14.11.12

Gatto Mondadory nella valle dei cugini ovvero un'altra cosa


Secondo il mio fittissimo calendario degli impegni, oggi avrei dovuto scrivere la recensione della nuova avventura di Gatto Mondadory. Avrei.

Non lo farò.

Non lo farò perché esistono delle regole, esiste un codice etico, un patto di fratellanza che lega il lettore all'autore come se entrambi si fossero nutriti, in giovane età, allo stesso capezzolo di un'enorme  Frisona iridescente fluttuante in un oceano/cielo di frammenti di biglie colorate (l'immagine ovviamente è di Chatwin, non mia).

Dunque, c'è un regolamento implicito più segreto di quello del figth club. La regola numero uno dice che il fine unico dell'artista è l'arte.
La regola numero due che il fine unico dell'artista è sempre l'arte.
La regola tre, invece, è una roba dei robot che devono fare i corsi di autodifesa ma senza far male alla gente.
C'è anche una quarta regola: non si scuote la tovaglia sulla terrazza dell'inquilino del piano di sotto. L'amministratore.

Non la farò la recensione, perché il Dr. Pira non ha rispettato le regole.
Sinceramente me l'aspettavo, non lo nego. So benissimo che un'aspra battaglia legale, come quella che J.K. Rowling l'ha costretto a intraprendere per i diritti del precedente capitolo di Gatto Mondadory, ti cambia.
E in genere ti cambia in peggio. Ti indurisce, ti incinicisce, ti porta ad abbandonare tutti i tuoi principi per focalizzarti senza se e senza ma sul risultato.

Ti costringe a diventare come il tuo nemico.

E poi c'è quella brutta storia degli elfi usati come parabole satellitari (che già questa sarebbe bastata...).

A seguito di tutto ciò, l'artista Dr. Pira si è tramutato nell'affarista Dr. Pira.

Briatore, sei fuori!
Questi soldi erano i vostri. Ora saranno miei per sempre e non li farò girare, alla faccia dell'economia!
Quindi leggetevi la recensione dell'anno scorso che tanto è uguale.
Ma senza erba.
E gnomi.
E telefonini.
E il re.

Insomma, è un altro libro ed è un peccato non poterne parlare perché stavolta oltre al bizzarro utilizzo degli archetipi già presente nel primo tomo (e Vogler e Campbell e Propp e Cetera), è impregnato di una ficcante e trasversale critica sociale rivolta, in primis, alla figura del cugino.

E ai mercati. E ai finanzieri.

Insomma, a poterne parlare seriamente (ma non posso, dannato Pira), questo Gatto Mondadory nella valle dei cugini è senza dubbio un'opera più matura e a suo modo più complessa del capitolo precedente e, pur avvalendosi degli stessi meccanismi narrativi e dello stesso stile naif, si spoglia lungo il suo percorso dello spirito essenzialmente goliardico delle origini per abbracciare dei sottotesti meno immediati ma, probabilmente, più elaborati e densi.

È un libro che leggi la prima volta è pensi bah, è come l'altro ma meno divertente. Ma eri distratto, cercavi altro forse. Quindi lo riprendi in mano, lo rileggi, e scopri che è un'altra cosa.
E mica lo sai se sia voluto o no. Ma lo è.

Nel suo trastullato peregrinare, l'eroe tocca inavvertitamente i tasti più dolenti che attualmente assillano il mondo di oggi: tasse, alta finanza, investimenti, denaro, finanzieri, crisi.

Un libro che nel suo essere proiettato verso l'antico risulta spietatamente moderno.

Sarebbe davvero, ma davvero bello poterne parlare.

Peccato.





13.11.12

Facecook l'angolo cottura del mercoledì 24


Ci sono certi post che devono essere per forza scomodi.
Mi spiace, ma non si può sempre cavalcare l'onda del populismo e del ti piace vincere facile.
Certe cose van dette, e van dette subito, e van dette bene.

Patti chiari il ciel l'aiuta. (la prima versione di questo simpatico divertissement era: patti chiari, pravo walter. Così, per dire di cosa vi privo a volte).

Comunque, è stagione, c'è la nebbia, i fiumi esondano, le foglie planano, le mamme imbiancano ed è spuntato l'albero di Natale all'Auchan. Insomma, tutti i segni sono prosperi perché le zucche sboccino nei campi come tante palline da geisha sparse sulla terra dal dio del porno. (Sì, sì, lo so. Questa avrebbe potuto benissimo scriverla Murakami. Avrebbe. Perché lo l'o l'ho scritta io, e quando subdolo il nipponico cercherà di tradurla in ideogrammi, ecco che mi presenterò con la fotocopia di questa pagina e diventerò ricco. Il piano è più o meno questo.)



