27.9.14

#erabelloOrfani


[Scrivo di Orfani anche se non dovrei, perché siamo a Milano, città della Sergio Bonelli Editore, culla del fumetto italiano, e qui non è ancora uscito l'ultimo Dylan Dog!]


Ho letto Orfani.
L'ho letto man mano che usciva in edicola e infatti ne ho anche parlato (Bildungsroman und Drang , Anticipo fratture, L'amore è cecchino, Shakespeare in war).

Poi l'ho riletto. Prima tutto il passato e poi tutto il presente.
Ma non mi convinceva.
Allora ho resettato. Ne ho letti due del passato e uno del futuro, e secondo me funziona già meglio.

Mi sarebbe piaciuto poi provare qualche combinazione strana, magari prima il finale e poi tutto il resto come flashback e flashback del flashback, oppure prima tutto il presente e poi tutto il passato.

Poi ho pensato a chi cazzo me lo faceva fare. Cioè, l'hanno scritto così e me lo leggo così. Altrimenti è come guardarsi Memento al contrario.

L'impressione comunque è che la divisione netta sia stata un po' penalizzante, non tanto la presentazione nello stesso albo di due piani temporali differenti, ma proprio l'intento di dare a entrambi lo stesso peso in ogni storia.

Ecco, dovrei a mettermi a parlare di Orfani ma c'è gente molto più brava e competente di me che l'ha fatto. C'è un'ottima recensione di Matteo Stefanelli qui, tocca con competenza aspetti artistici, stilistici, di mercato, insomma, analizza a 360 gradi la costruzione del fenomeno Orfani.
Poi ci sono delle discussioni davvero interessanti sui forum, tipo qui (ci sono anche tante di quelle stronzate da indurvi una specie di trance autolesionista, un riflesso incondizionato che improvvisamente vi suggerisce di cospargervi di benzina e saltar giù dal posto più alto a cui avete accesso mentre vi accendete una sigaretta. E nemmeno fumate. Quindi state attenti.)

In realtà, al di là di poche cose che ho disseminato qua e là, un giudizio preciso su questa prima stagione io non è che so darmelo davvero.
Orfani non era di sicuro una serie che avevo necessità di leggere, cioè, non ne sentivo la mancanza, non ho colmato un qualche vuoto interiore, non è stato il fumetto giusto al momento giusto.
Ma d'altronde nemmeno certi libri di Borges, nemmeno Magico Vento, nemmeno la pizza con le melanzane glassate che ho mangiato prima. Eppure sono cose che ho inevitabilmente adorato.

Allora, tanto per chiarire ogni dubbio, Orfani merita di essere letta. E non solo per il suo essere qualcosa di epocale per quel che riguarda il fumetto italiano, con quell'aria un po' spocchiosa da spartiacque che si è ritagliata addosso, coi colori veri e non quelle robe piatte che sembrano fatte riempiendo i numerini come i libri per bambini, con una storia che scivola giù inesorabile come un tronco lungo un torrente, impetuosa, violenta, travolgendo quel che incontra, nel sangue, nel dolore, nella crudeltà del rumore tragico delle cose che si spezzano.
Merita di essere letta perché ha qualcosa da dire. Perché ha una strada tracciata che ti invita a seguire, la percorre indefessamente nonostante le deviazioni che essa stesso si propone, come a voler periodicamente testare la propria forza di volontà, la propria costanza nel seguire ciò che ci si era prefissati.

Adesso dico qual è secondo me la cosa che non funziona in Orfani. E la dico ben conscio che in certi contesti avrei additato la stessa caratteristica come un pregio, come il plus che mi ha fatto innamorare di quel determinato racconto.
Ecco, secondo me la storia è troppo esposta a essere soggetta a più livelli di lettura. 

E quando dico più non mi limito a quelli che forse l'autore ha pensato di inserire in scrittura, no, io intendo proprio che è un racconto che nel suo dipanarsi può essere introiettato da qualunque lettore e fatto in qualche modo proprio. Le variabili che portano a questo sono differenti e tendenzialmente si potrebbero riassumere nell'affermazione che è una storia figlia di questo tempo, dell'abbattimento delle barriere scrittore\lettore, dello stupro digitale dei gradi di separazione.
Il fatto è che nella sua serialità la trama è talmente liquida ed equivocabile che inconsciamente si vorrebbe che procedesse nel modo in cui ci aspettiamo, scardinando quindi quel processo di fiducia che si dovrebbe stabilire nel lasciarsi condurre per mano attraverso ciò che chi scrive vuole raccontare.

Ripeto, è una caratteristica che di per sé non è un difetto. Non per tutte le storie almeno.
Eppure l'impressione, la mia eh sia ben chiaro, è che in questo contesto sarebbe servito un qualcosa di più rude, asciutto, una cosa tipo: ecco, questa è la storia leggetela, non avrete spazio per fantasticarci, non c'è un margine di sindacabilità, quel che leggerete è ciò che c'è e finità lì.

(lo so che che non vuol dire un cazzo eh, mica li conosco i meccanismi per cui quando leggi pensi a una cosa o a un'altra, per cui una frase è sempre ciò che è oppure ci costringe a ragionare a quel che avrebbe voluto dire l'autore)

Ecco, a me sarebbe piaciuto che Orfani si fosse fatta leggere senza l'eco del pensiero di cosa intendeva rappresentare l'autore in questo o in quel determinato contesto. E mi rendo conto che la colpa è soprattutto mia, mi capita anche in altre situazioni, con Murakami mi succede sempre per dire, o con Eco spesso.
Solo che, mentre per esempio di quel che avesse intesta Murakami mentre scriveva quel che sto leggendo non riesco a non interessarmi, a me di quel che pensava Recchioni quando scriveva Orfani non me ne frega un cazzo (ma nemmeno di Eco eh, tanto per livellare la cosa), vorrei leggere solamente la storia, magari in modo piatto, rapito da un "banale" intrattenimento. Eppure per un motivo o per l'altro non mi è riuscito di riuscirci.

