un numero di Harshas. È cioè divisibile per la somma delle sue cifre. A cosa serve? A niente! Ma vuoi mettere la soddisfazione?
Ed è un numero di Smith, che si chiama così perché il cognato del matematico che l'ha battezzato così si chiamava Smith di cognome e il suo numero di telefono aveva proprio la caratteristica di avere la somma delle cifre uguale alla somma delle cifre della sua fattorizzazione. Splendido no?
Poi è anche un numero triangolare, ma vabbé, quel che più ci interessa è che sia il risultato dell'addizione teosofica dei primi 36 numeri.
1+2+3+4+5+6+7+8+9+10+11+12+13+14+15+16+17+18+19+20+21+22+23+24+25+26+27+28+29+30+31+32+33+34+35+36=666

E per uno che è appena arrivato a 37 anni è comunque un sollievo.

Poi ci sono quelli che dicono che il numero 6 corrisponde alla lettera ebraica W




Quindi WWW, l'internet...
Ma io dico, c'è un posto dove si trova il porno gratis ma vi pare che possa essere l'anticristo?
La bestia? Sì cioè, c'è anche la roba con le bestie, ma basta non guardarla.

Ma quindi?
L'Apocalisse parla chiaro: "Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei."
Numeri e nomi. Numeri che sono nomi.
Per secoli gli studiosi si sono scervellati per decifrare questi versi. Ma io mi chiedo, dove trovare un connubbio del genere se non sulle Pagine Bianche aka elenco del telefono? Numeri e nomi.

E infatti.

Ragioniere. E ce l'avevano anche detto all'ITGC Gino Zappa che sarebbe stato un inferno... pensa te...


24.2.14

E allora niente...


Allora è una parola strana.
Parla al passato ma guarda al futuro.
Pesca tra i ricordi, in un attimo andato, magari non perso ma inevitabilmente già andato. Pesca tra i ricordi, fissando il giusto istante, la precisa collocazione temporale di un momento e la recupera giocando di mulinello come i pescatori di marlin, allentando la lenza dei ragionamenti fino a stremare la memoria.
Vive in quel tempo, definito e illusorio come nelle canzoni. C'era lei allora, ricordi?

Eppure nasconde un'urgenza di immediatezza, la supponente bramosia del sùbito che si contrappone alla recalcitrante timidezza del subìto. E allora ti muovi? Lo ripeteva ogni volta. Era il mantra con cui si aggrappava al suo minuscolo dopo, al suo futuro di un minuto, qualche spicciolo di secondo che tintinnava nelle tasche ricolme della sua incertezza.

Allora.
Mi chiederei quanto tempo è passato se ne fosse passato.
Allora aspettami, congiunzione conclusiva dice la grammatica, eppure niente si è concluso allora poi.

Ed eravamo lì di schiena, ognuno a fissare il proprio allora, lo sguardo perduto in quel claudicante passato io, il naso tra le nebbie danzanti del futuro tu. Senza per un attimo desiderare che ce li scambiassimo quegli allora, che tu vedessi da dove arrivavo e che io sapessi dove avresti voluto andare.

E allora niente, allora e oggi, anzi allora è oggi. Ché passato e futuro si annullano nel presente, e l'unico istante che ci compete è questo che stiamo vivendo.



21.2.14

Credevo di volare e non volo


E risiamo giunti a venerdì. Venerdì che come spesso mi preme ricordare rima con mistero.
Quest'oggi parleremo di un problema spesso sottovalutato, ma che fin dagli albori della storia  del volo si è subdolamente nascosto tra le pieghe della semantica, succhiando come una zecca le vite inconsapevoli di una piccola parte di mondo.

Ora vi spiego.
Accade spesso di sentire al telegiornale di qualche incidente aereo.

Terribile incidente aereo, gravissimo incidente aereo, inconcepibile disastro aereo, tragico scontro aereo e chi più ne ha più ne metta. Insomma se andaste pazientemente a raccogliere come ho fatto io (nelle emeroteche, nei siti specializzati, nei registri delle compagnie, etc...) tutte le notizie riguardanti gli incidenti aerei a partire da Icaro fino a oggi vi accorgereste di una cosa: gli incidenti segnalati sono un numero superiore a quello di tutti i mezzi di trasporto volanti costruiti dall'inizio dell'umanità ai giorni nostri.
Strano eh? Cioè, ci sono stati più incidenti aerei che non aerei. Per la precisione sono circa il 13% in più, e se pensiamo che la maggior parte degli aerei costruiti non subisce incidenti durante tutta la sua vita operativa questa percentuale è davvero impressionante.

