ovvero l'imprescindibile necessità di scrivere qualcosa (nell'attesa di una buona idea)
e comunque questo blog si sarebbe dovuto chiamare "dalla Parte di Topper Harley"
31.3.14
Dei curiosi numerini
C'è una notizia shock che sovente qualcuno condivide nel mare magnum dell'internet.
Ogni volta che la incontro mi fa un po' paura, lo ammetto, e non mi capita mai di trascurarla, no, la rileggo. La rileggo e penso: ma quanto coglione è quello che l'ha condivisa?
Si tratta di numerini.
”Guardate quei numerini rossi….ci avete mai fatto caso? Sapete cosa sono? La maggior parte di voi non lo sa e ve lo dico io. 1 2 3 4 5 6 sono i numeri di volte che la legge consente di riutilizzare il prodotto.
Il prodotto che ho preso é della semplice panna con scadenza nel 2014 prodotta alla fine 2012 quindi 2 anni di vita. Poniamo un esempio che nel negozio in cui era in vendita non la venda. Che fa ci perde soldi? Certo che no, la ridà indietro ed avrá in cambio una nuova. Lo scopo di questo gesto? Il prodotto verrá ribollito e pastorizzato ed ecco che sotto la confezione mancherá il numero uno così la catena puó continuare fino al numero 6. Cioé un prodotto puó anche avere ben 12/18 anni, sembra impossibile ma é una veritá nascosta! Detto questo, consiglio a tutti di guardare sempre sotto le confezioni, e se i numeri ci sono tutti il prodotto é nuovo altrimenti é stato riusato!”
Ovviamente il dire che è una cazzata è limitativo.
I numerini sono matrici di tracciabilità delle bobine di tetrapack, ma non è questo il punto, a me non interessa la verità. La verità è sopravvalutata al giorno d'oggi.
Credo sia molto più interessante chiedersi quali siano i percorsi mentali di questa notizia nella mente di chi la condivide.
Cioè, se io fossi la persona che crede ai numerini del riciclo dei prodotti come me lo immaginerei tutto questo sistema di riutilizzo della panna?
Perché mica è cosa da poco eh, soprattutto per un barattolino di latte andato a male da 80 centesimi.
Pensate a tutto il lavoro per recuperare le confezioni scadute, ordinarle per numerino, rispedirle al produttore, camion, treni, container, farsi rimandare i sostituti, dividere i pacchi per numerini, mettere tutta la panna degli uni in un pentolone, la panna dei dui in un altro e via così, bollirla, pastorizzarla e reinscatolarla in confezioni con un numerino in più, tenendole distinte da quelle con altri numerini.
E c'è chi deve tenere la contabilità di tutto ciò, che i produttori si sa come sono, gli dai un bancale di panna scaduta e quelli se lo tengono senza rimandarti indietro quella buona. E ci guadagnano.
Che sono convinto che le confezioni le aprano talmente bene che poi possono riutilizzarle per la panna del numerino precedente. E ci guadagnano.
La lobby della panna.
Rancida tra l'altro. Che non so se avete mai provato a bollire della panna rancida: fa schifo uguale.
Che poi, ma la data di scadenza c'entra? Cioè, se io mi tengo per due anni una panna scaduta me la riconfezionano con un numerino successivo a quello che ha oppure viene fatto un calcolo in base alla data di scadenza e vengono aggiunti tanti numerini quante sono le ipotetiche scadenza già passate?
Ovvio che 'ste cose le fanno coi computer e con le macchine a controllo numerico.
L'alternativa sarebbero gli Umpa Lumpa.
Ora, io non mi fido della gente, ci mancherebbe. Probabilmente c'è chi per incularti ha messo in piedi anche processi ancora più macchinosi. Ma cazzo, i numerini. La legge e i numerini.
Se esiste una legge cercala, se pensi che in qualche modo possa essere verosimile un sistema del genere batti due parole in internet, così, tanto per evitare di fare la figura del coglione. Insomma, il rischio è alto, limitalo.
E invece no. Invece si condividono i numerini.
Dunque, qual è il messaggio? Cosa avrò mai voluto dire con questo post?
Il messaggio è: ma se uno deve incularti ma ti pare che ti mette stampato il numerino di quante volte ti ha inculato e di quante lo farà ancora?
