24.4.14

di buona (fa)lena






La scorsa settimana ha destato un inaspettato interesse il post della rubrica AMEN, che descriveva l'assurda fine dell'opossum tumulatore del Borneo. Mi hanno scritto stupiti diversi animalologi etologi, che per la prima volta venivano a conoscenza di questa incredibile storia. Mi ha contattato anche un operatore cimiteriale, un becchino, appassionato del genere mi ha detto.

(ovviamente nessuna mi ha mandato foto di tette, ma mi pare che questa sia diventata la regola ormai).

Comunque, dato il risalto che ha avuto la notizia, vorrei anticipare la seconda puntata di questa rubrica che tante gioie mi ha già regalato. Quindi: AMEN (Animali Meravigliosi Estinti Nefastamente).

In questa puntata voglio parlarvi della zvuglia imperiale. La zvuglia  è  era un lepidottero appartenente alla superfamiglia dei macroeteroceri, autoctona della penisola italica, in particolare delle zone paludose adiacenti alle foci del Po.



La data della sua estinzione è abbastanza recente, e anzi, possiamo addirittura saperne il giorno e l'anno: il 17 ottobre del 1973 infatti si è compiuta quella che nelle zone del basso polesine viene ancora ricordata come "ea note dei barbastreji".

Ma partiamo dall'inizio. La zvuglia è un esemplare di falena, una farfalla notturna dalle dimensioni medie, ali color muschio, piccole antenne ricoperte da una peluria rosata. In realtà dal punto di vista zoologico non è un animale di grande rilevanza, è un fenotipo abbastanza comune e di falene quella zona è piena. Nella sola area che va dal delta del Po a quello dell'Adige se ne contano almeno 300 specie differenti.

Quel che rende unica la zvuglia è però il nome. Etimologicamente deriva dal latino, significa a seconda delle interpretazioni "che non vola" oppure "senza voglia". Entrambe le locuzioni descrivono il comportamento tipico di questo lepidottero, che raramente utilizza le ali e che generalmente se ne sta adagiato su qualche sasso, confondendosi col muschio e nutrendosi di tutto quel che passa nel raggio d'azione della sua lingua prensile.
Il suo nome così inconsueto ha però anche un'altra particolarità: è l'ultima parola del vocabolario. Viene persino dopo il famigerato zuzzurellone.



Ora, siamo nel 1973, in piena austerity: le rotative sono pronte per stampare i dizionari che verranno utilizzati nel 1974, e di cosa ci si accorge? Che a causa di quell'ultima parola a tutti i vocabolari andrebbe aggiunta una pagina. Una pagina, per milioni di vocabolari, in piena austerity, a causa di una sola parola: i costi si rivelarono subito non sostenibili e si decise che bisognava fare qualcosa.

I più grandi produttori di dizionari si riunirono in segreto e, appoggiati dall'allora governo Rumor passarono all'azione, (in realtà gli unici che allora si opposero furono Devoto-Oli, ma le minacce di fallimento li fecero subito rientrare nei ranghi).

La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1973, 12 convogli ferroviari carichi di pipistrelli furono trasportati e aperti all'unisono sulle rive sassose del Po.
I testimoni raccontano di un'ondata nera come la pece che copri il cielo nel raggio di diversi chilometri, impedendo addirittura alla luce della luna di filtrare. Nel buio più totale i pipistrelli (barbastreji in veneto) iniziarono a utilizzare i loro sonar per individuare le zvuglie ma, essendo queste animali statici e non concependo il pericolo, le falene se ne stavano tranquille sui loro sassi senza compiere nessun movimento e per questo risultavano invisibili ai loro predatori alati.

Tutta la notte trascorse nel borbottio incessante degli stormi di pipistrelli che si ritirarono soltanto alle prime luci dell'alba.
Lo spettacolo che accolse gli astanti in quella mattina del 18 ottobre fu tremendo:
tutta la pianura, da Porto Tolle fino a Busa Dritta, era ricoperta da uno spesso strato di guano di pipistrello. Nei punti di maggior concentrazione se ne misurarono 12 cm.
Inutile dire che le zvuglie, per loro pigrizia e inattitudine al volo, vi rimanerono completamente sommerse fino a morire soffocate nella merda.

E tragicamente anche questa storia finisce. Vuoi per l'avidità dell'uomo, vuoi perché non c'era ancora internet coi suoi comodi dizionari online, vuoi perché quando si è nella merda non è il caso di starsene lì fermi, ma fatto sta che la zvuglia imperiale non c'è più.
Ognuno tragga la sua morale.

AMEN.
La sua estinzione è abbastanza recenteMacroeteroceri

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