Ma come la si spiega?


Ecco. È stato stimato che circa il 43% delle volte in cui appare la notizia di un incidente aereo ci si stia in realtà riferendo a un qualche sinistro avvenuto nel paese di Ereo, una località sperduta sui Monti Erei in provincia di Enna che conta ormai solo un centinaio di abitanti e che si presenta come anomalia statistica dato che dal 1817 (anno in cui per la prima volta il fenomento è stato documentato e trascritto, tra l'altro da J.W. Goethe, che al tempo stava appunto percorrendo sull'isola il suo famoso viaggio in Italia) il numero di incidenti, collisioni, cataclismi, disastri avvenuti in quel territorio di soli 2 km quadrati e a dir poco spaventevole.



Incidente a Ereo, tragico disastro a Ereo, mortale scontro a Ereo.
La popolazione del paese era di circa 10.000 abitanti a inizio '800 (si può quindi dire che era una cittadina florida, centro delle vie commerciali che attraversavano la Sicilia) e negli ultimi 200 anni è quindi diminuita di 100 volte. Il 10.000%.
Emigrazione? Mobilità interna? Bassa natalità? Scomodità di questi paesi di montagna che vengono lentamente abbandonati dai giovani?
No, sono tutti morti in un qualche incidente.

Disastri ferroviari.


Slavine.

Incendi.






Inondazioni.




Addirittura un maxitamponamento tra Ferrari nel 1985.

Non posso mostrarvi i grafici dell'andamento demografico della zona perché sono stati secretati dall'allora Servizio Informativo Militare nel 1928, ma vi posso assicurare che le curve di mortalità legate a un qualche incidente sono davvero notevoli, quasi inquietanti direi dato che oscurano in modo evidente quelle che sono invece le cause principali di mortalità più rilevanti statisticamente a livello nazionale.
Vi basti sapere che dal 1967 a Ereo ci sono stati più morti per collisione con un pezzo di satellite che non per infarto. Solo nei primi mesi di quest'anno sono già avvenuti tre deragliamenti, uno dei quali accaduto a ridosso della scuola primaria annullando di fatto l'intera classe 2^ A indirizzo sperimentale musicale.

Ecco, da oggi in poi quando leggerete qualche titolone sul giornale spero che possiate essere più coscienziosi e magari mandare un pensiero alle vittime di quel tragico incidente a Ereo, che di sicuro c'è stato.



[Come so tutte queste cose? Ho fatto il militare a Pergusa (true story)].

19.2.14

L'amore è cecchino - Orfani 5


Nonostante di Orfani si conosca già il finale, è una lettura che mese dopo mese fa ancora piacere proseguire (come le puntate di Colombo in cui conosci già l'assassino ma ti diverti a vedere come verrà smascherato...)
[Vabbé, ora posso dirlo: quella del finale era uno scherzo. In realtà  <SPOILER> ORFANI è una sigla che sta per "Oh, Rimane Finale Aperto... Nerd Inculatevi!"<\SPOILER>. Minchia se si diverte a trollare 'sto Recchioni!]

Ritornando seri (per quanto possibile) qualche giorno fa è uscito in edicola il quinto episodio della serie: L'uomo con il fucile.

PLAAAAAAGIO!!!!1!!1
Seri.

La mini di 12 episodi si avvicina quindi al giro di boa. I personaggi principali introdotti, le identità degli orfani svelate, ogni dubbio sulle tante incongruenze iniziali ormai confermato. Sì, le cose sono andate forse un po' a rilento ma, tanto per rimanere in ambito velistico, l'impressione data a oggi è che finora si sia proseguito di bolina, lentamente risalendo il  vento per tracciare la traiettoria migliore, seguendo quei segnali che solo se sei sulla barca puoi percepire in anticipo, lasciandoli agli spettatori soltanto dopo il diradarsi di qualche onda schiumosa. E la senzazione che si ha, che forse è solo una speranza ma pare proprio una sensazione, è che arrivati alla virata di metà percorso si cambierà velocità, si spalancherà lo spinnaker per stravolgere la marcia fino a qui intrapresa. Anzi, a dire il vero, arrivati a questo punto, con tutti gli indizi, le allusioni, i dubbi disseminati, potrebbe proprio capitare che si vada a scoprire che la barca non sia nemmeno una barca. Che voli, che si immerga, che si smembri ricomponendosi in qualcos'altro, di nuovo e inaspettato.

