21.8.11

Vajont - foto e poco altro

Vedete questa collina?

Cinquant'anni fa non c'era.

E' scivolata giù da qui
dal Monte Toc, il monte marcio.

Era la notte del 9 ottobre 1963, in quell'avvallamento dove ora si erge la collina c'era un lago. Un lago artificiale trattenuto da una diga. Se ritornate su sulla prima foto la vedete in basso a destra.

Ve la mostro meglio

264,6 metri di altezza, invaso massimo a 722,5 metri sul livello del mare, 168,715 metri cubi di capacità. Era la più alta del mondo, un capolavoro di ingegneria. Un capolavoro.

Lì dove ora c'è la collina c'era un lago.

Un lago che aveva raggiunto la sua altezza massima e che ora si stava cercando di abbassare in tutta fretta.
E proprio quell'acqua che aveva sollevato la frana, ora le stava togliendo la base d'appoggio: la notte del 9 ottobre 1963.

Dapprima il rumore del Toc che precipita giù, 30 metri al secondo, 270 milioni di metri cubi di terra e rocce.
Poi l'onda, il lago che si svuota, l'acqua scacciata dall'irruenza della montagna.

Un'onda tricuspide dicono. Due fronti risalgono le pareti della vallata, uno sale verso Casso e ricade sulla frana, l'altro scavalca la sponda del lago e si infrange sul paese di Erto.

Il terzo, 50 milioni di metri cubi di acqua, si alza 100 metri sopra il ciglio della diga, si porta via il coronamento che la sovrasta e, almeno per metà della sua portata, la scavalca.
25 milioni di metri cubi d'acqua s'insinuano nella stretta gola del torrente Vajont, acquistano velocità, spingono per uscire.

Passano da qui, buttandosi nella valle del Piave.

A 100 chilometri orari.
L'onda d'urto generata dallo spostamento dell'aria è stato equivalente a quello della bomba di Hiroshima. Sarebbe bastato quello a spazzare via Longarone. Invece c'è stata anche l'acqua, il fango, le rocce, i detriti.

C'è stato il buio, il frastuono, la pioggia dal cielo stellato. Lo stupore, lo stordimento, la paura.

Poi il silenzio. Rumoroso.

Ora c'è solo una diga. Un capolavoro d'ingegneria che ha resistito a una sollecitazione 7 volte superiore a quella per cui era stata progettata. Un capolavoro.

Un precipizio di calcestruzzo che scende giù come l'inferno di Dante.

Chissà se tratterrà anche questa lacrima...

2 commenti:

  1. Già...
    Scopro solo ora questo post.
    Un paio di weekend fa siamo stati in quel di Erto Casso (il catasto è stato lungimirante, per citare Paolini) per far conoscere cosa era successo nel "lontano" '63 ad una nostra amica.
    E scopro che ci sono stati morti anche a Sottocastello, un paio di chilometri più a monte di Longarone.
    Ti cito: "Un capolavoro"...

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  2. Ho la pelle d'oca perché mentre leggevo te, pensavo alle parole di Paolini.
    Non ho parole a sufficienza per descrivere quello che si prova, anche se io a quell'epoca non ero nata.

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È l'ultima cosa che potrete dire in questo posto. Pensateci bene prima di scrivere le solite cazzate...