Nooo, la zucca nooo, a me la zucca fa venire le bolle, è dolce, è filamentosa, è arancione, ho mangiato zucca una volta e aveva il gusto del Camay, e mi ha detto mio cugino che c'è uno del paese, ma non si ricordava chi, che non aveva mai mangiato zucca e l'ha mangiata una volta per sbaglio che gli avevano detto che era salmone ed è andato in coma per tre mesi, ma mica un coma normale no, che lui lavorava in un negozio di abbigliamento ed è andato in coma mentre stava allestendo una vetrina ed è rimasto bloccato lì che lo hanno scambiato per un manichino e a febbraio l'han vestito con i boa di struzzo. Si è svegliato che ha detto che non mangerà mai più zucca, e tu ci credi.

Da parte mia non lo capisco proprio quest'astio verso la zucca.
Insomma, non vi mangia mica!



...
...
...

Bene, ora che se ne sono andate riprendiamo.

Accaparratevi una zucca. (Per i puristi e per la precisione, una zuca baruca).
Con il giusto coltello apritela in quarti e svuotateli da semi e interiora varie. (Non mettete mai le dita sotto, mi raccomando che col sangue si rovina ed è un peccato).
Tagliate i quarti a metà ottenendo degli ottavi (in pratica il procedimento è l'inverso della Champions [cos'è la Champions? Non lo so, ma su Studio Aperto la nominano quindi è vera).

Ora lavate bene la buccia e riponete il tutto in una pentola con un paio di paia di centimetri d'acqua oviamente bollente e un cestello per la cottura al vapore (va bene anche la pentola scolapasta o l'alzatina del forno a microonde [evitate di incastrarci la padella per cucinare le castagne]).
Mettete il coperchio e lasciatela sul fuoco per venti minuti.

Avrete ottenuto dei meravigliosi ottavi di zucca perfettamente cotti al vapore.

Ospiti!




Troppo poco dite?
Vabbene, Joseph falso allarme: richiama pure il chierichetto.

Wunderbar! Stavo giusto passando al lato oscuro della forza...


Dunque, avete mai gratinato la zucca?
Beh, è una delle cose che proprio di più buone non ce n'è. (mmmh, sì insomma, a pensarci bene ce n'è, cioè mi viene in mente che, e poi 'spetta c'è anche, e vogliamo mettere la. Eh, la è proprio meglio della zucca... transeat!)

Prendete un quarto di zucca già cotta al vapore (1/4 = 1/8 + 1/8) e togliete la scorza.
Ora tagliate delle strisce da circa un centimetro di spessore e riponetele ordinatamente in una pirofila da forno (lo so, da forno era una precisazione smaccatamente pleonastica, pirofila significa amante del calore si sa, ma questo non è il post sulle parafilie).

Per gratinarla fate così: la stessa quantità di pan grattato e parmigiano grattuggiato ben amalgamati con dell'olio d'oliva. Quanta? La stessa.
Ne volete di più, ne mettete di più, ne volete di meno, ne mettete di meno. Ma la stessa.
Fate conto solo che dovrete ricoprire le fettine di zucca che infreddolite vi guardano coi loro occhioni itterici.

E ricoprire non significa mettiamo le sponde alla pirofila e usiamo la gru da sabbia del piccolo Tommasino per sotterrare le incolpevoli striscioline. Il giusto. Facciamo una spolverata, tipo che le ricopriamo al massimo per quattro millimetri.

(Sicuramente tutti avrete in cucina il decimetro da gratin)

Venti minuti di porno a 90°. Venti minuti di forno a 180° e poi mi dite.

Abbiamo altri tre quarti lo so, ma per gentile concessione del fatto che mi sono rotto il cazzo di scrivere, descriveremo solo come utilizzarne un altro. (Descriveremo. Descriverò, che mi tocca fare tutto amme mi tocca fare qui...)


Patate alla zucca o cheesecake di zucca?
Per deciderlo mandate un sms al 35040. Via al televoto!



Bene, dato che è arrivato un solo messaggio (che mi è costato 0,16 centesimi, per la cronaca) e dato che il testo in esso contenuto è 'perianale', la competizione si chiude qui: non mi merito più di scrivere nessuna ricetta.

