25.3.12

Una stagione di fede assoluta (titolo copiato)


[ATTENZIONE: pezzo noioso su robe di fumetto abbastanza confuse, ma mi sembrava l'ora giusta per parlarne]


Come ogni tanto capita mi ritrovo a pensare all'idea che ho maturato sulle idee.

Stavolta il ragionamento parte da questo
 A sinistra Batman di Jim Lee anno 2003 a destra Nathan Never di Paolo Di Clemente anno 2012.
Che dire?

Stessa posa, stessa impostazione, stesse dita della mano. E' evidentemente un ricalco.
E fin qui nulla di strano, capita. A Di Clemente era capitato anche il mese scorso
Da Bat a Nat
Ma ripeto, son cose che si fanno. Piace una determinata immagine o addirittura si vuol fare un omaggio a un proprio mito o si gioca col pubblico a scovare le citazioni, insomma si fa.

Il punto è: quand'è che diventa plagio? (se lo diventa, s'intende).

Innanzitutto inquadriamo la situazione: stiamo parlando di professionisti che ricevono un compenso per il loro lavoro di disegnatori, quindi niente ragazzini che copiano Superman per fare la copertina del demo del loro cd, niente pizzeria Al Pipistrello che disegna Batman sulla vetrata.

C'è, o almeno credo che ci sia, un tacito accordo tra chi disegna e il pubblico, un accordo che dice che, se non specificato altrimenti, quel che hai disegnato è un'opera originale frutto del tuo ingegno.
Nell'eventuale ipotesi in cui non fosse così, il riferimento all'oggetto fonte di ispirazione potrebbe essere:
- dichiarato in forma preventiva o al limite immediatamente successiva, nell'albo, in un editoriale, nei contenuti speciali, sul blog dell'autore. In qualche luogo di pubblico dominio insomma.
- implicitamente manifesto a causa della celebrità dell'opera d'origine
- non espresso nella sostanza ma definito nella presenza (cercate bene perché in questo numero troverete un omaggio a un famoso supereroe con le orecchie a punta)

Se nel primo caso siamo al riparo da qualunque sospetto (per quel che riguarda l'omissione, la liceità dell'uso è altra cosa), negli altri due potremmo inciampare in alcune casistiche quantomeno ambigue.

Tanto per capirci, guardiamo un po' di copertine
Se per quel che riguarda Dylan Dog  il rimando all'Urlo di Munch è pressoché automatico, nel John Doe il riferimento al Saturno che divora i suoi figli di Goya non è poi così scontato.
Quindi, a parità di azione da parte del disegnatore potremmo avere una percezione differente dell'opera in funzione delle conoscenze specifiche di chi legge.
Più l'opera di origine è radicata nel sapere comune del pubblico, più l'opera di ricalco viene percepita come un omaggio.
E' nel bacino degli utenti, dunque, che peschiamo gli elementi per distinguere il come un'operazione di ricalco potrebbe essere individuata e accettata.

Se Di Clemente invece di ispirarsi a Batman avesse optato per un più nostrano Dylan Dog sicuramente ci sarebbero state meno indici puntati verso il suo lavoro
Cioè, non mi ricordo proprio che al tempo qualcuno se ne sia uscito con Ambrosini plagia Villa.
Le avesse viste mio nonno però mi avrebbe detto "uno dei dò gà copià!"

Per quanto riguarda invece la possibilità di interpretare la trasposizione di soggetti altrui come citazione nascosta per i fan, beh, il rischio è quello di ritrovarsi affetti dalla Sindrome di Luttazzi (e di quel che ne penso ho già detto nei commenti qui, che non ho voglia di riscrivere) e riempire compulsivamente quella vaghezza di intenti con troppi riferimenti, prenderci gusto, farsi scappare di mano la cosa. Soprattutto quando i risultati della rielaborazione si traducono in elogi verso un lavoro proprio solo in parte (ma questo lo sanno solo quei fortunati e colti in grado di decifrare tutti gli indizi).

E mi ricordo anche lì un Nathan Never in cui c'era tutta una sequenza omaggiata, all'interno di una barca, e per cui hanno dovuto dare spiegazioni nel numero successivo (ma non ho voglia di andarlo a  cercare).

Che poi, a guardar bene cos'è che non è copia di un qualcosa di precedente?


Io comunque faccio software. Se qualcuno prende il mio lavoro e se lo copia, ci cambia il nome e lo rivende mi arreca un danno. Un danno che è innanzitutto economico, ma che è anche un danno d'immagine, di rapporti con la clientela e quant'altro.

Copiare il lavoro di un qualcuno che non opera nel nostro stesso mercato, magari nemmeno nel nostro stesso ambito, reca un danno a quella persona? Probabilmente no... Ma allora come si misura la gravità di un plagio?

Mi direte, non sei stato capace di spiegarci cos'è e cosa non è plagio, figuriamoci se puoi illuminarci sui vari gradi di gravità.
Ovviamente no!

Di primo acchito mi verrebbe da dire che la linea di demarcazione è l'illegalità.
Se rientriamo nell'ambito del legale direi che l'etica, la professionalità, la correttezza potrebbero anche passare in secondo piano. Cioè, io di mio non vi soprassederei, ma posso anche capire che non siano necessariamente obbligatori.

