30.8.14

Un uomo di strutto


Cosa me ne faccio io del mio primo telefono, di un Topolino del 2011 ancora nel cellophane, del portafoglio di quando avevo quindicianni e di una cassettina azzurra con dentro chissà che cosa?
E a cosa mi servono le videocassette, la chiavetta delle macchinette di dove lavoravo nel '99, i quaderni di appunti, scontrini con qualche frase, oggetti senza senso e valore, chincaglieria decadente, lettere gocciolanti di nostalgia crudele, scatole?
E di questa polvere cosa me ne faccio? Dei ricordi, tutti, intrecciati come fili elettrici buttati alla rinfusa in un cassetto, e di questa vita?

Io non so da dove partire per spostare questa esistenza, cosa mettere negli scatoloni e cosa no, cosa buttare se non tutto o niente.

Essere un trentottenne sovrappeso è la parte meno complicata di tutta la faccenda, quel che ho è quel che ho avuto, vivo di strati, come ere geologiche, come ceste di bucato che nel tempo vengono rovesciate l'una sull'altra in qualche armadio, essere questo non è il problema e nemmeno quali siano i vestiti che ti vanno e come e dove metterai tutto.
No, non è il cosa si è ma il perché, il cosa ci ha portati a ciò che siamo, che sono. Le parole di quel giorno, uno sguardo, quello, e i discorsi ascoltati, e i profumi sorprendenti mentre le nocche graffiavano qualche muro, e un gesto insensato e la stupidità di crederci, le voci che non riesci ad abbinare a una faccia e le notti sprecate.
Io non so dove metterla 'sta roba, non so nemmeno perché dovrei metterla da qualche parte, se sia un premio o una punizione conoscere il percorso che porta a me.

Vorrei riprendere a scrivere, qui dico, qualcosa che mi faccia ridere, riaprire lo scatolone dove ho messo tutto, riconquistarmi il mio angolo di divano. Vorrei pensare invece di ripensare, vivere piuttosto che rivivere, e finire questo trasloco lungo e bastardo.


24.8.14

Bando alle chance


Di tutti i motivi per cui non sto più aggiornando regolarmente il blog, il principale è che mi fa nausea l'internet.
In seconda battuta, ci sarebbe 'sta cosa che non riesco a trovare la mia posizione di scrittura in casa nuova, ma primariamente la causa è che quando leggo più di tre commenti a qualunque notizia postata insorgono immediatamente cefalea, vista offuscata, tosse, vampate di calore, dolori articolari, nausea, sudorazione, stanchezza, disturbi del sonno, rash cutanei, lupus, sarcoidosi e sindrome di Stevens-Johnson.

Tutte cose che nel bugiardino non erano segnalate, tra l'altro.


È che sono ovunque, davvero, è come certi pomeriggi dopo pranzo in cui il mare è meraviglioso, appena increspato (giusto per arzigogolare qualche raggio di sole) e l'acqua è della temperatura perfetta. Ma è un unico, gelatinoso ammasso di meduse.

Meduse.Di quelle che se posi gli occhi sui loro commenti ti pietrificano.

Io non lo so se quando hanno depositato il brevetto del web 2.0 si aspettassero 'sta cosa, cioè, l'avessero saputo forse l'avrebbero fatto evolvere diversamente. Che so, magari con i sottotitoli, la parafrasi di fianco come sulle antologie alle medie, un traduttore LIW (linguaggio italiano del web) per ogni utente o il libretto d'istruzioni a immagini come nei mobili dell'Ikea.

È che in questi giorni mi è capitato di seguire un po' di vicende, da quella di Nebo con GQ a la copertina di Manara (passando poi naturalmente per le solite questioni di integralismo grillino sui più disparati argomenti), e quel che ne ho potuto ricavare è che probabilmente l'analfabetismo funzionale potrebbe essere un problema abbastanza diffuso in Italia.
E quando dico abbastanza sono sarcastico (visto le percentuali, meglio specificarlo), perché in realtà è molto, anzi eccessivo.
Pare che il 47% della popolazione tra i 16 e i 65 anni pur essendo in grado di leggere abbia grosse difficoltà a capire effettivamente il senso di una frase. Cioè, su due persone che in questo momento stanno leggendo questo post una non capirà di che cosa parla effettivamente, magari si incazzerà perché ho parlato male di Grillo o penserà che esista davvero un farmaco che si chiama Internet.

Fortunatamente per la statistica, quella persona oggi sono io, rileggo quel che ho scritto e non capisco, davvero non capisco perché sono qui a farci un post quando invece dovrei solamente imprecare il dio del voodoo che faccia ritornare in vita Linneo, giusto il tempo di riclassificarmi. Fare qualche aggiustamento tassonomico, cambiarmi specie, vanno benissimo i pandora virus, al limite mi adatto anche ai monotremi (ma i pandora virus sono meglio, hanno tipo il 96% del materiale genetico non in comune con gli altri esseri viventi) mi basta per favore che mi tolga da qui, sapiens sapiens, pare un ossimoro.