Se non dobbiamo fidarci non fidiamoci, insomma. Questo è il messaggio.
Numerini...
26.3.14
Affabulazioni 3
Un vecchio commerciante e suo figlio giovinetto viaggiavano assieme al loro asino. Il padre e il figlio a turno venivano portati dall'asino e alleviavano la fatica del percorso.
Mentre il padre veniva portato e il figlio procedeva a piedi, i passanti li schernivano: "Ecco un anziano moribondo che mentre risparmia la sua salute fa ammalare un bel giovinetto". Il vecchio saltò giù e fece salire al suo posto il figlio. La folla ricominciò a borbottare: "Ecco, un giovinetto pigro e sanissimo che ammazza il padre decrepito". Il figlio, vinto dalla vergogna, costringe il padre a salire sull'asino. Così sono portati entrambi dal quadrupede, ma l'indignazione accresce "Guarda quei due, come stremano quel povero animale".
Padre e figlio scendono e procedono a piedi con l'asinello libero. Ricomincia lo scherno e il riso di tutti: "Due asini, mentre risparmiano uno, non risparmiano sé stessi".
Scocciato, il padre si strappa le vesti e si rivela non così decrepito come sembrava: solleva con una mano l'asino e con l'altra il figlio e inizia a vagare tra la folla con quel fardello senza mostrare però il minimo sforzo. Ed ecco che tutti quelli che criticavano ora se ne stanno zitti.
Così procedendo il padre si rivolse al figlio: " Vedi figliolo, tutti fighi a criticare su facebook, ma appena arriva uno che può fargli il culo dal vivo nessuno ha più niente da dire!" e così seguitando gettò l'asino e il figlio in un dirupo lì adiacente.
Questo ci insegna che se non gradiamo che la gente parli male di noi, basta eliminare qualsiasi argomento di discussione.
25.3.14
Wanted 7
Sembra ieri che ci siamo messi a scartabellare tra le chiavi di ricerca attraverso cui intrepidi viandanti dell'internet sono giunti a questi lidi. Parlo al plurale e non metto le virgole per un vezzo del momento ma ora ci passa. Sembra ieri e invece sono già passati cinque mesi.
Cioè, pare incredibile quante siano le necessità che ogni giorno spingono le persone a cercare qualcosa nel web.
Per dire
Ho cercato anch'io. Non c'era.
Ecco, amico dell'internet: ora c'è!
Cavolo, mi sento già meglio. Che appagante che è aiutare la gente.
Probabilmente c'è il filo dell'acceleratore rotto. O al peggio è un problema all'iniezione.
Se è un modello di prima del 2003 è un problema abbastanza tipico.
Ecco, la gente cerca cose così, frivolezze, utilità, curiosità.
Cose che magari sapeva e che si è dimenticata. Cose sfuggite per un pelo.
Il pelo. Se c'è una cosa che la gente cerca in internet è il pelo.
A internet gli piace la ragazza pelosa.
Anzi, per sineddoche gli piace
ma bella non basta, dev'essere anche nuda
non sia mai che la fica non sia nuda.
Nuda e pelosa.
Anzi
No, non ci basta
Anzi, no ancora, noi dell'internet piace esagerare. Una non è sufficiente!
Altra sineddoche
gran finale...
Per dire, che a noi quelle senza fiche non ci piacciono. Fanculo alla Barbie!
W internet, w il pelo, w Verdi, w i dinosauri!
Come risponde un dinosauro al telefono? Bronto...
ahahahahaha !
Allora, c'è un tirannosauro che sta parlando con uno stegosauro e gli fa "E quindi lei si è impuntata che non vuole più fare le uova, che mi arrangi, che i mammiferi già lo fanno e cose così..." "Da non crederci, dove andremo a finire... e tu che le hai risposto?" "Ah, io le ho detto chiaro e tondo che non può fossilizzarsi su 'sta cosa!"
AHAHAHAHAHAHAHAHA!
Santo dall'incerta agiografia. Nato probabilmente nel 69 d.C. a Bocca di Magra nell'attuale provincia di La Spezia. Fu tra i primi a portare nella penisola la tradizione allora orale del cristianesimo. Gli furono attribuiti diversi miracoli, tra questi il più famoso è di sicuro l'ingoio di un'ostia di mezzo chilo, raccontano i libri delle dimensioni di una pannocchia. Senza mani.