E' che tra copertine la cosa viene anche facile, sì insomma, sono limitate, evidenti, è la prima cosa che vedi. Già a dover guardare 600 vignette la cosa comincia a risultare più complicata. Ma solo per un discorso di mole di dati, non per l'impossibilità di giudicare se un qualcosa sia copiato o meno.
In realtà è il disegno stesso che si presta alla comparazione, così come la musica, il linguaggio grafico utilizza dei segni che non sono  interpretabili: o si è uguali o non lo si è, esiste il quasi, ma difficilmente non si arriva a un risultato certo.

E se invece del disegno fossero le idee a essere state copiate. Cioè, se nel banco degli imputati adesso ci mettessimo gli sceneggiatori?
Una delle tipicità di parecchie testate del fumetto popolare italiano è proprio quella di attingere a continui rimandi, citazioni, ispirazioni, scopiazzature di opere cinematografiche
Perché tale prassi non dovrebbe essere trattata e giudicata con lo stesso metro di un disegno ricalcato?

Dico, il concetto non è lo stesso? C'è un mio predecessore che si è scervellato per trovare una certa soluzione, ha impiegato tempo, energie, lavoro per descrivere tale soluzione (graficamente o letterariamente poco importa), l'ha riaggiustata, rivista, corretta, modificata, limata fino a tramutarla in un oggetto (fisico o astratto che sia), poi arrivo io che la prendo e la uso così com'è. Per carità, la adatto alla mia storia (prima c'era Batman ora c'è Nathan Never, n'est pas?) ma di fatto rimane quella.

Mi viene in mente un vecchio Dylan che ho molto amato, "Il bosco degli assassini", in cui uno dei criminali fuggiva dal carcere indossando la pelle del viso che aveva strappato dalla faccia di un addetto del carcere. Paro paro a Hannibal Lecter ne Il silenzio degli innocenti.
Ecco, una pagina sceneggiata con l'idea di un altro (e non lo dico in tono accusatorio, è solo il primo esempio che mi è venuto in mente su centinaia di casi). Che, a non conoscere il film, si potrebbe anche rimanere stupiti della fantasia dell'autore. (Se adesso salta fuori qualcuno che mi dice che però esiste un mito sumero in cui un dio minore per scendere tra gli uomini indossa il viso strappato di qualcun altro... ecco, facciamo che gli rifaccio la faccia!).

Però il dubbio che a questo punto mi sorge è quello di capire come mai questa diversità di trattamento tra oggetto e concetto.
Sul disegno tutti integralisti, mentre sull'idea tutti  a dirsi che le note sono sette e dopo Omero e Shakespeare non c'è più nulla di nuovo e si ricicla sempre sulle stesse cose ed è il modo con cui lo fai...
Sarà che le idee mica si possono sovrapporre col Photoshop per vedere se sono le stesse, che le sfumature sono tante, che i topos son quelli (no, topoi mi rifiuto)

Ecco, arrivati a questo punto dovrei dire che l'idea migliore è quella che vince. In realtà è il modo che vince, il modo migliore di sfruttare un'idea, e gli utilizzi vincenti soverchiano immancabilmente i tentativi di imitazione.

Quindi non posso che ribadire che le idee sono nell'aria, se non le afferriamo noi lo farà qualcun altro, se le carpiamo e non le utilizziamo peggio per noi, se le carpiamo ma le utilizziamo male peggio per noi,  se poi arriva un altro e fa meglio, beh, avrà anche copiato ma di sicuro non ha copiato tutto pedissequamente...

Vabbé, ho fatto tanta confusione ma non sono arrivato a niente.
E' che stanotte va così, idee...

E comunque vale sempre la legge di Serra:
se pensi di aver avuto una idea originale un altro l'avrà avuta prima di te. E se l'idea ti appare geniale ci saranno certamente altri dieci ad averla avuta prima di te!

Copiosi saluti.

2 commenti:

  1. Mah, in effetti alla fine il problema non sta (o non dovrebbe stare) nel riconoscere sia a livello grafico che narrativo la presenza di idee già sfruttate da altri (ed è inevitabile che succeda, al di là di una riceca di originalità ad ogni costo), quanto nel modo e nel contesto in cui vengono presentate e rielaborate creativamente...nulla di strano, per dire, che nella Guerra dei Mondi neveriana si siano rinnovati i fasti dei tripodi marziani, come del resto Robin Wood e Lucho Olivera nell'epopea di Gilgamesh a suo tempo ripresero non pochi elementi dell'immaginario scifi collettivo quali la Discovery di 2001 (la nave con cui Gilgamesh abbandona la Terra ne è un chiaro omaggio) o il pianeta artificiale stile "Morte Nera" degli Xhaguar (incroci biomeccanici fra Alien e i Borg, ancora di là da venire a riprova della circolazione Serriana delle idee), e il gioco dei ponderati rimandi potrebbe continuare...
    P.S. La sequenza della barca non era per caso nel primo albo della Saga di Atlantide, quello disegnato da Bertolini? Mi pare avessero poi spiegato che si trattava di un omaggio a un manga di cui francamente non ricordo il nome...

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