(aggiungo in via del tutto confidenziale che la torta era veramente buona).

Saluti e baci, un rapido riscontro dei nostri commensali e poi tutti a nanna.
(Ma alla fine ieri sera al reality dei fantastici 5 chi è uscito?)

Ci sarà anche Zuckerman?

Meehehe!


Checazzo, mi sono estinto prima di assaggiarla!

Papa Giovanni...

Orchi&idee


Sì lo so, abbiamo attraversato indenni il 10-11-12 e non ne ho fatto parola, è passato anche il 12-11-12 e non ho proferito verbo, si avvicina il 21-11-12 e indubbiamente non ne parlerò.
Ho deciso di puntare tutto sul 20-12-2012.
Ne scriverò intorno al 22 barra 23, profezia Maya permettendo. E poi basta.
Di date non si parla più.
Fino al prossimo secolo basta!

Certo, se mi facessero un 13-13-13 non è che ci sputerei sopra eh, ma...

Poi ricomincio.
Pensavo di fare le cose per benino e inaugurare l'01-01-01.
Cazzo, il 2101 sarà un anno fantastico! Nuovo blog, nuovo layout, nuovo titolo, forse.
Magari una cosa un po' più evocativa. Sono indeciso tra "Di quando uccisi Jonathan Livingston", "Disattinenze" e "Provvisorio," con la virgola invece che col punto, Forte la virgola invece del punto.

Oggi comunque va così, soffro di spargitudine (che se cercate bene è una parola che esiste solo su questo blog), divago, disorganizzo, divergo addirittura da me stesso.
Son quelle giornate fumose, che [in cui] proprio non ce la fai a unire due punti in linea retta.
(ma per due punti passano infinite linee? una sopra l'altra, sovrapposte, accatastate, a compenetrarsi, a sostituirsi [passi te oggi per i due punti che c'ho pilates (una retta che fa pilates, pensa te. E' per la scoliosi, dice. Sembro un punto di domanda. [per un punto di domanda quante rette passano? Forse nessuna, o forse qualcuna sì, magari nella propria rettitudine un dubbio può anche scappare, un pensiero malizioso, un'ipotesi])])

(se adesso c'è qualcuno che si mette a controllare se ho chiuso tutte le parentesi aperte è una merda!

Sparso.

C'ho in testa delle cose, magari dopo riuscirò anche a scriverle.
...
Niente, non riesco a mettere giù un qualcosa di serio.

Pausa.

Stavo per scrivere una cosa (sì, ho visto i fantastici 4 ieri sera) ma poi mi sono accorto che c'è già in un post del 17 marzo. Dio, com'ero intelligente.

Fine. (sostantivo, non aggettivo)





)


11.11.12

Ultimo dugongo a Malindi


Era parecchio tempo che avevo in mente di iniziare una rubrica di gossip sugli animali.
Una raccolta disorganizzata di informazioni inutili, una sorta di miscellanea di Schott delle specie animali più particolari, così, una via di mezzo tra l'edipeo enciclopedico e Amici di Maria de Filippi.

Ringrazio quindi blogger che mi ha dato la possibilità (e in modo del tutto gratuito, ci tengo a sottolinearlo) di dare sfogo a questa mia necessità, lasciandomi completa carta bianca sugli argomenti e i modi di esposizione e affidandomi in piena autonomia il compito di effettuare le ricerche, incrociare le descrizioni dai vari siti, scegliere e modificare le immagini e il tutto, lo ripeto, in modo assolutamente gratuito (che al giorno d'oggi, con la crisi e tutto quel che passa, non è una cosa così scontata [beh, se è gratuito è scontatissimo, si potrebbe pensare]).

Dunque, gli animali in lista sono tanti e per effettuare la scelta con imparzialità (che non voglio assolutamente ripetere la brutta esperienza avuta con l'Associazione Nazionale Onanisti e quel loro slogan "Non stare con le mani in mano!"), dicevamo, per assoluta imparzialità lanceremo il dato a venti facce (20d) che con l'innocenza randomica che lo contraddistingue ci darà il suo responso.

Ffffff... fffffff (sul dado, da che mondo e mondo, si soffia) ... Lanc...


Bene, la sorte ha detto la sua. L'animale di oggi è: il dugongo!

Allora, il dugongo  (foto...)