Se non sai cosa significa hai sbagliato blog. Stronzo!
Etichette:
goldrake che uccide peppa pig,
pelosissima,
ricerche su internet,
ridere con i dinosauri,
wanted
24.3.14
Chiedimi se sono felino
Ci sono certe date che portano con sé impressioni da altri tempi e altri luoghi, ricorrenze personali, associazioni mentali che legano a quegli istanti una processione di emozioni. Oggi è il 24 marzo e questo ogni anno mi ricorda la storia di Kevin Delaware e del suo leone Rufus.
Questa storia inizia nel 1973, Donald il padre di Kevin era un dipolomatico che lavorava nell'ambasciata americana in Kenia e già da qualche anno si era trasferito con tutta la famiglia negli appartamenti messi a disposizione all'interno dell'area dell'ambasciata.
Fu proprio lì, il 16 agosto del 1973 che da uno degli affacci sul retro della casa fece capolino lo sguardo spaventato di Rufus.
Il cucciolo aveva allora solo qualche mese e la madre era probabilmente stata uccisa durante una battuta di caccia. Il piccolo piangeva e fu proprio Kevin a trovarlo: aveva soli 4 anni al tempo e se ne entrò in casa trascinando quel fagottino peloso che cercava di sollevare. Tutti sgranarono gli occhi.
Da allora i due cuccioli divennero inseparabili.
Rufus e Kevin facevano tutto insieme. Andavano a scuola, giocavano, dormivano, mangiavano.
Una simbiosi perfetta, due amici con gli stessi gusti e la stessa gioia di vivere. E crescevano.
Rufus era diventato uno della famiglia. Si sedeva a tavola e guardava la tv insieme agli altri. Gestiva i propri spazi come un qualsiasi animale domestico, era docile e giocherellone, e soprattutto viveva per Kevin. Lo seguiva come un'ombra.
E cresceva. Sano e forte. Un leone meraviglioso.
Nel 1982 Donald Delaware fu richiamato negli Stati Uniti per un incarico affidatogli dall'allora amministrazione Reagan, era una svolta per la sua carriera e non poteva di sicuro rifiutare. Questo però significava dover abbandonare il Kenia e rimpatriare con tutta la famiglia. Tutta la famiglia tranne Rufus.
Kevin aveva tredici anni e ovviamente non prese molto bene la cosa. Pianse per settimane ma alla fine dovette cedere.
Il 16 ottobre del 1982 Rufus venne liberato nella savana e seppur con diffidenza iniziò a interagire con i gruppi di leoni che al tempo abitavano numerosi il parco nazionale Tsavo East. Dopo qualche ora era solo una macchia indefinita nel fuoco del tramonto.
Sembrava una storia conclusa così. E invece, divenuto maggiorenne, Kevin decise di intraprendere un viaggio tra i luoghi della sua infanzia.
È proprio il 24 marzo 1987 quando parcheggia la jeep all'ombra di una roccia e si appresta a consumare il suo pranzo riscaldato nella gavetta, quando all'orizzonte scorge qualcosa che si muove, un puntino sempre più definito che corre veloce verso di lui. Giunto a qualche decina di metri lo stupore che si dipinge sul volto di Kevin è qualcosa di impagabile, quella palla di pelo che gli si fa incontro è proprio Rufus.
I due si guardano come se il tempo non fosse mai passato, come se quell'amicizia fosse stata più solida di qualunque distacco, come se le differenze di specie non interessassero il loro legame e i loro sentimenti. Come.
Il 24 marzo 1987 Kevin fu divorato da Rufus che lo azzannò alla giugulare senza nemmeno fermare la sua corsa, secondo la testimonianza di un ranger che vide la scena dalla sua torretta d'osservazione il felino si avventò sul povero ragazzo senza dargli nemmeno il tempo di rendersi conto di quel che stava succedendo.
Aveva le braccia aperte come a cercare un abbraccio che probabilmente arrivò in modo troppo irruento.
Morì con un sorriso incredulo che gli impreziosiva il volto insanguinato.