Quel che forse è emblematico è che dopo la lettura di ogni numero, quantomeno qui a casa mia, ci si sia sempre detti: beh, mi è piaciuto più del precedente.
Ecco, direi che in questa progressività sta il punto di equilibrio della serie, lo spartiacque lungo il cui declivio si è probabilmente connotato, sfoltito, serrato il cosiddetto zoccolo duro dei lettori.
Che non so nemmeno quanti effettivamente siano, spero che si sia riusciti a catturare quel tanto agognato target dei non lettori. Non so.
Perché c'è chi vorrebbe tutto subito, chi è abituato ad altri ritmi, a un altro tipo di serialità, altri personaggi forse, magari in cui immedesimarsi.

È che mentre leggi non ci presti più di tanta attenzione, non subito almeno. Il deficit di empatia ti arriva un po' dopo, mentre ripensi alle pagine che hai appena sfogliato. Cioè, è una sensazione di distacco che ti accompagna durante la lettura ma a cui non riesci subito a dare un'origine. Poi capisci: sono tutti degli psicopatici!
Ragazzini che ammazzano a sangue freddo per vendetta o solo perché è quel che devono fare, soldati addestrati ad annientare senza chiedersi, senza dubitare dell'obbiettivo, giovani la cui esistenza è permeata dalla violenza più efferata, in cui una poco più che bambina sta per essere violentata da un quasi coetaneo, in cui una ragazzina che sta per essere violentata si trasforma in un istante da vittima a carnefice, una crudele, spietata, atroce carnefice, militari spietati, psicologhe psicolabili che coinvolgono gruppi di bambini in non si sa che esperimenti. C'è il male, il male vero in tutti.
E poi ci si chiede perché non si riesce a immedesimarsi.

Fortuna che da 'sto numero c'è Raul.
Che è un discreto figo, e quindi riesco a identificarmi meglio.


Che proprio da lui sembra partire la presa di coscienza, una sorta di risveglio dal torpore militare che prepara quell'apertura di spinnaker presagita prima.
Ecco, succedono un sacco di cose, niente è come sembra, ci sono nuovi cattivi (anche se ormai capire chi sono i buoni sta diventando problematico), ci si ama, ci si odia, c'è chi sparisce e chi ritorna, si cresce, ci si ribella. E tutto a colori.

Niente, aspettiamo il prossimo.

18.2.14

Steve-ali

A me fa ridere 'sta cosa che Steve Jobs abbia sempre detto così tante cose intelligenti.













17.2.14

L'aurea non c'è


Nel 2011 ho scritto una media di 36 post al mese, 20 nel 2012, 15 nel 2013.
La tendenza del 2014 è di circa 12 post al mese.

Questo blog sta decadendo.







Previsionalmente il 2015 si concluderà con circa 11 post al mese di media, poi 10 nel 2016. I numeri parlano chiaro, il calo è costante e progressivo.
Tra l'altro in un primo momento ho pensato alla serie di Fibonacci, la tendenza in effetti era quella e il grafico dello scarto delle differenze sembrava abbastanza lampante nell'evidenziare la cosiddetta sezione aurea.

Avete presente no?, Quella di phi, 1,618, la perfezione, la proporzione divina, la disposizione geometrica delle foglie...
Sarebbe stato abbastanza figo che il decadimento del blog seguisse proprio le regole di tale costante.
Come la Gioconda
il Partenone

la gioia di Lavillenie quando l'altro giorno ha battuto il record del mondo di salto con l'asta. L'asta.
 



Christina Hendricks

Che magari non è che combacia proprio giusta giusta con la sezione aurea, ma la matematica si sa è solo un'approssimazione, insomma mica è una scienza giusta, cioè è come l'economia, è come scienze politiche.

Comunque, ero convinto che il numero dei post seguisse 'sta minchia di regola aurea e mi ero anche già fatto la maglietta con la scritta "Aurea 51 - Ai uant tu biliv", quando a un tratto mi è apparso il me del futuro (ancora discretamente figo) che mi ha detto una frase di Steve Jobs e li ho capito.


14.2.14

T'amo pio love


Vabbé, visto che è San Valentino ho pensato di raccogliervi in giro per la rete un po' di cartoline, tanto per ricordare i bei vecchi tempi quando la posta arrivava ancora in ritardo da sola e non c'era bisogno delle solite scuse su provider, rete bloccata e cartelle dei filtri antispam.

Gli innamorati si sa hanno sempre cose da dirsi. A volte solo con lo sguardo. A volte con le due lineette del test di gravidanza. Ecco, una volta se lo dicevano anche con le cartoline vintage, che però al tempo non erano ancora vintage che ad averlo saputo che erano vintage le avrebbero vendute a più soldi.

Ecco.