(sì è vista bene la foto? centratela di più... così) Sì, scusate, stavo parlando coi tecnici di blogger, allora il dugongo è un grosso mammifero marino che vive essenzialmente nell'oceano Indiano.
Per grosso mammifero (politically correct) s'intende che è uno di quei ciccioni schifosi col grasso che strasborda e la pelle (grigio-biancastra) viscida viscida che suda dopo mezza rampa di scale.
(no, non ci sono le scale nell'oceano Indiano. Ma non c'è nemmeno l'ascensore, eh. E il dugongo suda. Aneddoto: nel 1998 al largo dello Sri Lanka fu avvistata una macchia di petrolio che si pensava fosse fuoriuscita da qualche nave cargo. Arrivarono tutti: Greenpeace, Verdi, Protezione Civile, Autostrade per l'Italia, i giornalisti coi cormorani intrisi di catrame per fare le foto, la squadra locale di cricket.
Niente, alla fine si scoprì che in realtà era un dugongo che stava sudando a causa di un tacos che aveva ingurgitato [caduto da una nave cargo battente bandiera messicana, probabilmente]).

Ah, non è proprio dimorfismo sessuale ma la femmina è un po' più piazzata del maschio. E se ne lamenta di continuo.

Comunque il bestione pesa circa 500 kg per una lunghezza di 3 m (ma c'è gente che dice che può arrivare anche a 900 kg [c'è gente che dice anche che questi sono 18 cm]).
Per aiutarvi a comprendere (Dio del National Geographic dammi la forza!), vi posto il raffronto con un elemento conosciuto.
Quindi, all'angolo rosso con il  peso di 530 kg per 3 metri di lunghezza, è chiamato la mucca di mare: il dugongo.
All'angolo blu, lo sfidante, con il peso di 570 kg e 2,15 m di lunghezza, la Signora dei Garelli: l'Ape car.

Dugongo che si dopa prima del match
Ape car guarda con aria di sfida l'avversario




                    






Ecco, questo vi fa capire che il fatto che sia in pratica l'unico mammifero marino erbivoro è decisamente una fortuna. Tra l'altro il pasto quotidiano è di circa 30 kg di piante. 30 kg! Però c'ha un intestino che è un orologio svizzero.
Per sradicare le piante usa le sue immense labbrone, croce e delizia di tutti gli erotomani del Sud-est Asiatico che, abbandonata l'ossessione per i tubi dell'aspirapolvere, hanno dirottato le loro depravazioni sulle turgide e sensuali estremità del sirenide.


Diverse rappresentazioni del dugongo presso differenti antiche culture

E a proposito di sirene: pare proprio che il mito delle sirene (quelle a forma di pesce, non quelle vere a forma di uccello [che poi è la solita disputa nord\sud tra pesce e uccello] derivi dalla massiccia presenza, nei secoli passati, di dugonghi nel mar Mediterraneo e con i marinai si sa, tanti mesi lontano da casa, tutti 'sti omaccioni seminudi arrampicati sulle sartie, l'ondeggiamento conciliante delle onde, gli ormoni fanno decisamente brutti scherzi.
Ma data la somiglianza, direi che l'errore è assolutamente giustificabile.

Ah, le buone vecchie droghe elleniche. Peccato se ne sia persa la composizione.

Che, restando in tema supereroi, una delle caratteristiche megameravigliose del dugongo è che ha una capacità di rimarginazione impressionante delle ferite.
Riesce a guarire un taglio, anche molto profondo, in un solo giorno.
Il cosidetto fattore di guarigione. Come Wolverine, Claire Bennet e il T-1000.

Wikipedia dice che l'accoppiamento è un'operazione moto lunga e lenta, che può durare anche diverse ore. Non spiega però se è più una cosa alla Sting o se invece nel conteggio delle ore vengono inclusi anche tutti i rifiuti tipici della dugonga (e ho mal di testa, e devo stendere, e c'ho il corso di acquagym, e non sono una trota, e no quella non mi pare un'alga io non la metto in bocca).

Ancora ce ne sarebbe, ma con il dugongo per oggi abbiamo finito.

Sigla!

Lanciate voi il dado. Vediamo cosa esce.

[N.B. Non è intenzione di questo post né dell'autore strumentalizzare la vicenda animale del dugongo per esprimere opinioni su argomenti sociali del tutto slegati da esso.
Quindi non si vuole in nessun modo utilizzare il fatto che il dugongo non sposa la dugonga per evidenziare come il matrimonio sia un atto contronatura! ]