Già dopo poche ore Kevin e Rufus erano finalmente una cosa sola.
Ecco, a me il 24 marzo ricorda questo. Che ci sono certe amicizie che vanno al di là del tempo e dello spazio, che non importa se è un'ora o vent'anni a dividerti, perché le nostre vite iniziano sempre dall'attimo successivo in cui ci siamo lasciati. E mi ricorda anche che se c'hai degli amici stronzi va sempre a finire che prima o poi quello che se la prende in culo sei tu.
Etichette:
1973,
amici,
amicizia,
Kevin Delaware,
leone,
lezioni di vita,
lieto fine,
natura selvaggia,
Rufus,
uomo e natura
21.3.14
Ma l'è detta primavera
Nel calendario inizia oggi, 21 marzo. Però questo l'han deciso i Papi o qualcosa del genere, e per la verità c'è già da ieri, precisamente dalle 17.57.
Meteorologicamente addirittura da un po' prima e, se vogliamo proprio tener conto della precessione degli equinozi, sempre un po' prima sarà.
Fatto sta che è la primavera!
Lo sentite quel tepore ormonale? Le api che svolazzano di fiore in fiore, la natura che si risveglia?
Prima-vera. Che è la prima vera cosa? (che quando dicono la primavera araba mi viene sempre in mente che abbiano trovato tipo uno scheletro antichissimo della prima abitante dell'Arabia).
E se prima mi sembra chiaro, vera da dove arriva?
Beh, pare che la radice si VER, da VESER derivante dal sanscrito VAS: splendere.
Il primo splendore. Bello!
Che a pensarci bene in spagnolo estate si dice verano e in friulano primavera è viarte, VER . Tutto torna.
In basco è udaberri. Uda= nuovo, berri beh, deriva sempre da quel VER.
E perfino l'irlandese earrach può vantarsi di derivare dal protoceltico wesrāko, wesr- vabbé avete capito.
Comunque IN-VER-NO assume tutto un altro significato adesso, no?
Peccato che gli uomini siano più legati al tempo che non alla bellezza, ed ecco che il concetto posizionale di prima stagione ha preso il soppravvento.
E infatti, printemps in francese, la prima stagione.
I tedeschi fanno ancora peggio: frühling,a früh presto. Cosa che arriva presto. Che impazienza!
E così anche gli olandesi con voorjaar, da fore-year davanti all'anno. (e pensare 'sti Anglosassoni avrebbero anche il bel lente, dal protogermanico langatīnaz, lungo giorno)
Con gli inglesi invece introduciamo il concetto di crescita. Il mondo si risveglia, le piante saltano su: spring up. Che un po' è quel che vogliono dire gli spagnoli con borbollar.
Spostandoci a est ci imbattiamo in wiosna, vesna, весна, che guarda caso derivano dal già incontrato VAS.
E così abbiamo fatto il giro.
Sulla primavera di cose ce ne sarebbero da dire, ma quella più importante è che con questi primi caldi si scoprono importanti centimetri di pelle e i seni sbocciano stretti nelle canottiere.
Indi per cui non ho più tempo di starmene qui rinchiuso a scrivere inutili post: devo uscire!
Presto.
Ecco, vedi che la primavera diventa un concetto di fare presto? 'sti tedeschi... ci hanno sempre ragione loro!
Etichette:
etimologia,
la primavera che cazzo fa coi ciliegi?,
lingue,
maledetta primavera,
primo splendore,
traduzioni,
udaberri,
ver
19.3.14
Billie Holiday ovvero the Lady Day after
Ci sono vite che non si possono espiare, se le si porta addosso come una colpa non recuperabile, un fardello eccessivamente pesante già ancor prima di mettersi in cammino, vite che sono di per sé dei peccati originali.
Ci sono persone che nascono per qualcosa, per cantare o per suonare, per scrivere, emozionare, cambiare le cose. E di quel qualcosa solitamente muoiono, dell'oltrepassare inquieto il recinto del consueto, tracimando di quel loro essere sé stessi, dirompendo, frantumando gli argini di una normalità inevitabilmente minacciosa.