E non perché mi reputi migliore eh, è che mi piace guardarli da un po' più distante, come i quadri impressionisti, quel tanto da illudermi che non sono le stesse persone con cui ho diviso il mondo in questi ultimi 38 anni, con cui ho frequentato le scuole, che ho incrociato in biblioteca, con cui si chiacchierava al bar (l'immenso bar del mondo, è una metafora).

Il punto è che non c'è soluzione, la via è tracciata e dobbiamo solo confidare nel web 3.0 (o nelle tempeste solari [scie chimiche e HAARP permettendo]), e non perché io sia inevitabilmente pessimista (sono realista, che è peggio), no, è solo che ieri leggevo un post di un qualche sito meteo che parlava di un tornado sul mare di fronte a Genova e il crescendo di commenti è stato più o meno questo:

- Pauroso!
- Wow...
- Speriamo non capiti anche a Milano
- A Milano non c'è il mare!
- Che c'entra, alla natura non si comanda...
- Comunque non è un tornado è una tromba marina, che sito meteo del cazzo che siete!
- Tromba d'aria e tornado sono sinonimi, guarda su wikipedia prima di parlare
- Ho detto tromba marina coglione
- Coglione siete voi che non sapete un cazzo di metereologia!
- Meteorologia...
- Meteorologia
- Si dice meteorologia!!!!
- Beata Marina e chi la tromba!
- Basta con sti disastri, stiamo violentando la natura
- È Dio che ci punisce!
- Perché 'ste cose non succedono in Sicilia?
- Ma che c'entra la Sicilia? I siciliani sono gente meglio di voi!
- I Siciliani sono meglio, che cazzo dici?
- Non capite un cazzo, non ce l'ho coi siciliani, intendevo una tromba d'aria sulle spiagge dove arrivano i barconi dei clandestini!!!
- Razzista!
- Razzista di merda!
- Se stavi zitta era meglio...
- Tenetevi i clandestini allora...
- Voglio vedere chi adesso continuerà a dire che non stanno manipolando il clima artificialmente...
- Le scie chimiche e HAARP, informatevi, ionizzano l'umidità coi sali di bario...
- Chi?
- Chi cosa?
- Chi ionizza?
- Ci stanno cambiando il clima e voi non ve ne accorgete, coglioni!
- Razzista!
- Sarà meglio il PD che fa gli inciuci col nano
- Sarà bello Orfani...
- Ma perché dovrebbero fare delle trombe marine artificiali a Genova? Chi ci guadagna?
- HAARP e il MUOS, informati www.beppegrillo.com\ci-avvelenano-coi-sali-di-bario-e-l-ebetino-ci-dice-che-piove.htm
- Tromba marina che le piace...
- Ma guardate qui, coglioni, e poi avete anche il coraggio di dire che non è vero www.lercio.it\i-ricconi-del-parlamento-usano-le-scie-chimiche-per-fare-il-ghiaccio-del-moito-e-muore-un-gattino-di-freddo.htm
- Pezzi di merda, gli animali sono meglio delle persone
- Devono morire tutti!
- Che schifo...
- Pena di morte!!!1!
- Vorrei vedere te...
- Razzista!
- Pena di morte!
- Pena di morte!
- Pena di morte!
- Ma domani che tempo farà che vorrei andare al lago?

Ecco, non c'è speranza, le chance son finite, cosa ci resta? Ci rimane la gente, quella che legge solo il titolo, che non capisce che gli articoli di lercio non sono veri, che la pena di morte, che l'analfabetismo funzionale non ho capito cos'è, quella che ha ragione lei, perchè è tanta, troppa forse.

Tempesta solare.






8.8.14

Il bustino di Minerva






Io trovo belle le foglie secche che incontri sul ciglio della strada a maggio, nel tripudio della primavera, l'amplesso orgiastico delle fioriture a mitizzare rinascite e smelensa vita che va avanti, e loro, a dondolare marroncine sulla turgidità di vigorosi fili d'erba nuova, loro, morte. Pire funebri che si confondono tra i fuochi di una festa paesana.

