ovvero l'imprescindibile necessità di scrivere qualcosa (nell'attesa di una buona idea)
e comunque questo blog si sarebbe dovuto chiamare "dalla Parte di Topper Harley"
12.5.14
Diritto penale
Ho scritto questo post qui sotto, oggi.
Fino a un certo punto.
Allora, ieri sono stato al Salone del Libro di Torino.
E certo direte voi, con tutti i libri che leggi dovrai tenerti sempre aggiornato su ogni novità in uscita, carpire le anteprime in modo di anticipare le mode ed essere quindi sempre proattivo, precorrendo lo zeitgeist contemporaneo così da scrivere dei post sempre attuali e interessanti.
In realtà quest'anno ho letto solo libri di Buzzati (che ricordo, è immeritatamente morto nel '72) e il mio concetto di contemporaneità credo si sia inavvertitamente bloccato al 1994 di fronte a un piatto di penne vodka e salmone.
Quindi perché a Torino?
Beh, essenzialmente per due motivi direi paritetici.
Il primo è che per andare a Torino da Padova si passa per Voghera.
Insomma, la sapete quella cosa delle casalinghe di Voghera. Ecco, volevo toccare con mano che fosse vero.
La seconda istanza che mi ha portato al Salone è stata invece la presenza di un personaggio a cui sono davvero molto legato, diciamo pure che si tratta di una delle mie guide, quelle persone talmente grandi da divenire loro malgrado fonte di ispirazione: Decimo Calligaris.
Chi cazzo è Decimo Calligaris, direte voi?
Beh, è stato fino alla metà degli anni '80 l'indiscusso peggior scrittore d'Italia. No, non è un modo di dire, un'iperbole: il suo è un ruolo certificato e sottoscritto dall'Associazione Nazionale dei Critici Letterari, che fino al 1986 era appunto solita assegnare questo insolito premio sulla base dell'intera produzione letteraria dell'anno.
Il nostro vinse questo premio (chiamato "Il calamo incalmato") per ben 31 volte, 23 consecutive.
Quindi perché è così importante uno scrittore che, per sua stessa ammissione, non era proprio così capace?
Perché Decimo Calligaris era un precursore. Scriveva di merda, però aveva lo straordinario dono di anticipare (o forse ispirare) autori rinomati che partendo dalle suggestioni ispirate dalle sue opere, riuscivano a dare alla luce i loro capolavori.
Uno dei casi più emblematici fu l'anticipazione da parte del Callegaris del ciclo de I nostri antenati di Calvino.
Nel 1950 infatti, quindi ben 2 anni prima dell'uscita del primo romanzo della trilogia calviniana Il visconte dimezzato, Calligaris presentò al Festival Culturale Parrocchiale di Chivasso tre romanzi brevi che nei suoi intenti volevano trattare altrettanti aspetti dell'animo umano, molti cari allo scrittore perché erano i valori e le caratteristiche in cui si ritrovava: positività, umiltà, caparbietà.
Il visconte di Mezzano.
Il barbone rampante.
Il cavaliere insistente.
Proprio perché i temi erano così vicini alla sensibilità del Calligaris, questa trilogia si pone come una sorta di autobiografia impropria, un testamento spirituale di un uomo vivo e attivo, quasi una necessità di fissare sulla carta ciò che si è, per passare in un certo senso oltre.
Il tre libri presentati dall'autore piemontese ebbero ovviamente scarsissimo successo, sia perché l'italiano intransigente di Callegaris poco si prestava a una diffusione di massa, sia perché in effetti le sue storie erano male esposte e, a fronte di un'idea di partenza che poteva anche rivelarsi originale, ci si adagiava subito in un deludente intrecciarsi delle vicende e in una scrittura mai al servizio della comprensione e della chiarezza. Istintiva, sconsclusionata, quasi seguisse dei processi mentali che solo l'autore conosceva, come se la chiave di interpretazione fosse proprietà esclusiva del realizzatore e il lettore dovesse accontantarsi delle sensazioni che la lettura poteva dare, come se Callegaris fosse una sorta di Pollock e i suo romanzi i quadri in cui riversava le sue impressioni subitanee.
Vediamoli in rapida sinossi.
Il barbone rampante: Coso Quadrò è un giovane barbone che vive di elemosina nel centro di Verona. Quando un'ordinanza del sindaco vieta l'occupazione del suolo pubblico per i mendicanti, per Coso è una tragedia, non avrà più di che sostentarsi. Il protagonista però non si perde d'animo, con la positività che lo contraddistingue inizia a pensare, fino a che ha un'illuminazione: inizia a vivere sui paracarri.
Tutta la sua esistenza successiva quindi si svolge di paracarro in paracarro, fino a che, in un martedì di settembre muore.
Il Visconte di Mezzano: essere nobile è sicuramente un vanto e un'agevolazione in alcuni casi. Ma un conto è essere Granduca di Toscana o Principe di Galles, e un conto è essere l'umile Visconte di Mezzano, paesino di qualche migliaio di abitanti in provincia di Trento. E proprio in questa dicotomia si svolge la vita del protagonista Petardo, diviso tra la sua austera nobiltà e l'infima collocazione dei suoi risibili domini.
Una storia per riscoprire il valore delle piccole cose, soprattutto nel momento in cui il Visconte si trova di fronte a una terribile scelta: vendere il suo regno per la costruzione di un centro commerciale o rimanere il Visconte di un paesino che non è nemmeno nelle carte geografiche? Molto formativa.
Il cavaliere insistente:
Ecco, sono arrivato fino qui. Poi mi sono rotto il cazzo. È un post noioso, neanche tanto brillante, insomma due palle.
E allora perché pubblicarlo? Per rivendicare il diritto di essermi rotto il cazzo a un certo punto.
Cioè, non è che potevo dire che mi sono rotto il cazzo e pubblicare una cosa fantasmagorica che tutti si stupiscono e dicono minchia che genio, quindi pubblico una roba di merda e rivendico il mio sacrosanto diritto di essermi rotto il cazzo.
Rompere il cazzo.
Proletari di tutto il mondo unitevi e rompetivi il cazzo.
L'unione rompe il cazzo.
La rottura di cazzo è l'oppio dei popoli.
L'insostenibile leggerezza del rompersi il cazzo.
Diritto di essersi rotto il cazzo.
Fine.
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In effetti sentirsi dire "genio, che minchia" delle volte potrebbe decisamente esser meglio...
RispondiEliminaChi fa da sé si rompe il cazzo per tre
ah, i proverbi. che rottura di cazzo!
Eliminase mi si perdona la pedanteria:
RispondiElimina...non era voghera. e non era neanche quella volta lì.
la pedanteria non può essere perdonata per sua stessa definizione.
Eliminafortuna che qui l'italiano non lo si conosce, quindi tutto ok!
<3
RispondiEliminaFottiti. + Abbraccio (dopo).
ma guarda che è così 8==D
Eliminaquello che hai fatto tu è una roba atrofizzata...
Great read thhankyou
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