Per esempio, c'è una grandissima cantante jazz nata nell'aprile del 1915. I genitori sono giovani, lui è un musicista di sedici anni ma poco importa perché non ci sarà mai nella sua vita, lei di anni ne aveva appena tredici ed era una ballerina.
Iniziano così anche certe favole ma questa, vi avverto, non lo è.
La madre lavora come domestica a New York e la piccola Eleanora viene affidata a una cugina che non lesina nello sfruttarla e nel trattarla brutalmente.
A dieci anni subisce il primo stupro, uno dei tanti.
Si trasferisce quindi a New York dove si guadagna da vivere lavando pavimenti e prostituendosi in un bordello abusivo di Harlem. Spesso invece di essere pagata chiede alla matrona di poter ascoltare dischi di jazz. Musica. Almeno fino a che non viene arrestata e condannata a quattro mesi di carcere.
Uscita, prova a fare la ballerina ma non sa ballare, però cantare sì. Un produttore la sente, le fa incidere dei dischi.
È il giorno in cui nacque Billie Holiday. Aveva solo quindici anni.
Di tutta questa vita sono passati solo quindici anni e potrebbe sembrare già un lieto fine.
E invece discriminazioni, razzismo, umiliazioni, inadeguatezza, violenza, sbagli, incomprensione, alcool, droga, depressione. E jazz.
In dosi alternate, momentanee,a stravolgere quell'esistenza insicura, a illuderla di sicurezze per poi negargliele, negarsele, come se non fosse stata pronta per quella tranquillità.
Fino alla fine. In un per sempre durato soli 44 anni eppure reiterato come la più efferata delle punizioni.
Esce in questi giorni per Edizioni BD la riedizione di Billie Holiday, una delle prime opere del duo Carlos Sampayo-José Muñoz.
Un fumetto crudo, essenziale e impietoso. Dove il tempo non esiste, dove la storia della cantante americana rivive anno per anno, scena per scena, canzone per canzone, in un continuum che non ammette redenzione.
Sono solo pochi istanti in fondo, ripercorsi sensa soluzione di continuità con un altro oggi, il 1989. Irrisolti tra le ore notturne di personaggi che, a trent'anni dalla morte, cercano di capire chi fosse Billie Holiday. Chi per lavoro, chi per destino, con indifferenza o umanità, curiosità, amore, superficialità.
Non c'è uno stacco tra passato e presente, non nei disegni aspri e spigolosi di Muñoz, non nel susseguirsi di una notte dove ogni istante è costantemente corrente, dove Billie si precede nel suo morirsi addosso.
Perché talmente grave è il vizio di quella vita che gli autori non le danno via di scampo, la condannano a subirsi, di nuovo, oggi come ieri, come domani. Quasi a volerne fissare la grandezza nel più sfrontato dei ritratti, a celebrarne l'immensità nonostante il suo essere sé stessa.
E in un inesorabile replicarsi di situazioni tragiche, quel bianco e nero senza luce ci racconta il turbinare gracchiante dei dischi in vinile, quella voce che graffia l'anima, semplice e sfrontata, onesta come tutte le cose dolorose. Racconta, senza mostrarci mai una possibilità di riscatto, senza nessun giudizio, solo vita, cuore, errori, canzoni e jazz.
Gli alberi del sud danno uno strano frutto, sangue sulle foglie e sangue sulle radici,
un corpo nero dondola nella brezza del sud, strano frutto appeso agli alberi di pioppo.
Etichette:
Billie Holiday,
continuum,
Edizioni BD,
jazz,
the Lady Day after
18.3.14
Se questo è un uovo
L'altro giorno ho comprato delle uova.
Volevo fare questi, cosa che non ho poi fatto per tutta una serie di motivi su cui non mi dilungo ma che contemplano la configurazione di impianti audiotelevisivi moderni, l'arte di guidare, la folla e i ninja.
Comunque sulla confezione di 'ste uova che ho comprato c'è un'immagine e una scritta.
A dire il vero c'è anche un'altra scritta che è "biologiche". Ecco, che al solo pensiero che ci possano essere delle uova non biologiche mi vengono le paturnie. Quelle su cui non c'è scritto biologiche come le fanno? Le montano i ragazzini thailandesi come le Nike? Le fanno col computer?