Poi trovo belli, anzi bellissimi, i centri commerciali.
Quelli immensi, dove sei sicuro di non conoscere nessuno, dove le commesse non ti chiedono "posso aiutarti?" appena varchi i confini sanguinanti del loro territorio.
I non-luoghi li chiamano, come se fossero un quadro di De Chirico, un paesaggio piangente di Dalì, un freddo taglio di Fontana.
Sono belli della stessa bellezza di certi libri russi, dove le storie s'intrecciano senza toccarsi, quasi con deferenza, o forse solo per troppo coinvolgimento nel proprio piccolo mondo, singoli, coppie, famiglie vocianti di passeggini, ognuno a raccontarsi a sé stesso, inibendo la percezione di essere vetrine che si mostrano tra altre vetrine. Con tatuaggi, vestiti, confidenze, modi di dire, belli anche quando sono tragici o orrendi o di cattivo gusto o inadeguati o ridicoli o offensivi, o belli.

Infine, se proprio dovessi dire di qualcosa che trovo bello (oltre ai temporali, intendo, e le piante carnivore, e i frutti in marzapane, e le penne Replay quelle vecchie, e le spiagge vuote, e le nebulose [ma anche tutto il resto che c'è nello spazio a parte noi], e gli occhi di una donna nell'attimo prima di venire, e la trasparenza dell'acqua dei ghiacciai, e gli ornitorinchi, e i sorrisi dei vecchi, e le tastiere con tutte le lettere scolorite, e altre cose che ora non mi vengono in mente), beh, dovessi dire di qualcosa che è davvero bello direi la pizza il non arrendersi.
Il non arrendersi è meraviglioso, lo stercorario che va a riprendersi la sua pallina di merda appena rotolata giù è bello, non farcela e riprovarci è bello, sopravviversi è fantastico, fregarsene del risultato e continuare, e continuare, continuare è stupido e stupendo.

Ecco, con un po' di ritardo questo è quel che penso della bellezza.

29.7.14

Tutto il mondo è paresi

naM-taR

Ho comprato il primo Rat-Man nell'aprile del 1997, pescato a caso tra il porno dell'edicola sotto la caserma, ero a Roma.
Poi è ricapitato. Non l'avevo ben capita la periodicità, ma è ricapitato. Forse era trimestrale.
Mi sono congedato alla fine di quell'anno, con la cartolina rossa in mano e un interrogativo pesante a coprirmi il futuro.Avevo il cuore calmo e un'incoscienza di base che non mi faceva crescere.

Non ci sono passato in edicola quel giorno. E infatti il 4 di Rat-Man non ce l'ho mai avuto.
Non l'ho mai letto, ho anche preso un giorno una qualche raccolta ma non l'ho mai letto.

Dal cinque poi ho ricominciato, lentamente, come quando si riprende a respirare normalmente dopo la pleurite. Sei, sette, dodici, cinquanta, settantasei, novanta, cento. Tutti lì, ben impilati sulla scrivania.
Ce n'è uno con un orecchia che col terremoto l'anno scorso son caduti, un paio sono rovinati da quel mezzo limone che qualcuno ha pensato di mettere per spaventare i gatti, uno forse ha addirittura qualche vignetta colorata, una pagina è mezza staccata di sicuro. Due traslochi, qualche terremoto, un paio di alluvioni, giri in macchina, qualche lancio, i gatti, le chiavi buttate sulla libreria.

Niente, il senso è che sono pieni di vita quei giornaletti consumati.
La mia vita. Consumata.

E lì davanti sono passati amici, ridendo solitamente, e amori inascoltati, alcuni inattesi altri inesatti. Ho rubato baci a qualche risvolto impensabile, altri ne ho dati, ogni giorno con un ciao e un ti amo. Abbiamo sfilato, come su di una giostra, a ripercorrere con indifferenza quell'abitudine di essere, uno dopo l'altro in processione di fronte a quel variegato plotone d'esecuzione.

E sarà stato il tempo, sarà stata la troppa vita che d'improvviso mi ha sorpreso, è che la gente come me si rende conto di aver vissuto solo nel momento in cui sta traslocando.

Come pesci non badiamo all'acqua se non nell'istante in cui inizia a mancarci, viviamo di base, nemmeno per istinto ma per implicita essenza, tendiamo gli archi branchiali senza nemmeno rendercene conto e solo il cambiamento ci dà la giusta misura di quel che siamo, solo l'evolverci, il tramutarsi da pesci ad anfibi, ci pone finalmente di fronte a quel che siamo diventati. A come una pinna caudale si trasformi in un faticoso aratro mentre si striscia a terra, a quanto bruci l'ossigeno dell'aria, a come siamo fatti, quanto peso ci portiamo addosso e non è un male.

Sarà che sono passati diciassette anni da quel giorno di aprile in cui all'edicola di corso Francia ho comprato il primo Rat-Man. E Blue.
Sarà che in diciassette anni ho vissuto, mi sono innamorato, ho conosciuto persone incredibili, mi sono innamorato di nuovo, ho sofferto come non avrei pensato, ho perso, ho perso quasi tutto in certi istanti, e mi sono riempito le tasche di vita, di gente e silenzio, di sguardi e impressioni, illusioni, cicatrici, tormenti, sonni leggeri, attimi. Momenti scanditi da quel giro in edicola ogni due mesi, dall'odore buono della carta ruvida, dal quel nuovo colore a tracciare un altro segno sul muro, come un carcerato, prigioniero inconsapevole di me stesso.