Quindi così, se ti travolge questo meccanismo è ovvio che la cosa non può funzionare fino in fondo.
Perché si parla di loro

Che si sfidano a pagina 20 del primo numero, accettano le regole del duello, si mettono di schiena e camminano fino all'ultimo albo, dove li vediamo ancora lì, a reggersi lo sguardo, a odiare ciò che è l'altro, ad amare ciò che rappresenta.
E nel mezzo, a ogni passo, la storia di tutte quelle distruzioni. Della Terra, dell'innocenza, dei rapporti umani, degli amori, delle amicizie, della fiducia, dell'illusione, della dignità. Tutto inevitabilmente destinato alla deflagrazione, a una lenta o rapida corrosione.

Parlerebbe di questo, eppure per me, per tutto quel che ho detto prima, è la storia di Jimbo.
Umano e debole fin dal primo numero, eppure ligio a ciò che è, figlio di quel mondo senza speranza.
Lui che c'è, che sopravvive senza iniezioni potenziatrici.
Per fortuna forse, oppure per ricordarci che spostando gli occhi dal centro del quadro rischiamo sempre di meravigliarci di certi particolari così unici nella loro semplicità.
Jimbo è nell'economia della storia utile come i tozzi di pane dipinti sul desco del Cenacolo: la rende vera.






Dunque, se vi capita di voler leggere Orfani fatelo. Ne vale la pena. E leggeteci ciò che volete.
E se vi capita pensate Jimbo, spendete un attimo per lui, per la sua mediocrità se volete, e pensate a ciò che ha visto, ai mostri alieni che gli infestavano la testa, al sangue, ai compagni morti senza trovarci un senso, ai dubbi che non poteva o voleva esporre, alla paura di morire, di essere morto ormai, allo sguardo verso gli orfani, quelli speciali non gli altri come lui, a come ci si sente quando devi esserci comunque, quando il tuo lavoro è l'essere sacrificabile.

Ecco, #erabelloOrfani.


13 commenti:

  1. Orfani merita certamente di esser letta. A prescindere dal fatto che la si consideri epocale o meno (in ogni caso, il coraggio editoriale di questa iniziativa non può essere negato. Tanto più in ambito bonelliano, un prodotto come questo rappresenta un autentico giro di boa). Magari, aggiungo, potrebbe essere recuperata anche da chi -avendo introiettato il racconto con molta, troppa fretta- pensava di aver già previsto il suo svolgimento dal secondo numero, se non addirittura dal primo. Che il credersi più autori degli autori stessi, oltre ad a non aver proprio un cazzo a che fare con un legittimo "de gustibus" (e relativo bagaglio -possibilmente documentato- di elogi o critiche), può far prendere cantonate non da poco...

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    1. secondo me Hector è ancora vivo!

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    2. Hector sì che aveva già capito come stare al mondo (per poco)! Lui non faceva arte...faceva il cadavere!

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    3. e l'orso? vogliamo parlare dell'orso?
      Un veterinario uccide per sbaglio un'orsa che difendeva i suoi cuccioli e lo vogliono linciare.
      Cinue ragazzini uccidono intenzionalmente un orso che voleva solo sbranarli, li fanno supersoldati. Solo in Italia...

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    4. E' una vergogna, davvero.

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  2. La butto lì senza riflettere troppo. Da quanto e come se ne è parlato prima, Orfani non poteva essere nientedimeno che la miglior serie di tutti i tempi. Epocale, come Superman o Topolino. Leggendola cercavo sempre qualcosa che me la rendesse tale, non poteva non soddisfarmi ogni volta, e l'attesa del prossimo numero era perchè doveva arrivare quel qualcosa. E anche io ho pensato di rileggerla, cercando cose nascoste... ma se rileggo qualcosa , tipo Ratman, lo ri-leggo per ri-ridere, non per capire. E poi all'ultimo numero cosa scopro? che ha vinto Mister NO. Totale per me: troppo pretenziosi, bravo Cavenago, bell'uso dei colori (quando servivano), minestrone allungato. E Mister NO di cui attendo la nuova serie a ottobre, che spero sia poi una serie di Mister No, ma penso che a Recchioni non faccia piacere che penso di aver capito che sarà una serie di Mister No e invece è un'altra cosa e mi cambia il personaggio. Comunque il battage mediatico funzion,a perchè sono anche io qui a parlarne come un pirla...
    (forse non ho mai scritto pò...)

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    1. Mi trovavo a una presentazione l'altro giorno (Clown Fatale, ne parlerò...) è c'erano due ragazzini di dieci anni che erano impazziti per Orfani. Ma impazziti proprio ti assicuro.
      Ecco, c'han ragione loro. A prescindere.

      Io l'unico Mister No che riconosco è quello dell'Uomo Tigre... https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcS-trJooO-ZFpS5rWS7Ovo30KNhe204hsN7cRJtKZQ-oul-pTbu

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    2. Ho visto Clown Fatale, manca una copertina di Manara e poi il mercato americano è assicurato...

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    3. In realtà è già uscito in America a inizio anno ;-)

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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