15.1.14

L'ultimo post(o)


L'ultimo posto in cui sono stato era qui.
Il 9 gennaio scorso, sei giorni fa. Ho scritto qualche stupidaggine, tanto per ricordare al mondo che ero passato di lì, come le tag dei ragazzini sul muro, come i graffiti fastidiosi, non quelli belli che ti ci perdi mentre cammini e la testa si gira di qualche grado a ogni passo per mantenere quell'immagine al centro dello sguardo, e dopo aver scritto sono rimasto lì, un po', a cercare quale fosse la parola chiave, il fulcro che teneva in equilibrio tutto il discorso, il centro da cui si dipanavano concentriche, forse a spirale, tutte quelle elucubrazioni a prima vista insensate, balorde, sciocche addirittura, ma in qualche modo significative, emblematiche, come in quei giochi di parole in cui si scopre che unendo tutte le iniziali, oppure la prima, la seconda, la terza lettera di ogni parola si forma una frase, un pensiero, la soluzione.
Ecco, ho osservato quei pensieri sghimbesci come se nascondessero una soluzione, davvero come se ci fosse. Ma no.
È l'ultima cosa che ho pensato, l'ultima legata a questo luogo.
Sono stato qui, l'ultimo posto in cui sono stato: poi più da nessun'altra parte.

Ho letto un libro. Non sapevo fare altro, non in quel dove in cui non sono stato.
Poi sono arrivato all'ultima pagina ma ho scoperto che non era l'ultima, davvero.


A pagina 260 il mondo finiva, una frase s'interrompeva scivolando sull'orlo di un precipizio: chissà le altre parole, chissà che fine hanno fatto.
Poco prima avevo scoperto che anche una mia amica stava leggendo lo stesso libro. È un libro del 1963, di Buzzati. Non so quale sia la probabilità che due persone che si conoscono stiano leggendo contemporaneamente un libro del '63 di Buzzati, probabilmente se lo stesso percentile l'avessi sfruttato in qualche gioco di stato ora sarei ricco, invece ho solo un libro a cui manca l'ultima pagina e i periodi interminabili di Buzzati, le frasi impetuose, le virgole tormentate sempre al giusto posto eppure permeate dalla costante tensione del dubbio. Sono questi i libri in cui non puoi distrarti, abbandonarti al rollio delle pagine, lasciando che siano le onde di quel mare calmo a trasportarti nella lettura, no. Perché ogni flutto leggero è un potenziale maroso, un frangente inespresso che improvvisamente scatena la sua impensabile potenza, e ti travolge, beccheggi cercando il fiato, riappropriandoti di un respiro fradicio di parole solo per qualche istante, un attimo prima di soccombere definitivamente sotto il peso cinetico di un periodo. E allora devi risalire, riaffiorare, cercare un appiglio, risalire fino al punto da cui eri partito, e riprovare. Ricalibrare un nuovo respiro e reimmergerti con cognizione di causa. Non puoi lasciarti trasportare, devi comandare tu, piantare i piedi con energia sulle assi di poppa e legarti al timone. Comandare.
Fino ad affrontare a muso duro perfino le idee dell'autore, immaginarsi la protagonista bionda anziché mora e portare avanti questa convinzione a discapito di ogni descrizione più minuziosa. Sostituire mentalmente corvino con cenere, moro con fulvo, nero con flavo, battersi, resistere, imporsi.
Son quei libri che si leggono così.

Che poi tanto alla fine vincono loro, ma vuoi mettere l'onore delle armi? l'illusoria sensazione d'aver lottato?

Comunque.


Ecco, rieccomi in questo posto che è ancora l'ultimo posto in cui sono stato, l'ultimo posto che ho scritto.
E su questa cosa che ultimo in italiano è sempre una parola così deliziosamente ambigua io chiuderei.

Ah, leggetelo quel libro che ha senso.

15 commenti:

  1. altro che probabilità e vincite. io che son grezza e montanara, senza l'ultima pagina avrei tirato giù tutti gli dei di questo mondo. (a parte che a me non sarebbe successo, visto che leggo sempre per prima cosa l'ultima frase dell'ultima pagina...)

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    1. avevo una mia collega che faceva esattamente come te ... mai capita. è come mangiare la punta del cono del cornetto per prima.

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    2. ma dall'ultima frase spesso capisci se il libro merita. e allo stesso tempo è rarissimo che scopri davvero come va a finire. (e poi, in gioventù, ciucciare il gelato dalla punta del cono era uno spettacolo)

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    3. beh, che dall'ultima frase si capisca se il libro merita capita solo per i libri di una riga.
      E se nell'ultima frase è citato un personaggio che durante tutto il libro sarebbe potuto morire, beh, mica è una cosa bella. (no, non sto parlando di Harry Potter)

      (lascio i commenti sul ciucciare in gioventù alla platea degli astanti, che sarà di sicuro più fine di me)

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    4. bè, solitamente è nell'incipit e nel finale che gli autori si impegnano di più. è difficile trovare un libro bello con un finale mediocre. secondo me, eh. ma vabè, solo la tua ex collega mi può capire.

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    5. io invece credo che i libri molto belli abbiano spesso finali inevitabilmente mediocri.e conta anche il fatto che far finire una cosa bella è una crudeltà.

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    6. Sì, ma non farla nemmeno iniziare sarebbe una crudeltà ancora più grande...per il resto, buzzatianamente parlando, l'importante è che in sei giorni tu non abbia avuto il tempo di fare sette piani

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    7. ho fatto un piano solo ma ben riuscito. ne vado matto...

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    8. Con i piani ben riusciti è tutta un'altra musica (in special modo se il pianista ci sa fare)

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    9. (e non so, finora i libri che mi son piaciuti avevano tutti dei bei finali. forse son stata fortunata)

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  2. Se mi posso permettere, questo tuo " i libri molto belli abbiano spesso finali inevitabilmente mediocri.e conta anche il fatto che far finire una cosa bella è una crudeltà." è una delle robe più vere che ti abbia mai visto scrivere.
    Strepitosa l'immagine... te la fotto, si sappia!

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    1. tu qui puoi fotterti chi vuoi!

      io non metto mai i creduta ma con googleimmagini si trova facile... è un'illustratrice molto brava, ti piacerà

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    2. maledetto correttore del telefono! naturalmente "creduta" sta per "doverosi" mentre lo spazio che viene dopo sta per credits

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  3. Ho qualche perplessità sul secondo commento... io l'ho interpretato come un rebus...

    Ok, allora io fotto, con deliberato consenso!
    Saluti dear.

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    1. in realtà è un'esperimento di scrittura in anamorfosi grecale. ma non posso parlarne qui, anzi ho già detto troppo...

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È l'ultima cosa che potrete dire in questo posto. Pensateci bene prima di scrivere le solite cazzate...