È che ora, al vedere che tutta quella vita se ne sta comoda in una borsa della Coop, che il fremito di ogni attesa si scioglie nel comprimere di quella plastica frusciante, tutta la mia vita in una borsa della Coop.
Beh, a me un po' di tristezza la fa.



Insomma, Ortolani, perché 'sti Rat-Man non li hai fatti più grossi? Bastava che so, fare i disegni col carioca quello a punta grossa, oppure mettere una vignetta per pagina, o ancora lasciare tutti i dialoghi a parte sulle pagine in fondo, magari potevi usare la carta grossa dei menu delle pizzerie, mettere la storia anche in inglese come nei dvd, o forse solo lasciare delle pagine vuote da riempire, tante pagine bianche.
È così che fa la vita.

Ecco, io vado avanti col trasloco.

23.7.14

Facecook, l'angolo cottura del mercoledì - reprise


Il termine papero sta a indicare una giovane oca non ancora in età riproduttiva. Le oche sono quelle con il collo lungo.
Il vero nome di Paperino è Donald Duck, quindi è un'anatra. Nelle prime rappresentazioni però aveva il collo lungo, come un'oca.


Quindi boh, in Italia son tutti paperi quindi oche ma originariamente sono anatre anche se all'inizio avevano il collo lungo, però c'è anche Ocopoli dove teoricamente ci sono le oche vere e le anatre vivono a Paperopoli anche se non sono papere.

Insomma, la questione è complessa. Diventa però meno complessa nel caso in cui avessimo in casa un'arancia (non è stagione lo so, non qui, ma da qualche parte sì e un'arancia la troviamo di sicuro...)



Prendiamo dunque un petto d'anatra. Dove vanno le anatre di Central Park quando d'inverno il lago gela? Beh, ora lo scopriamo.

Bisogna incidere la pelle con un coltello, tre o quattro tagli perpendicolari, e poi si mette in padella a rosolare con una noce di burro. (noce, non noce di cocco eh, mi raccomando)
Nel mentre scaldiamo in un pentolino un dito di liquore all'arancia (Grand Marnier, Cointreau, quelle robe lì). Un dito vuol dire un po', non è che prendete un pentolino da un metro e mezzo di diametro, di quelli per fare la polenta, e ci rovesciate tre bottiglie di liquore.

Aggiungiamo il liquore al petto d'anatra e fiammeggiamo.
(fiammeggiare significa che si inclina un po' la padella verso la fiamma del fornello, in modo che i vapori dell'alcool prendano fuoco. Non fatelo se:
- la cappa sopra il vostro fornello è troppo bassa
- vivete in una polveriera
- siete accidentalmente cosparsi di benzina
- vi chiamate Giordano Bruno)

non esagerate col liquore...


Quando le fiamme saranno esaurite, pepate con disinvoltura, coprite la padella e lasciatela andare a fiamma media.

È giunto ora il momento dell'arancia, altrimenti il fatto di avere intitolato il piatto "anatra all'arancia" davvero non si sarebbe spiegato. In realtà avremmo potuto fare l'anatra alla rancia, che magari non sarebbe venuta nemmeno male

Oppure l'anatra al Larancia, piatto inventato nel 1963 dall'avvocato friulano Domenico Larancia. (Anche se recuperare in questa stagione dei testicoli di opossum avrebbe potuto rivelarsi davvero proibitivo).

Domenico Larancia oggi.


Dunque, prendete un'arancia e sbucciatela. Prendete la zesta e fatene delle fettine (la zesta è la scorza, è un nome che si usa in cucina per sentirsi fighi, ma sempre buccia rimane) e mettetele in un pentolino con un po' d'acqua, zucchero, un cucchiaio di aceto e un tot di succo d'arancia.
Nel mentre avrete tolto il petto d'anatra dalla padella e messo a riposare nel forno caldo spento.

Rosolate le fettine d'arancia nella padella col fondo di cottura dell'anatra, fate asciugare la salsina di zesta, magari addensandola con un po' di farina.

Ecco, prendete il pentolino di là, la padella di qua, il coso in forno là dietro e mettete tutto insieme.
Avete fatto l'anatra all'arancia. (se avete messo troppo aceto avete fatto l'anatra alla rancida, ma questa è un'altra storia).

Applausi.

Il parere degli ospiti

E così questo è un opossum... 

Meehehe!

L'Italia s'è zesta...