Vabbé, la scritta e l'immagine di cui parlavo erano invece queste
L'immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto.
Lo sappiamo, le foto promozionali presenti sull'incarto sono sempre migliori del prodotto contenuto all'interno
Solo che in questo caso, da uovo a gallina c'è decisamente uno step evolutivo non indifferente.
Cioè, quale dovrebbe essere il messaggio? Che a lasciarle lì, magari nell'ambiente adatto, le uova si potrebbero tramutare in pollo, un po' come le scimmie di mare?
È come mettere la foto di una canottiera sulla confezione del cotone idrofilo...
Niente, mi sembrava strano che sull'immagine che presenta il prodotto in realtà il prodotto non ci sia, o meglio c'è elevato alla sua potenza massima, come se le uova fossero una versione più brutta e meno presentabile della gallina.
Tipo come se sulla confezione del cucciolone ci mettessero la foto del Winner Taco!
a fine marzo!!! a fine marzo!!! a fine marzo!!!! ahhhhhhhhh!!!!!!!! |
Comunque per fotografare il cibo utilizzano parecchi trucchi.
Per fare il miele usano l'olio motore, la lattuga la spruzzano di glicerina, per il vapore dei cibi fumanti mettono delle palline di cotone bagnate nel microonde, l'effetto brina sulla frutta è fatto col deodorante spray, le torte le lucidano con la lacca per capelli, sul pollo si spalma il lucido da scarpe marrone, il latte è fatto con la vinavil e il gelato con la margarina. (fonte: l'internet)
E a fine marzo torna il Winner Taco. Dio, devo prepararmi...
Etichette:
evoluzione,
foto alimentari,
l'immagine sulla confezione,
tagliare il tonno col grissino,
uovo,
winner taco
17.3.14
Ogni cosa è ruminata
Uno dei leit-motiv di questo blog è quello dell'essere sempre discretamente fuori tempo massimo.
Ho usato la parola discretamente perché la fuoritempomassimalità in questo caso è misurabile con valori discreti, giorni generalmente.
(Ho usato leit-motiv invece perché è una parola tedesca con incursioni nel francese)
E così mi sono perso il Pi-Greco Day, la festa della donna, la giornata internazionale della lingua madre e anche il compleanno di mio nonno. (mio nonno l'ho richiamato poi, sta mediamente bene, un po' d'influenza anche se ha fatto il vaccino).
È che ci penso prima, poi dico che ci penso dopo e intanto non ci penso, a volte un po', rimugino, mi correggo mentalmente, rumino...
Non scrivo nel blog, che scrivere nel blog che non scrivo nel blog mi fa sempre molto ridere, ma questo dipende dal fatto che non ho voglia di salvarmi.
Mi sono segnato dei titoli, ma davvero non sapre che farmene.
Tipo: sull'orlo del Balaton, a me pare un bel titolo ma che me ne faccio? Cioè, anche supponendo che possa saltarci fuori un qualcosa su 'sto cavolo di lago Balaton, ma cosa potrà mai esserci di interessante in Ungheria?
Cioè, a parte il gulash dico...
SOS Tantra. Che pareva anche carina come idea, ma poi come la sviluppi? Che mica puoi metterci Tata Lucia con Sting a scopare per diciassette ore di fila e magari a mettergli le stelline sul frigo se è andato bene.
No, non credo che sia una cosa compatibile con le bambinaie.
Proprio no.
Premio Strega subito! |
E altre cose che boh, non so se riprenderò...
Comunque questo fine settimana ero al Cartoomics a Milano.
La fiera del fumetto e di quelle robe lì che, a parte la musica incessante a tutto volume che pareva di essere al primo maggio però il 2 di febbraio (oh, se uno la sa questa è una battuta bellissima), mi ha dato modo di vedere molti fumetti.
Fumetti
e fumetti
e fumetti
tantissimi fumetti
Cioè, c'erano proprio dei fumetti enormi quest'anno.
E niente, il prossimo post potrebbe seriamente parlare di come leggere i fumetti come si deve...
Etichette:
azione avventura atette,
cartoomics 2014,
come si deve,
copertina rigida,
fumetto,
hungarian rapsody,
sull'orlo del balaton,
titoli
Iscriviti a:
Post (Atom)